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Diritti / Attualità

Accogliere e proteggere ora. Il dovere dell’Europa verso i cittadini afghani

Kabul, Afghanistan © Sohaib Ghyasi - Unsplash

Le autorità italiane ed europee, contrariamente a quanto fatto sino ad ora, devono sospendere i visti di ingresso e porre fine alle prassi illegittime di respingimento. Senza dimenticare chi è già autorizzato al ricongiungimento familiare ma non può più partire e chi è già sul territorio dell’Ue. Le proposte di Asgi

Evacuare, accogliere e proteggere. Sono le tre linee direttive delle iniziative che l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) chiede alle autorità italiane ed europee di mettere in atto per agevolare la protezione della popolazione civile in Afghanistan a seguito della salita al potere dei Talebani e dopo la presa della capitale Kabul del 16 agosto 2021. “L’Italia, anche tenuto conto del ruolo assunto dalle proprie forze militari nel corso degli ultimi venti anni in Afghanistan -sottolinea l’Asgi-, ha il dovere di garantire o, comunque, agevolare in ogni modo l’ingresso tramite le proprie frontiere marittime, aeree e terrestri dei cittadini afghani che si presentino anche in esenzione di visto e fornire loro tutte le informazioni utili affinché gli stessi possano accedere alla richiesta di protezione”. 

Un piano di evacuazione che tenga in considerazione le esigenze delle “categoria maggiormente bisognose e vulnerabili”. Nel documento si sottolinea come la precedenza debba essere garantita a “donne, minori di età, persone anziane, appartenenti a comunità, gruppi religiosi, posizioni politiche ed etnie che non si riconoscono nel nuovo annunciato del governo, ex collaboratori a qualsiasi titolo del personale civile e militare straniero”. Ma non solo. In via prioritaria vanno evacuati anche coloro che sono in “attesa di partire a seguito di autorizzazione per ricongiungimento familiare e sono impossibilitati a farlo”. 

Asgi sottolinea come, data l’impossibilità del rilascio di visti di ingresso da parte della autorità consolari europee in Afghanistan, sia necessario modificare direttamente il Regolamento n. 539/2001 prevedendo “la possibilità di ingresso in Europa in esenzione di specifico visto per i cittadini afghani”. Per questo motivo viene rivolto un invito alle autorità italiane per garantire procedure “rapide e semplificate” per coloro che sono attesa di visti di ingresso per ricongiungimento famigliare o visti umanitari “trasferendo alle rappresentanze consolari italiane nei Paesi limitrofi anche le competenze relative al rilascio di visti”. 

L’evacuazione e l’ingresso legale, da un lato, ma anche protezione per chi è già sul territorio dell’Unione europea. Una protezione fino ad oggi “scarsa” come già evidenziato dall’ultimo rapporto del Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (Ecre): nella “lotteria dell’asilo” un cittadino afghano, nel 2020, aveva l’1% di possibilità di vedersi riconosciuta una forma di protezione in Bulgaria, il 100% in Polonia, il 57% in Francia e il 17% in Ungheria. Tanto che, come evidenziato da Matteo Villa dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), negli ultimi 12 anni le autorità europee hanno negato l’asilo a 290mila richiedenti afghani. Di questi, 46mila avevano meno di 14 anni (20mila bambine), circa 25mila avevano tra i 14 e i 17 anni (di cui 3mila ragazze) e 30mila donne adulte. Circa 220mila sono ancora sul suolo europeo. Per queste persone Asgi sottolinea la necessità di “accedere con immediatezza alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale e ad un titolo di soggiorno che garantisca loro e, per quanto possibile, i propri familiari attualmente in Afghanistan una adeguata tutela”. Una protezione rilasciata attraverso un esame prioritario della domanda da parte delle Commissioni territoriali, gli organi chiamati a valutare le richieste di protezione internazionale e “ove possibile omettendo il colloquio personale con il richiedente”. In alternativa, solamente nei casi di motivi ostativi “concreti e tassativamente previsti dalla legge” si richiede il riconoscimento di un permesso di soggiorno a titolo di protezione speciale. 

Nella mattinata di mercoledì 18 agosto 2021, il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale ha invitato le autorità a “sospendere non solo le operazioni di rimpatrio ma anche di riammissione ai confini terrestri”. Dai dati segnalati dal Garante, organismo nazionale di monitoraggio dei rimpatri forzati, dal primo gennaio al 30 aprile 2021 non si registrano rimpatri forzati di cittadini afghani dall’Italia, mentre sono quattro le persone respinte in frontiera verso l’Afghanistan e sei, tra cui tre donne, quelle riammesse in Slovenia. Sei sono transitati da un Centro permanente per il rimpatrio (Cpr). Più significativi i dati del 2020. Un cittadino afghano è stato rimpatriato tramite charter, sette persone sono state respinte in frontiera verso l’Afghanistan e 327, tra cui quattro donne, sono state riammesse in Slovenia. Del totale, cinque sono transitati per Cpr.

“È necessario un ripensamento urgente dell’attività di controllo delle frontiere nei confronti dei cittadini afghani -sottolinea ancora il Garante- e una riorganizzazione complessiva delle politiche di accoglienza anche a livello europeo specie per quanto riguarda la cosiddetta rotta balcanica”. Per questo motivo, Asgi chiede di porre fine alle “prassi illegittime di respingimento verso Paesi che non garantiscono il diritto d’asilo e contrastare l’implementazione di accordi di riammissione e/o finalizzati a trasferire forzatamente i cittadini afghani in Paesi terzi considerati sicuri”. 

Proprio lo spostamento verso Paesi terzi viene considerato non sicuro anche nel caso di applicazione delle “regole di Dublino” che prevedono che l’esame della richiesta d’asilo avvenga nel Paese di prima destinazione. Numerosi governi europei hanno proseguito, in questi anni, con le attività di rimpatrio. Tra il 2008 e il 2020, sempre dalle elaborazioni di Ispi, circa 70mila cittadini afghani hanno fatto rientro, accompagnati da forze di polizia, nel Paese d’origine: svettano il Regno Unito, con 15mila rimpatri, la Svezia che ha raggiunto quota 9.900 e la Germania con più di 8.500. È indicativo il fatto che il 10 agosto 2021, pochi giorni prima della presa di Kabul, i ministri degli Esteri di Germania, Austria, Paesi Bassi, Danimarca, Belgio e Grecia avessero indirizzato ai commissari Ue Margaritis Schinas e Ylva Johansson una lettera per continuare con i rimpatri “volontari e non” dei cittadini afghani. La ragione per la quale Asgi sottolinea la necessità di sospendere i trasferimenti verso questi Paesi. È il momento di un diritto d’asilo forte e garantista: l’ultima carta giocabile da un’Europa responsabile di guerra e devastazione.

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