Diritti / Opinioni
Abbandonare vite per raccattare voti
È scoppiata la guerra, ma non ce ne siamo accorti: la guerra dei poveri contro i più poveri. Una guerra da cui usciranno vincitori solo i potenti. Noi abbiamo scelto di stare dalla parte degli ultimi. Perché non c’è più tempo per i tentennamenti, per i distinguo e la neutralità. L’editoriale del direttore di Altreconomia, Pietro Raitano
E proprio mentre stavamo preparando le vacanze al mare, tra una partita dei mondiali e una foto su Instagram, è scoppiata la guerra. C’è scoppiata in casa e non ce ne siamo quasi accorti. Il governo, sostenuto dal Parlamento democraticamente eletto dal popolo italiano, ha deciso che la priorità del suo mandato, il primo segnale tangibile del suo operato di “cambiamento”, fosse dare battaglia ai poveri. O meglio, la battaglia dei poveri contro i poveri, dalla quale alla fine trarranno vantaggio con ogni probabilità solo i potenti.
Ogni giorno uomini e donne innocenti muoiono nel Mediterraneo e il governo italiano, invece di adoperarsi per salvare le loro vite, diffama, minaccia e perseguita i soccorritori e vieta ai naufraghi di sbarcare nei nostri porti, lasciandoli in mare, in attesa, o peggio, rispedendoli nell’inferno libico da cui sono fuggiti. E mentre tutto questo accade, un ministro della Repubblica si fa un selfie ironizzando sui barconi. Ovvero ironizzando su oltre 34mila persone morte negli ultimi 15 anni nel tentativo di raggiungere l’Europa – mille nei primi sei mesi del 2018, 220 tra il 19 e il 20 giugno scorsi. Che ridere. E per non farsi mancare niente, decide anche di dare contro la minoranza rom. Che fantasia. O minacciare di togliere la scorta a chi è minacciato dalla mafia. Che coraggio. Lasciateli lavorare, si dice. Ecco il primo risultato del loro lavoro: un lavoro che però non sembra rispettare il diritto internazionale in tema di soccorso in mare, asilo e accoglienza, discriminazione.
Le reazioni degli elettori -e dei media compiacenti- sono di vario tipo. Da una parte c’è chi sminuisce: sono solo “sparate”, boutade, campagna elettorale, non si fa male nessuno. Però questo è l’atteggiamento dei vili: ovvero di chi non avrebbe il coraggio di dirlo in faccia alle mamme e ai bambini a bordo dell’Aquarius, o ai bambini del Camping River sgomberato a Roma in giugno. Poi c’è chi addirittura tira in ballo le multinazionali che sfruttano l’Africa, il coltan dei cellulari, la mafia nei centri di accoglienza e nei campi di pomodori: un’aberrazione mentale, secondo la quale quasi gli stiamo facendo un favore, a tenerli in mare, o ricacciarli nei lager. Per “aiutarli a casa loro” li lasciamo affogare. E magari vogliamo anche essere ringraziati.
Giudichiamo i fatti, si dice. E allora guardiamoli, questi fatti. E a guardar bene, la pacchia non è affatto finita. È probabilmente cominciata, per taluni. Ad esempio: mentre i procedimenti a carico delle Ong -che i ministri della Repubblica ancora chiamano “vicescafisti”, “taxi del mare”- vengono archiviati, l’Italia è in testa nell’Unione europea per Iva non pagata – il 23% del totale, 35 miliardi di differenza tra imposta dovuta e versata. E ogni 100 euro denunciati dalle persone fisiche al netto delle imposte, l’Istat rileva una spesa delle famiglie di 114,4. Ovvero evasione. Il governo del “cambiamento” quindi propone il condono per tutte le cartelle esattoriali sotto i 100mila euro. Oggi i milionari italiani sono 394mila: saranno mezzo milione nel 2022. Il governo del “cambiamento” propone la flat tax, che favorisce i redditi più alti. Il debito pubblico ha superato i 2.311 miliardi di euro: il governo del “cambiamento” non ha ancora espresso la volontà di fermare l’acquisto dei caccia F-35, tanto per dirne una.
La filiera delle responsabilità di governo d’altronde è molto chiara: in cima ci sono Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che ne risponderanno alla storia, e alla loro coscienza. Noi stiamo da un’altra parte. Dalla parte degli ultimi. Che per noi è la parte giusta. Non è il tempo dei tentennamenti, delle esitazioni, dei distinguo, della neutralità. A costo di essere ripetitivi, o non “originali”. La posta in gioco è alta, il tempo è poco. Le ondate di razzismo, l’olezzo di regime si diffondono rapidamente nell’aria, che diventa a tratti irrespirabile. Non si può aspettare che sia troppo tardi. E per quel che ci riguarda, fare bene il nostro mestiere è la miglior forma di resistenza. Ci rivediamo a settembre.
Abbiamo voluto dedicare la copertina di questo numero di Altreconomia a coloro che salvano le vite dei migranti nel Mediterraneo. La foto di copertina mostra un’operazione di soccorso condotta dalla nave Aquarius di Sos Mediterranee davanti alle coste libiche il 31 maggio 2018
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