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Approfondimento

La ragnatela della Cassa

Cdp (Cassa depositi e prestiti) è il “fondo sovrano” che investe i soldi degli italiani. In una fitta rete di interessi e commistioni

Tratto da Altreconomia 140 — Luglio/Agosto 2012

Il “sovrano sconosciuto” è uscito allo scoperto. Ormai non passa giorno senza che il nome di cassa depositi e prestiti (Cdp) torni -come un tormentone- sulle pagine economiche dei quotidiani; e non c’è operazione di fusione o di acquisizione cui non venga affiancato il nome della Cassa o uno dei suoi “tentacoli”. Nelle ultime settimane, solo per fare alcuni esempi, ci sono stati i casi Snam, Avio (gruppo Finmeccanica), Metroweb, Sea (la società che gestisce gli scali milanesi di Linate e Malpensa ed è azionista anche di quello di Orio al Serio). Quella ricostruita nell’infografica che segue è una ragnatela a maglie fittissime, tessuta dal management di Cdp. Che è camera di compensazione di interessi ed esigenze del “pubblico” (il 70% della Cassa è del ministero del Tesoro, Comuni, Province e Regioni nominano i proprio rappresentati in consiglio) e del “privato” (il restante 30% è delle fondazioni bancarie), e “asso pigliatutto” dell’economia italiana.
Al centro dell’infografica oltre a Cassa depositi e prestiti ci sono le sue “braccia”, che si chiamano F2i (Fondi italiani per le infrastrutture), Cdp I (Cassa depositi e prestiti Investimenti sgr) e -è l’ultimo nato- Fsi (Fondo strategico italiano). Sono quattro soggetti le cui azioni riguardano tutti noi, perché ad armare queste “falangi” è il risparmio postale. Sono, cioè, tutti i cittadini italiani -circa 12 milioni, pari al 20% della popolazione del Paese- che sottoscrivono un libretto di risparmio o investono nei Buoni fruttiferi postali (Bfp). La raccolta complessiva a fine 2011 era di 218,4 miliardi di euro, ed è denaro che dalle Poste transitano sui conti di Cdp. I “risparmiatori” ricevono in cambio di un “interessante” tasso d’interesse (oltre 4,5 miliardi di euro complessivamente nel 2011), e la sicurezza di non rischiare il proprio capitale, che è protetto -per legge- da una garanzia dello Stato: in caso di insolvenza di Cdp, cioè, ci penserebbe il Tesoro.
Un po’ come accade con i Bot, ma con qualche differenza: la prima è che i Bfp, pur garantiti dallo Stato, a differenza dei titoli del debito pubblico non vengono emessi per Decreto del ministero del Tesoro ma dalla Cassa, in autonomia: nel 2011, abbiamo così assistito al lancio di nuovi “prodotti”, come il buono a 18 mesi Plus e il BFP3x4 e ad un cambio nella strategia di “comunicazione”: i Buoni promossi per la prima volta attraverso i microfoni -quelli di Radio Capital e Radio Popolare, ad esempio-, ma anche acquistando campi pagati su quotidiani e periodici (a p. 28 una pubblicità del libretto di risparmio “Io cresco”, dedicato ai neonati). La seconda differenza è che il risparmio postale è, per legge, “un servizio d’interesse economico generale”. Ciò significa -lo spiega il Dipartimento delle politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri- che dovrebbe essere gestito “in funzione dell’interesse generale” e per raggiungere “obiettivi di coesione sociale o territoriale, di equità redistributiva”.
È così, e per molti quel denaro depositato alle Poste va a sostenere gli investimenti e le spese degli enti locali. Nel 2011, di fronte alla crisi e al venire meno della fiducia degli italiani nei confronti del sistema bancario, il volume complessivo di sottoscrizioni di Bfp ha conosciuto un boom, toccando i 35,51 miliardi di euro (+44% sul 2010).
Si chiama “la fase della semina”, ed è quella che precede il raccolto. La forza d’urto di Cdp -ciò che la rende diversa e “unica” rispetto alle altre banche- è la capacità di “immagazzinare ricchezza”. Al 31 dicembre 2011, le disponibilità liquide di Cdp -il dato alla chiusura dell’ultimo bilancio- sfiorano i 129 miliardi di euro, in aumento dello 0,6% rispetto al 2010. È questa liquidità il motore dello shopping di Cdp, una “fotografia in movimento” lungo alcune importanti direttrici.
La prima è quella di “agente per conto del governo”. Finmeccanica (il 30,2% delle azioni in mano al Tesoro) chiude il bilancio 2011 con un rosso di 2,3 miliardi. Ha bisogno di liquidità. La scelta è quella di cedere azioni della controllata Avio. Chi compra? Il Fondo strategico italiano (Fsi), creatura di Giulio Tremonti, forte di un gruzzoletto di 4 miliardi di euro impegnato da Cdp per investire in “imprese di ‘Rilevante interesse nazionale’”. Il contatto dev’essere stato facile, considerando che Alessandro Pansa è allo stesso tempo direttore generale di Finmeccanica e consigliere d’amministrazione del Fondo. Che, tra l’altro, garantirà alla prima una plusvalenza di almeno 100 milioni di euro.

 

Cdp è anche il primo azionista di Eni, e gode dei dividendi dell’ex Ente nazionale idrocarburi (1,07 miliardi di euro nel 2011). Negli ultimi dodici mesi, al momento del “bisogno”, ha sempre risposto sì: prima, acquistando il gasdotto Tag, garantendo così il rispetto di una sentenza dell’Antitrust europeo, che ne aveva imposto la cessione ad Eni; poi acquisendo anche Snam e di Snam Rete Gas, ovvero la rete per il dispacciamento e la fornitura di gas in Italia.
E le reti sono proprio la seconda grande direttrice dell’azione di Cdp, seguita in via prioritaria tramite F2i. Che in pancia ha -dal 2009- partecipazioni in società che sono attori chiave per quanto riguarda il gas (Enel Rete Gas, che dovrebbe essere un concorrente di Snam Rete Gas), autostrade (Infracis), aeroporti (Gesac-Capodichino) servizio idrico integrato (Mediterranea delle acque). Nell’ultimo anno una (continua) accelerata: dopo l’acquisto del 29,8% di Sea dal Comune di Milano, oggi F2i è in corsa per acquisire un altro 50% della società.
Nel frattempo, il Comune di Milano sta trattando la fusione della controllata A2a -fortemente indebitata- con Iren, due utility quotate in Borsa, e nel capitale potrebbe entrare Cdp (o Fsi), con il benestare del ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera. Iren, che fa capo ai Comuni di Torino e Genova, è già socia di F2i in Mediterranea delle acque. A2a, invece, è tra gli azionisti di Metroweb, acquisita nel giugno 2011 da F2i, che ha nominato come presidente l’ex ministro della Funzione pubblica Franco Bassanini, che ricopre lo stesso incarico anche in Cdp. Che, attraverso il Fondo strategico italiano, ha impegnato mezzo miliardo di euro in Metroweb, per sostenere il piano di sviluppo di un progetto per portare la fibra ottica superveloce in 30 città italiane (entro il 2015). L’operazione è adesso al vaglio degli altri soci di Metroweb, tra cui c’è Intesa Sanpaolo. Che però -attraverso la controllata Biis- è anche socia di F2i. Intanto le scelte del conglomerato Cdp-F2i-Fsi-Metroweb hanno scosso la concorrenza, cioè Telecom, e Cdp si è così messa a disposizione per finanziare lo sviluppo della rete di nuova generazione di quest’ultima.
Sullo sfondo della ragnatela, resta la terza direttrice, che è la parola “privatizzazione”. Cdp, nata per sostenere gli investimenti degli enti locali, oggi li sostituisce quando questi sono in difficoltà economica. Facendosi regista di operazioni di aggregazione dei servizi pubblici locali, oggetto del referendum del giugno 2011.
Mentre chiudiamo questo numero, dobbiamo aggiungere un’ultima freccia all’infografica, sull’asse Torino-Genova-Cdp: Iren e F2i trattano la creazione di un polo nazionale dei rifiuti. È il Comune di Torino, fortemente indebitato, ad aver estremo bisogno di soci privati. E pare aver trovato quello ideale, un soggetto così ricco che magari comprerà anche una quota di Sagat, la società che gestisce l’aeroporto di Caselle.  —

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