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Diritti / Inchiesta

Il “sistema Langhe” e il lavoro nero tra i vigneti più pregiati d’Italia

Una cassetta piena di uva Nebbiolo, utilizzata per produrre il vino Barolo, durante la vendemmia nella campagna delle Langhe a Serralunga D'Alba, Italia Nord-occidentale, il 12 ottobre 2019 © NurPhoto SRL / Alamy Foto Stock

Nel ricco territorio dove si producono, tra gli altri, il Barolo e il Barbaresco sono emersi casi di soprusi e violenze. Non si tratta solo di episodi estremi: lo sfruttamento, infatti, è radicato. E tocca il nodo della produzione senza limiti

Tratto da Altreconomia 273 — Settembre 2024

"Ogni giorno succedeva la stessa cosa: ritrovo in un parcheggio di Alba e poi lo spostamento verso i vigneti con macchine e pulmini. Da Barolo a Barbaresco fino a La Morra, ne ho girati tantissimi. Su e giù, sotto il sole che scotta per 6,5 euro all’ora, tutti in contanti”. A., un giovane di origini ivoriane, indica dietro di sé la distesa di filari.

Nelle Langhe, territorio a cavallo tra le province di Cuneo e Asti, quasi cinquemila braccianti lavorano nei vigneti, diventati patrimonio Unesco dieci anni fa, dove si producono alcuni dei vini più pregiati d’Italia, tra cui quelle bottiglie di Barolo vendute anche a più di 200 euro l’una.

Eccellenze del Made in Italy, dietro cui si nascondono storie di sfruttamento che emergono a fatica anche a causa del fragile apparato di controlli: sono appena undici i funzionari dell’Ispettorato del lavoro su un territorio che si estende per oltre 25mila chilometri quadrati. “C’è un sistema nelle Langhe, noto a tutti, che assorbe lavor

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