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Ambiente

Ecoreati, la legge compie un anno

A fine maggio 2015 entrava in vigore il provvedimento che ha introdotto nell’ordinamento italiano cinque nuovi "reati ambientali": l’inquinamento ambientale, il disastro ambientale, il traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, l’impedimento del controllo, l’omessa bonifica. Ne tracciamo un bilancio con Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente

È passato un anno dall’entrate in vigore della “legge sugli ecoreati”, quella che ha introdotto nell’ordinamento -dal 29 maggio 2015- cinque nuovi reati ambientali: l’inquinamento ambientale, il disastro ambientale, il traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, l’impedimento del controllo, l’omessa bonifica (vedi Ae 173).

Legambiente, che molto si è spesa per l’adozione del provvedimento (votato in ultima istanza al Senato il 19 maggio 2015), ha recentemente concluso il proprio #ecogiustiziatour, che ha fatto tappa in alcuni dei luoghi più inquinati d’Italia -da Taranto, alla Valle del Sacco, passando per Brescia- “incontrando ovunque una  grande attenzione sociale su questa legge” spiega il direttore generale, Stefano Ciafani. “Abbiamo invitato a ogni incontro magistrati e rappresentanti delle forze di polizia, e la quasi totalità dei contributi sono stati molto positivi -spiega Ciafani-: la possibilità di intercettare, di arrestare gli eventuali responsabile sorpresi in fragranza di reato, la previsione per alcuni delitti di pene fino a 15 anni e della confisca di beni per un valore equivalente al danno, le aggravanti in caso di decessi e per legami con le ecomafie, l’allungamento del termini di prescrizione fino a 30 anni, non possono che trovare un riscontro positivo tra gli operatori”.
Ciafani, che cosa è successo nell’ultimo anno?
Abbiamo censito gli effetti della legge nei primi 8 mesi, tra il 29 maggio e il 31 gennaio 2016, raccogliendo i dati nel dossier “Ecogiustizia è fatta”. Lo abbiamo redatto chiedendo i dati alle forze dell’ordine. Secondo le informazioni fornite da Corpo forestale dello Stato, Comando Tutela Ambiente dell’Arma dei carabinieri e Guardia di finanza e Capitanerie di porto, sono stati contestati 947 reati penali e violazioni amministrative, con 1.185 persone denunciate e il sequestro di 229 beni per un valore complessivo di quasi 24 milioni di euro.
118 volte è stato contestato il delitto di inquinamento ambientale, e ben 30 sono state le contestazioni del delitto di disastro ambientale. Significa, in media, una volta a settimana: e questo dà la dimensione del problema.
Dall’analisi comparativa dei dati è emerso che circa un quarto delle contestazioni riguarda delitti, i reati più gravi. Nel 75% dei casi, invece, è stata utilizzata la parte finale della legge, quella relativa ai reati minori, vizi formali: in questo caso, il soggetto che fa l’accertamento fa prescrizioni tecniche, che devono essere rispettate entro un termine, superato il quale -se il soggetto si è messo a posto, con la conseguente estinzione del reato, dietro pagamento ammenda- scatta la notizia reato in Procura.
Credo che nel prossimo futuro il dato percentuale si livellerà, perché i delitti hanno tempi d’indagine più lunghi. 
 
Questi dati, però, si possono leggere anche in altro modo: l’innalzamento del livello della tutela penale, comporta un effetto diretto di prevenzione. C’è un’azione deterrente. 
Che cosa pensa dell’efficacia della legge?
Durante l’#ecogiustiziatour abbiamo raccolto numerose impressioni in merito alla sua applicazione, ed è anche sulla base di questi riscontri che come associazione avanziamo tre proposte, due al ministero della Giustizia e una al ministero dell’Ambiente.  
La prima proposta, rivolta al ministero della Giustizia, riguarda la formazione dei magistrati e delle forze dell’ordine, ed anche dei tecnici che si occupano di controlli, come quelli delle Agenzie regionali per la protezione ambientale. Che devono conoscere perfettamente il provvedimento, in ogni comma, per garantirne 
La seconda, più tecnica, riguarda l’esigenza di produrre linee guida relative alla parte finale della legge, che prevede l’estinzione del reato, che in giro per l’Italia viene applicata in modo diverso: le forze di polizia specializzate, come il Corpo Forestale dello Stato, evidenziano la necessità di uniformità. 
 Al ministero dell’Ambiente, infine, chiediamo l’istituzione di un fondo unico, nazionale, presso il ministero, nel quale incamerare tutte le ammende che oggi vengono raccolte da soggetti diversi, che possono essere Regioni, Procure, ARPA. riteniamo necessaria la creazione di un “superfondo” da utilizzare per bonificare i “siti orfani”, cioè i siti inquinati da aziende fallite o quelli in carico allo Stato, a Regioni o a Comuni perché non si è trovato il responsabile. 

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