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Crisi climatica / Approfondimento

Lo sviluppo delle rinnovabili è ancora insufficiente. Il record del 2023 non basta

© Nasa - Unsplash

Il report dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena) evidenzia un aumento senza precedenti della potenza rinnovabile installata, ma per triplicare la capacità al 2030 è necessario un tasso di crescita significativamente più alto. Anche l’Italia deve accelerare per raggiungere i target del Piano nazionale per l’energia e il clima (Pniec) e abbandonare gas e progetti sul nucleare

L’ultimo report dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena) contiene una buona e una cattiva notizia per quanto riguarda la transizione energetica: il 2023 ha visto l’aumento della capacità installata di rinnovabili per la produzione di energia elettrica, segnando un più 14% rispetto al 2022.

Un incremento che ha portato le rinnovabili a quasi 3,9 TeraWatt di potenza, equivalenti al 43% dei quasi nove TeraWatt globali (che includono anche i combustibili fossili e tutte le fonti non rinnovabili). Eppure, questo tasso è ancora insufficiente per raggiungere l’obiettivo di triplicare la capacità rinnovabile a livello globale entro il 2030 stabilito dall’ultima Conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Dubai (Cop28). 

Secondo le misurazioni dell’Irena, nonostante la crescita senza precedenti del 2023, non si è riusciti a raggiungere l’obiettivo previsto per lo scorso anno. I calcoli avevano stimato che per triplicare la potenza rinnovabile installata fosse necessario un tasso di crescita annuale minimo delle rinnovabili del 16,1% dal 2022 al 2030. “Ciò significa che durante i restanti anni del periodo la capacità rinnovabile deve crescere di più dell’obiettivo originale del 16,1% per compensare questo deficit -si legge nel documento-. Nei restanti sette anni è necessario un tasso di crescita del 16,4% annuo”. 

Tra le rinnovabili, il solare e l’eolico sono cresciuti di più rispetto al 2022, raggiungendo il 27,1% della capacità totale e indicando, per Irena, “uno spostamento verso queste fonti energetiche più intermittenti”. Il resto della potenza installata (57%) è però ancora composta da energia non rinnovabile, di cui il 50,4% viene da combustibili fossili, il 4,4% da energia nucleare, l’1,6% da stoccaggio con pompaggio e lo 0,5% da altre fonti non rinnovabili. 

L’Agenzia sottolinea come la tendenza recente vede le rinnovabili come la fonte in più rapida crescita, insieme a un rallentamento di quelle non rinnovabili e a un'ampia dismissione di impianti a combustibili fossili in diversi Paesi. 

Oltre alla potenza installata, per il 2022 i dati di Irena riportano anche l’elettricità prodotta dalle rinnovabili: il 29,1% per quell’anno è stato prodotto da fonti di energia a zero emissioni a livello globale. 

Dal 2011 la produzione totale di energia elettrica è aumentata del 2,4% ogni anno e le fonti rinnovabili hanno dato il maggior contributo in questo senso, con un tasso di crescita del 6,1% (rispetto all’1,3% delle fonti non rinnovabili). E mentre l'energia idroelettrica continua a fornire la maggior parte della produzione di elettricità, le fonti rinnovabili intermittenti (solare ed eolica) hanno aumentato costantemente la loro quota all’interno delle rinnovabili, passando dall'1,1% della produzione nel 2000 al 40,2% nel 2022. 

L’Asia guida per quantità di elettricità prodotta. Nel 2022 ha generato 3.749 TeraWatt ora (TWh) su 8.440 TWh a livello mondiale, con un aumento del 9,3%, grazie all'energia solare e idroelettrica, che hanno compensato il calo dell'energia eolica e delle bioenergie. Seguono il Nord America, per la prima volta al secondo posto, e l'Europa che è in calo dello 0,6% rispetto al 2021. Per quanto riguarda il mix elettrico, invece, è il Sud America a essere in testa con il 75% proveniente da rinnovabili, soprattutto idroelettrica. Con un mix più vario, segue l’Europa (40,5% elettricità da rinnovabili): 35,7% di energia eolica, 33,3% di energia idroelettrica, 16,1% di energia solare, 14,0% di bioenergia e 0,8% di energia geotermica. In Nord America, le rinnovabili contribuiscono al 27,0% del mix elettrico, mentre in Asia la percentuale è del 26,2% e in Africa il 22,8%. Il Medio Oriente rimane indietro, con appena il 3,4% dell'elettricità generata da fonti rinnovabili. 

Nonostante i ritardi, l’Italia presenta buoni risultati: nel 2022 circa la metà della potenza installata era rinnovabile, quota superata nel 2023. E le tendenze in crescita si vedono anche nell'elettricità prodotta, passando dal 35% da fonti a zero emissioni nel 2022, secondo i dati Irena, al 44% del 2023 secondo i dati provvisori di Terna. Fino ad arrivare al 54% dei primi sei mesi del 2024.  

Eppure anche per l’Italia questo aumento non è sufficiente a raggiungere gli obiettivi al 2030, spiega ad Altreconomia Michele Governatori del think tank indipendente ECCO. “Dopo un periodo di rallentamento, negli ultimi due anni le rinnovabili sono tornate a crescere quasi agli stessi ritmi degli anni a cavallo tra i primi due decenni di questo secolo, quando erano fortemente sussidiate. Il dato del 2023 è molto positivo con i suoi quasi sei nuovi GigaWatt installati a livello nazionale, tuttavia non basta”.  

Per raggiungere una potenza da fonte rinnovabile di 131 GigaWatt al 2030, prevista dal Piano nazionale per l’energia e il clima (Pniec), le rinnovabili dovrebbero aumentare di quasi dieci GigaWatt (GW) all’anno nei prossimi sette anni. Un numero molto alto che è anche incoerente con l’impegno sulla decarbonizzazione del sistema elettrico al 2035 preso in ambito G7 nel 2024: ECCO ha calcolato che per ottenere quell’obiettivo si dovrebbe raggiungere una potenza rinnovabile di 148 GW al 2030 con una quota del 75% sulla produzione elettrica lorda.  

“Il principale ostacolo alle nuove installazioni continuano a essere le autorizzazioni soprattutto per quel che riguarda gli impianti di grande scala -continua Governatori-. I tempi sono ancora troppo lunghi per ottenerle e con l’autonomia differenziata le cose rischiano di peggiorare”. Per ECCO l’Accordo Stato-Regioni, raggiunto in Conferenza unificata sul Decreto Aree idonee, che doveva stabilire i criteri per l’individuazione di aree dedicate all’installazione di impianti rinnovabili con procedimenti semplificati, non aiuta il processo autorizzativo né riduce la discrezionalità delle Regioni, oltre a non introdurre criteri affidabili a livello nazionale. Lo stesso decreto è l’oggetto di un interessante dibattito tra esperti sulle pagine web di Altreconomia che evidenzia le criticità e le potenzialità del percorso di decarbonizzazione del sistema energetico italiano. 

“Ci sono poi altri aspetti da rivedere, uno legato a come funziona il mercato dell’energia oggi che deve essere corretto e ci sono proposte anche in sede europea per farlo, e l’altro legato alle reti elettriche locali e cittadine, non quelle nazionali, che devono essere rafforzate per accogliere più consumi elettrificati”. Secondo l’analisi di ECCO il Pniec manca di “una chiara strategia di attuazione che pianifichi in maniera coordinata e armonizzata lo sviluppo delle rinnovabili con i sistemi di accumulo, gli investimenti nelle reti di trasmissione e distribuzione”.  

“Ma il problema più grande è che noi continuiamo a destinare al gas miliardi di euro, praticamente pubblici perché alimentati dal sistema regolato delle bollette energetiche. Questo è enfatizzato anche nel Pniec come asset strategico in ottica di ‘sicurezza nazionale’, in una visione che è ormai completamente superata -conclude Governatori-. Si aggiunge un preoccupante e del tutto avventato ritorno al nucleare, presentato come complementare alle rinnovabili ma in realtà inadatto ad affiancarle a causa della sua carenza di flessibilità e dei tempi incoerenti rispetto all’obiettivo 2030. Questo fa capire quanta poca coerenza c’è tra lo scenario di sviluppo delle rinnovabili nel Piano e di altre fonti energetiche”. 

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