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Gli studentati in convenzione a Milano sono un vero affare. Per il privato
Dall’esame degli accordi tra il Comune e i privati che gestiscono le 13 strutture nel capoluogo emerge come la vera eccezione siano i posti letto a prezzi accessibili. Eppure gli operatori dovrebbero offrire canoni inferiori al mercato, avendo goduto di sgravi e premi volumetrici. Il caso di Porta Romana non è isolato. L’inchiesta realizzata dai consiglieri comunali Francesca Cucchiara e Tommaso Gorini
La polemica è scoppiata prima ancora che la costruzione dell’edificio fosse completata. In quello che diventerà lo studentato più grande d’Italia, e che sorgerà nella struttura del Villaggio olimpico di Milano-Cortina 2026, i prezzi per una stanza singola sarebbero arrivati fino a 995 euro. La convenzione tra il Comune di Milano e Coima Sgr per il futuro studentato di Porta Romana prevedeva infatti che solo 150 dei 1.698 alloggi venissero messi sul mercato con prezzo calmierato (tra i 570 e i 640 euro per una singola): dopo le polemiche il numero è cresciuto da 150 a 450 alloggi.
Proprio dal caso dello studentato di Porta Romana è partita l’inchiesta “Il business degli studentati” realizzata dai consiglieri comunali di Milano di Europa Verde Francesca Cucchiara e Tommaso Gorini. “Ci siamo chiesti: la convenzione del villaggio Olimpico è un’eccezione? Oppure il sistema stesso delle convenzioni lascia aperta la possibilità di fissare dei canoni così alti?”, spiega Cucchiara.
Cucchiara e Gorini hanno quindi esaminato gli accordi di convenzione stipulati tra il Comune di Milano e i privati che gestiscono i 13 studentati convenzionati presenti in città, concludendo che le tariffe di quello di Porta Romana non sono un’anomalia: l’eccezione, semmai, sono i posti letto a prezzi accessibili. “Dall’analisi di questi accordi emerge come il sistema delle convenzioni sull’edilizia universitaria, cioè quello di un’alleanza fra il pubblico e il privato per alleviare la tensione abitativa della città, si sia rivelato un sostanziale fallimento per il primo e un buon affare per il secondo”, si legge nel report.
Gli studentati convenzionati sono strutture private che, assolvendo un interesse pubblico, beneficiano di sgravi fiscali sugli oneri di costruzione e di urbanizzazione e di premi volumetrici. Per legge, le strutture convenzionate dovrebbero offrire canoni di affitto inferiori a quelli di mercato e, in quanto equiparati a opere di edilizia residenziale sociale, essere accessibili alle fasce più svantaggiate della popolazione.
Eppure i prezzi a cui vengono affittate le stanze sono alti, spesso anche più alti dei prezzi di mercato. Secondo i dati analizzati da Cucchiara e Gorini, il prezzo medio a cui viene affittata una stanza singola negli studentati convenzionati di Milano è infatti di 830 euro, e ne servono oltre 600 euro per una stanza doppia in condivisione.
Tutto questo è possibile per due ragioni: la prima, non c’è un quadro normativo chiaro che definisca le tariffe che dovrebbero essere applicate all’interno delle convenzioni. “I riferimenti normativi per la regolazione dei canoni sono sostanzialmente inconsistenti: abbiamo trovato molte incongruenze -dice Cucchiara- e in questo vuoto normativo, gli operatori privati hanno potuto pompare i prezzi”. I canoni stabiliti nelle convenzioni sono quindi, in partenza, elevati.
“Si è giustificato questo processo dicendo che l’edilizia sociale permetteva prezzi più bassi rispetto al mercato, ma andando a spulciare nelle norme non c’è nessun limite ai prezzi -aggiunge Gorini- da un lato c’è scritto che l’edilizia sociale è meritevole di sgravi e aiuti da parte del pubblico, ma dall’altro, ad oggi non ci sono dei parametri per dire cosa sia realmente ‘sociale’”.
La seconda ragione è che i prezzi a cui gli studenti affittano le stanze sono ancora più alti di quelli sanciti dalle convenzioni: questo perchè i gestori sono liberi di aggiungere costi supplementari legati a vari “servizi aggiuntivi” offerti dalle strutture, come pulizie, aule studio, ma anche palestre o piscine. In alcuni casi, è previsto un costo aggiuntivo anche per avere il permesso di ospitare persone. Il risultato è che i prezzi si gonfiano, arrivando a duplicare o addirittura triplicare le tariffe sancite nelle convenzioni. Nello studentato In Domus Monneret, per esempio, una camera singola dovrebbe costare da convenzione 440 euro, ma nel tariffario online il costo è di 840.
Come se non bastasse, le convenzioni prevedono che solo il 70% delle unità abitative costruite siano riservate agli studenti: il restante 30% può essere destinato ad altre utenze. “Questo vuol dire che le stanze in convenzione possono essere destinate anche ai turisti”, spiega Cucchiara. Inoltre, allo scadere della convenzione, che solitamente viene stipulata con una durata di trent’anni, “quelle volumetrie che sono state costruite per fornire un servizio, che sono quindi state costruite con un minore costo di costruzione, con un minore costo di oneri di urbanizzazione e potendo anche derogare i limiti volumetrici, rientrano nella piena proprietà del privato che a quel punto può farne ciò che vuole: anche un albergo o un residence di lusso”, continua ancora Gorini.
Quello che Cucchiara e Gorini chiedono per fare in modo che gli studentati convenzionati assolvano un interesse pubblico è di stabilire canoni di affitto accessibili e vincolanti, di prevedere quote per gli studenti inseriti nelle graduatorie per il diritto allo studio, e di revisionare i termini delle convenzioni. E chiedono anche che sia il pubblico a prendersi carico della realizzazione delle residenze universitarie: “se si parte dal presupposto che l’obiettivo non deve essere offrire un costo che sia sostenibile all’utente finale, ma offrire un servizio che generi un profitto per il gestore, è chiaro questo va a scapito dell’utente finale”, perché questo automaticamente fa salire i prezzi, dice Gorini.
Se queste deformazioni nelle convenzioni tra pubblico e privato per la costruzione di studentati non verranno affrontate, semplicemente, si amplificheranno: nei prossimi anni i posti letto negli studentati convenzionati dovrebbero passare dagli attuali 2.000 a quasi 7.000. Questo anche grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza, che prevede 1,2 miliardi di euro da indirizzare verso gli studentati: il rischio è che questi fondi vadano proprio a finanziare il business degli studentati.
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