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Diritti / Opinioni

Il ritorno di un regime autoritario in Italia: l’adesione all’Ue non basta, c’è un pericolo concreto

Il 22 giugno 2023 il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni incontra a Palazzo Chigi Roberta Metsola, Presidente del Parlamento europeo - Presidenza del Consiglio dei ministri

Il “fascismo a lento rilascio” è il processo sistematico che sta investendo l’Italia. I casi Ungheria e Polonia dimostrano che le istituzioni europee non bastano da sole per fermare la deriva dell’ordinamento democratico. Le “idee eretiche” di Roberto Mancini

Tratto da Altreconomia 261 — Luglio/Agosto 2023

Fascismo a lento rilascio. È il processo sistematico che sta investendo l’Italia. L’economista Joseph Stiglitz ha dichiarato che il pericolo di un regime autoritario è reale: “Il timore è che ci si possa arrivare un passo dopo l’altro, una strategia opposta a quella dell’insurrezione dei seguaci di Trump -ha scritto in un articolo pubblicato su la Repubblica il 28 maggio 2023-. La democrazia si può perdere all’improvviso oppure poco a poco e la domanda è se sia proprio quello che sta succedendo in Italia”. Stiglitz ricorda che l’appartenenza all’Unione europea non basta a tutelare il carattere democratico dei governi nei vari Paesi: Ungheria e Polonia lo dimostrano. Chi guarda all’Italia da fuori vede meglio; noi rischiamo la lenta assuefazione nell’illusione che l’ordinamento democratico sia irreversibile.

Ricordo i fattori che ci spingono verso tale deriva: la crisi economica e occupazionale che si protrae da decenni; un sistema politico autoreferenziale che induce la sfiducia di massa nella democrazia; la stabile egemonia di oligarchie finanziarie e politiche che sottomettono la democrazia italiana usando gli strumenti di volta in volta ritenuti più produttivi (comprese le stragi e gli omicidi, realizzati da noi con una gravità senza pari negli altri Paesi occidentali); la povertà culturale, informativa e di formazione civile che segna cronicamente il nostro Paese; la manomissione protratta e micidiale della capacità educativa della scuola e dell’università; le forti radici di ideologie quali il razzismo, il sessismo, il culto del capo; le falde ideologiche sempre attive del neofascismo e la larga, entusiastica adesione a partiti come Fratelli d’Italia e la Lega; la percezione della mancanza di un’alternativa di governo; la diffusa abitudine di dare la colpa di ogni male collettivo alla “sinistra”; il diffondersi del populismo; la saccente miopia che porta molti a credere che il fascismo sia morto nel 1945 e che oggi non ci sia alcun rischio; la dipendenza internazionale da organismi come la Ue e la Nato e dalla politica dagli Stati Uniti, tutti soggetti che non danno alcuna garanzia di orientamento democratico e non attivano anticorpi nel caso di derive autoritarie in singole nazioni; la tendenza complessiva che in Europa sta rafforzando forze antidemocratiche e che potrà in futuro mutare lo scenario anche in Paesi come la Francia, la Germania e la Spagna; la progressiva perdita di vigenza effettiva della nostra Costituzione; il crescente senso di insicurezza.

Il pericolo del ritorno di un regime autoritario nel nostro Paese è reale e l’appartenenza all’Unione europea non basta a tutelare la democrazia. I segnali preoccupanti, purtroppo, non mancano

Vediamo ora il disegno d’insieme delle azioni del governo Meloni: scelte inique nel regime fiscale, tolleranza dell’evasione e riduzione dei diritti di chi lavora; rifiuto di istituire il salario minimo e taglio al reddito di cittadinanza; nessuna lotta alla disoccupazione e alla precarizzazione; aiuto ai poteri finanziari; gestione disastrosa del Piano nazionale di ripresa e resilienza; autonomia differenziata disgregativa della comunità delle Regioni; smantellamento della sanità pubblica e tagli all’istruzione; totale occupazione della televisione pubblica e di molti giornali; attacco alla magistratura e a ogni ente di controllo dell’operato del governo; persecuzione contro i migranti e collaborazione con i regimi del Nordafrica; apologia della razza italiana e lotta alla “sostituzione etnica”; restrizione del diritto di manifestare e dei diritti civili; politica propizia all’aggravarsi della guerra in Ucraina; delegittimazione dell’antifascismo e sovvertimento della memoria storica.

Se si legge il libro di William Sheridan Allen, “Come si diventa nazisti” (Einaudi, 2014), fatte le debite differenze di contesto, molte analogie sono impressionanti. Luciano Gallino scrive nella prefazione: “Nel momento in cui una comunità politica sta procedendo a piccoli passi, tortuosamente, verso l’abisso, nessuno è in grado di prevedere quale forma concreta prenderà il disastro. La migliore precauzione consiste nell’essere il più possibile consapevoli della doppia direzione in cui qualunque passo può portarci”. Verso una democrazia migliore o verso una variante del fascismo.

Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata; il suo libro più recente è “La terra che verrà. Percorsi di trasformazione etica dell’economia” (Ecra edizioni, 2023)”

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