Economia / Approfondimento
È tempo di introdurre il deposito cauzionale dei rifiuti anche in Italia
Una campagna nazionale chiede al governo di attivare il Deposit return system obbligatorio per i produttori. È già attivo in 12 Paesi dell’Ue e ha contribuito in maniera decisiva a migliorare raccolta e selezione. Non riguarda solo la plastica
Quando vanno a fare la spesa i cittadini tedeschi e lettoni portano con sé le lattine e le bottiglie di vetro e plastica consumate nel corso della settimana. Arrivati al supermercato conferiscono i vuoti in appositi contenitori, recuperando così la cauzione -dai 10 ai 25 centesimi di euro a pezzo- versata al momento dell’acquisto. Si chiama Deposit return system (Drs) ed è già in uso in diversi Paesi europei, ma non in Italia. “L’83% degli italiani è favorevole all’adozione di questo sistema”, spiega Silvia Ricci, responsabile rifiuti ed economia circolare dell’associazione Comuni virtuosi, che a marzo 2022 ha lanciato “A buon rendere”, un’iniziativa che chiede al governo l’introduzione di un sistema Drs di portata nazionale, obbligatorio per i produttori e che copra tutte le tipologie di bevande in contenitori di plastica, vetro e alluminio “al fine di proteggere il nostro ambiente, favorire la transizione verso l’economia circolare e raggiungere gli obiettivi europei in materia di raccolta selettiva e riciclo”, si legge nel testo della petizione a cui hanno aderito 16 organizzazioni tra cui Legambiente, Italia Nostra, Wwf, Touring club, Zero waste italy, Slow food e Altroconsumo.
“Oggi i produttori di bevande aderiscono al sistema Conai. Con l’istituzione del sistema di deposito cauzionale, disciplinato da un’apposita normativa, dovranno entrare a far parte di un nuovo sistema gestito da un operatore di sistema non profit. Quest’ultimo si finanzierà attraverso il contributo Erp (responsabilità estesa del produttore, ndr), con la vendita dei materiali raccolti ai riciclatori e con i contributi cauzionali versati dai clienti che non vengono recuperati”, continua Ricci.
I modelli a cui guardare non mancano. Il Deposit return system viene già adottato in 12 Paesi europei: pioniera è stata la Svezia che ha implementato il sistema nel 1984 e dove i consumatori versano una cauzione compresa tra gli 11 e i 22 centesimi di euro per le lattine di birra, i contenitori di soft drinks e le bottiglie d’acqua. È stata poi la volta di Islanda, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Estonia, Croazia e Lituania. Nei primi mesi del 2022 è entrato in vigore anche in Slovacchia e Lettonia; cui seguiranno Grecia, Scozia e Ungheria (2023), Regno Unito (2024) e Austria (2025). “Affinché funzioni, il sistema deve essere di facile uso per il consumatore. Per questo, il modello che abbiamo in mente prevede il return to retail, posizionando i punti di restituzione presso i supermercati e gli esercizi di vendita”, spiega Enzo Favoino, tecnico e ricercatore presso la Scuola agraria del Parco di Monza, coordinatore del comitato scientifico di Zero Waste Europe.
Per i promotori dell’iniziativa, l’introduzione del Drs in Italia permetterebbe di innescare cambiamenti positivi: a partire dalla riduzione del littering, ovvero l’abbandono di rifiuti nell’ambiente. “In Italia ogni anno sette miliardi di contenitori monouso sfuggono alla raccolta differenziata -sottolinea Ricci-. Se ogni contenitore reso ha un valore economico, anche piccolo, il consumatore è più incentivato a conferirlo correttamente”. Il Drs ha un ruolo fondamentale anche per raggiungere gli obiettivi fissati dalla direttiva europea per la riduzione delle plastiche monouso (904/2019, detta anche direttiva Sup – Single use plastic) che, tra i vari target, impone un obiettivo di raccolta selettiva del 77% entro il 2025 e del 90% entro il 2029. Un passaggio essenziale per avviare una vera economia circolare che permetta di valorizzare i processi di riciclo, in particolare per quanto riguarda la plastica.
“Il sistema deve essere di facile uso per il consumatore. Abbiamo in mente un modello in cui i punti di restituzione sono posizionati presso i supermercati” – Enzo Favoino
“Per come è organizzato oggi il sistema italiano è difficile che da una bottiglia di plastica avviata al riciclo se ne produca una nuova: solitamente viene trasformata in maglioni di pile o altri tessuti”, spiega ancora Silvia Ricci. A oggi solo i Paesi che hanno adottato il Drs hanno percentuali di raccolta in linea con quelle indicate dalla direttiva Sup, come mostrano i dati del “Global deposit Book 2020”, curato dalla piattaforma europea Reloop: il sistema danese, ad esempio, è in grado di intercettare il 94% dei contenitori di Pet, quello tedesco arriva al 97%. Anche in Lituania, dove il Drs è stato implementato solo nel 2016, la quota è del 92%. Ma il tema del monouso non riguarda solo bottiglie e lattine: la pandemia ha fatto esplodere il delivery e l’uso di contenitori (in plastica e non) per il consumo domicilio.
“Servono interventi più coraggiosi per ridurne la quantità. Esempi in questo senso in Europa non mancano, ad esempio l’introduzione di una maggiore tassazione sul monouso: in Italia quella su una bottiglia d’acqua da 1,5 litri è di circa tre centesimi di euro contro gli 11 in Norvegia e i 76 centesimi in Finlandia -commenta Alessio Ciacci, presidente dell’azienda pubblica di igiene urbana del Comune di Capannori (LU) ed esperto di sostenibilità-. In Germania, dal 2023, entrerà in vigore l’obbligo per ristoranti, bistrot e caffè di mettere a disposizione alimenti e bevande anche in contenitori riutilizzabili. Anche in Italia ci sono esempi virtuosi, legati a eventi e manifestazioni: ma queste iniziative non possono essere legate solo alla buona volontà di singole amministrazioni o aziende particolarmente sensibili, deve diventare sistema a livello nazionale”.
Chi sta provando a cambiare le regole del gioco è l’Associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci) dell’Emilia-Romagna, che a novembre 2021 ha lanciato il manifesto #moNOuso, rivolto a Comuni, enti pubblici e privati per stimolare strategie di sostituzione del monouso -in qualsiasi materiale- con l’adozione di prodotti durevoli e riutilizzabili. “Se l’obiettivo è perseguire modelli coerenti con il paradigma dell’economia circolare -spiega Paolo Azzurro, referente in materia di gestione dei rifiuti urbani ed economia circolare per l’ente-, l’espressione plastic-free è fuorviante: si presta allo spostamento dell’attenzione dal modello di produzione e consumo, l’usa e getta, al materiale impiegato”.
Il Manifesto #moNOuso, prosegue Azzurro, vuole gettare le basi per una nuova narrativa, nella quale raccolta differenziata e riciclo sono condizioni necessarie ma insufficienti per ricondurre lo “sviluppo” sui binari della sostenibilità. “Abbiamo predisposto anche un modello di delibera che è già stata adottata da diversi Comuni, tra cui Bologna, Cesena, Sasso Marconi, Valsamoggia e San Prospero. Come Anci Emilia-Romagna stiamo già collaborando con alcuni di loro per eliminare i bicchieri usa e getta nei locali, sostituire le stoviglie monouso con il riutilizzabile negli eventi, introdurre contenitori riutilizzabili a rendere per alimenti e pizza da asporto”. Anche diverse start-up stanno mettendo a punto soluzioni alternative. Around offre a ristoranti, mense e delivery una soluzione sostenibile ed economicamente vantaggiosa alternativa al packaging usa e getta: “Dopo l’acquisto presso uno dei ristoranti che hanno aderito al sistema, il cliente ha sette giorni per restituire il contenitore in uno qualsiasi dei punti del nostro network -afferma Giulia Zanatta, co-fondatrice di Around-. Se non lo fa il sistema ‘trattiene’ dalla carta di credito usata per la registrazione sull’app il costo del contenitore”.
A Milano è attivo poi NoPlàAgain progetto nato nell’ambito del bando di Fondazione Cariplo “Plastic Challenge 2020” con capofila l’associazione Giacimenti Urbani. L’obiettivo è quello di attivare un circuito di bar e ristoranti che mettano a disposizione dei clienti contenitori riutilizzabili: “Il modello è la società svizzera reCircle, che fornisce un proprio kit a circa 1.400 locali -spiega Donatella Pavan di Giacimenti Urbani-. Dopo che sono stati riconsegnati dai clienti, i contenitori possono essere lavati, sanificati e riutilizzati”. In questa prima fase l’obiettivo è di coinvolgere una quarantina di locali (cinque quelli già attivi) e soprattutto attivare una community di consumatori che chieda alternative concrete all’usa e getta spingendo i locali ad aderire all’iniziativa.
“Il percorso non è facile, non solo per la resistenza da parte degli esercizi commerciali ma soprattutto per la mancanza di linee guida chiare che permettano di ‘mettere a terra’ iniziative di riutilizzo dei contenitori”, spiega Pavan. Per chiedere un cambio di passo, Giacimenti Urbani ha lanciato il “Manifesto del riutilizzo” (presentato alla fiera Fa’ la cosa giusta! il primo maggio) per chiedere al governo gli interventi normativi e gli incentivi necessari a promuovere e rendere concretamente fattibile l’uso di contenitori durevoli nella ristorazione e nei pubblici esercizi. “Sarebbe necessario -si legge nel manifesto- un unico atto che dia forma all’intera materia rispetto alle tematiche della sicurezza alimentare e dell’igiene, delle agevolazioni per la gestione amministrativa e fiscale, nonché degli incentivi. In una logica di minima burocrazia e massima semplificazione”.
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