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Ambiente / Approfondimento

Quando il vino non ha l’età: le nuove generazioni “naturali”

© Podere del Maro

Le moderne generazioni di vignaioli non sempre sono i figli o i nipoti che hanno ereditato la terra. A volte vengono da lontano, sono preparati, innovatori, attenti all’etica e alla comunicazione, collaborativi. Due storie da Liguria e Marche

Tratto da Altreconomia 228 — Luglio/Agosto 2020

Il vino ha un rapporto controverso con il tempo. È una sorta di testamento della terra, massima espressione della tipicità di un luogo. Eppure allo stesso tempo è volatile, sempre differente, sensibile al clima e alle mani di chi lo fa. Per questo ogni generazione di vignaioli -al di là di una certa retorica sui giovani e dei numeri di Coldiretti che parlano di un boom di vignaioli under 25- può realmente cambiare il vino e la sua percezione. Non parliamo del vino industriale, omologato e sempre uguale a se stesso, ma del vino naturale o, se preferite, vino senza aggettivi, nudo e autentico. Per questo il ricambio generazionale è importante perché quando cambia chi fa il vino cambia il vino e il modo di raccontarlo. Matilde Pileri e Marco Guzzetti, ad esempio, hanno 23 e 24 anni. Li incontro nella luce delle balze rivolte a Sud di Podere del Maro, piccola azienda agricola di Borgomaro (IM), qui nell’alta terra ligure di Ponente dove all’ulivo si abbraccia la vite. “Podere del Maro (poderedelmaro.it) -spiega Matilde- è una microazienda agricola biodinamica votata a piccole produzioni sostenibili e di qualità, in primis vino e olio. Già durante i nostri studi ci chiedevamo che cosa fare per salvaguardare il Pianeta. Così abbiamo deciso di dare un’etica all’agricoltura che volevamo praticare”.

Questo significa un lavoro quasi solo manuale nella vigna -i due ettari ben inerbiti dove ora camminiamo- strappati alla ripa con epiche opere di terrazzamento; ma anche assecondare in cantina i naturali processi di trasformazione dell’uva senza interventi invasivi, preservando i fattori di autenticità del prodotto: le peculiarità del territorio, del vitigno e dell’annata. Il Vermentino, per la cronaca, è il “principe” del Podere, prodotto in quattro varianti, bianco, macerato, frizzante sui lieviti e spumante: tutte micro-vinificazioni o “piccoli capolavori a misura d’uomo”, come li chiamano loro.

Per Coldiretti nel 2018 i vignaioli under 25 sono aumentati del 38%. Ma spesso la differenza è nel modo di produrre vino; poche bottiglie per raccontare il territorio e il loro lavoro

Seduti nella luminosa veranda di casa dove ospitano le degustazioni, Matilde e Marco esprimono la loro assoluta preferenza per le relazioni dirette. “Ci piace metterci la faccia -spiega Marco- senza intermediari. Persino senza troppe parole. Il vino parla nel bicchiere, comunica da solo, a patto che sia capace di dare emozioni, di raccontare il territorio. Noi ci mettiamo la cura e il racconto della cura. Per questo ci sembra importante che chi beve il nostro vino ci conosca. In questa esperienza il cittadino assaggia non solo il vino ma, se vogliamo, l’intero territorio”. Del resto se la vigna e l’uliveto -monocultivar taggiasca- sono solari, anche visitare la minuscola cantina ha il suo fascino, fatto di ombre, sentori e di tanto acciaio, lo specchio ordinato della costante attenzione verso il prodotto.

Assaggiamo il bianco frizzate sui lieviti. La new wave dei giovani vignaioli e del vino naturale ha sicuramente innescato nuove forme e luoghi per comunicare il vino. “Per farci conoscere -afferma Marco- noi scegliamo enoteche condotte con il nostro stesso spirito da ragazzi quasi sempre under 35 che sanno proporre e raccontare il vino naturale e il modo di ‘sentirlo’”. Un cambiamento culturale che ha tante e differenti ragioni. Una di queste è la provenienza: non sono enfants du pays Matilde e Marco ma, come molti altri vignaioli, sono “immigrati” dalla città. “Questo è uno dei fattori che ha cambiato la percezione del lavoro agricolo e abbattuto gli stereotipi del contadino: tantissimi vignaioli sono ‘iperistruiti’”.

Lo staff di Ca Liptra © Ca Liptra

Non sono i soli “vignaioli viaggianti”, Matilde e Marco. Se puntiamo lo sguardo nel cuore delle Marche, possiamo quasi vedere le vigne nomadi di Ca’ Liptra a Cupramontana (AN, caliptra.it): tra i quattro giovani soci nessuno è “autoctono”. Agostino, Antonella, Roberto e Giovanni sono arrivati dal Nord lombardo. La storia ce la racconta Giovanni Loberto da Sesto San Giovanni (MI) che dopo la laurea ha affinato, vendemmia dopo vendemmia, le sue doti di enologo alla Distesa di Corrado Dottori, capostipite di una nuova generazione consapevole di artigiani del Verdicchio dei Castelli di Jesi, vino per anni ingiustamente banalizzato. “È iniziato tutto così -racconta Giovanni- prima chiedendo al mio capo dell’uva e la cantina in prestito per vinificare qualche bottiglia e arrotondare lo stipendio. Poi -per consolidare il progetto- cercando una vigna in affitto”.

Ma gli eventi, come spesso capita, scavalcano le intenzioni. Nel 2012 infatti trovano un proprietario disposto a vendere la vigna con annessa casa e piccola cantina. Appena nata, Ca’ Liptra decide subito di convertirsi al biologico -prima nei fatti che sulla carta- e così sarà per ogni vigna via via acquisita, tanto che la certificazione deve ancora essere resa ufficiale. “Dal 2015 facciamo vinificazioni con il metodo naturale, usando lieviti autoctoni ed eliminando ogni additivo, solforosa a parte. Non usiamo concimi e irrigazione, per cui otteniamo rese più scarse ma una maggiore qualità”. In altre parole, dice Giovanni “quando rispetti la vite vieni ripagato e riesci ad avere concentrazioni più intense a livello gustativo e aromatico”.

La vendemmia a Podere del Maro

La stessa cura è spesa nel comunicare in cantina o nelle piccole fiere, da La Terra Trema a Gusto Nudo: “Non posso pretendere che un ‘cittadino’ colga ogni finezza tecnica -spiega Giovanni-. Ma a me piace raccontare perché il mio lavoro ha senso e perché è diverso da quello del mio vicino. La chiave è proprio la differenza tra i vini, in ragione della natura del suolo e del vigneto di provenienza. Con un po’ di educazione geologica spiego perché il mio vino in quel contesto è unico. Ma anche l’importanza del recupero dei vecchi vigneti, della manualità e della personalità di chi fa il vino”. Ma l’avvento dei vini naturali ha cambiato davvero la percezione del vino e del lavoro del vignaiolo? “Certo. Il vino naturale ha sparigliato le carte e l’onda non è ancora finita: molti di quelli che iniziano ora sono di default naturali o artigianali e molte altre aziende si sono riconvertite, a volte per meri motivi commerciali a volte in modo convinto”.

Si è ribaltato allora l’assunto per cui una volta quando si parlava di biologico qualcuno storceva il naso? “Il cambiamento -prosegue Giovanni- riguarda ancora una minoranza, ma credo che i giovani vignaioli possano cambiare realmente la percezione del prodotto e diffondere il pensiero che dietro al vino ci sia un’etica del lavoro, dell’ambiente e dei rapporti interpersonali. Chi beve il nostro vino poi lo sente nel bicchiere, che non è quello comprato dall’industriale di turno e che ogni bottiglia che assaggi può essere diversa, in senso positivo. In tanti hanno interiorizzato questa sensazione e la ricercano”.

Una cosa molto importante per i giovani vignaioli è non sentirsi soli: Ca’ Liptra può contare su una vivace comunità di piccoli vignerons giovani e che condividono lo stesso spirito e il mutualismo tra vicini: “Sono nuove generazioni ‘di ritorno’ -figli e nipoti- ma anche tanti ragazzi come noi da fuori regione, dai 25 ai 45 anni, attratti dalla bellezza dei luoghi, dall’alta qualità dei terreni e da prezzi delle vigne più abbordabili di altri contesti”.


In dettaglio
ENO-ENTUSIASMO IN BICI E A PIEDI

Per chi vuole un’estate da meditazione, da passare in piccole brigate e lontano dalla folla, “L’Italia di vino in vino” è la guida ideale. È nata infatti per fare incontrare chi ama viaggiare a piedi e a pedali con i piccoli vignaioli, “anime gemelle”, legate dall’attenzione all’ambiente, dall’amore per i ritmi lenti e la schiettezza delle relazioni. Perché -diceva Luigi Veronelli- per capire un vino bisogna “camminare le vigne” e conoscere le storie di chi lo produce.

“L’Italia di vino in vino” racconta 25 facili itinerari per camminare o pedalare alla scoperta del vino naturale. Le tappe principali sono i 100 vignaioli biologici e naturali selezionati, veri “genius loci” del loro territorio. I loro sono vini autentici, vivi, unici, diretti, integri, vibranti, che danno emozioni e raccontano storie. Il cuore della guida sono i 21 itinerari, da Nord a Sud: Langhe, Roero, Monferrato, Colli Tortonesi, Valle Camonica, Oltrepò Pavese, Alto Adige, Colli Berici, Valpolicella, Collio, Carso, Val Trebbia, Colline Lucchesi, Chianti Senese, Lago di Bolsena, Valle Umbra, Colline Pescaresi, Cupramontana, Irpinia, Cilento, Etna. Un’Italia conviviale, che propone vie poco battute, strade bianche, sentieri, tratturi, invitando ad attraversare con calma borghi antichi e a rifugiarsi sotto patii ombrosi o dentro fresche cantine.

L’Italia di vino in vino. Itinerari a piedi e in bici alla scoperta dei vignaioli biologici e naturali” di Luca Martinelli, Sonia Ricci e Diletta Sereni, 176 pagg, 15 euro. Prefazione di Armando Castagno

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