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Voci di resistenza: lotta e speranza nell’opposizione russa

© Evgeny Feldman

La morte di Aleksej Naval’nyj, simbolo della repressione del dissenso nella Russia, ha acceso un faro sulla resistenza degli oppositori al regime di Vladimir Putin. Storie di lotta e di coraggio raccolte nel libro “La Russia che si ribella” di Maria Chiara Franceschelli e Federico Varese. In uscita il 15 marzo per Altreconomia

La morte di Aleksej Naval’nyj, avvenuta il 16 febbraio 2024 nella colonia penale IK-3 (nei pressi del villaggio di Charp, 60 chilometri a Nord del Circolo polare artico), ha scosso il mondo intero. Le circostanze del decesso, ufficialmente attribuite a una “sindrome da morte improvvisa” dalle autorità russe, hanno sollevato dubbi e acceso un’ondata di indignazione globale.

L’arresto e la condanna di Naval’nyj sono stati solo l’ultimo capitolo di una lunga e coraggiosa battaglia contro il regime di Vladimir Putin. Fin dalla nascita della Fondazione per la lotta contro la corruzione nel 2011, Naval’nyj era diventato il più concreto oppositore al regime di Putin attraverso l’aperta denuncia della corruzione dilagante e del Paese -anche attraverso un seguitissimo canale YouTube– e le critiche serrate al governo.

Il suo avvelenamento con il gas nervino Novichok nel 2020, seguito dalla sua evacuazione in Germania per essere curato e dal successivo ritorno in Russia nel gennaio 2021, dove è stato immediatamente arrestato e poi incarcerato, ha fatto emergere la brutalità del regime di Putin e la sua spietata repressione di qualsiasi forma di dissenso.

“La Russia che si ribella. Repressione e opposizione nel paese di Putin”, scritto da Maria Chiara Franceschelli e Federico Varese, propone un’analisi approfondita della storia dell’opposizione a Vladimir Putin e delle diverse forme di repressione e resistenza nel Paese dal 2000 a oggi. Attraverso cinque interviste-testimonianze, una cronologia dettagliata e un glossario, il libro esplora le complesse dinamiche della società e della politica russe, evidenziando il ruolo della Chiesa ortodossa, della società civile e dei sondaggi d’opinione, nonché la complicità delle istituzioni accademiche nel contesto dell’autoritarismo putiniano.

Gli autori sono profondi conoscitori della società russa di questi anni. Maria Chiara Franceschelli è una dottoranda della Scuola Normale Superiore di Pisa, specializzata in Scienza politica e sociologia. La sua ricerca si concentra su governance ambientale, società civile e partecipazione politica nell’attuale contesto russo. Federico Varese è un criminologo noto per opere come “The Russian Mafia” (Oxford University Press, 2001), “Mafie in movimento” (Einaudi, 2011), “Vita di mafia” (Einaudi, 2017) e “La Russia in quattro criminali” (Einaudi, 2022) oltre a un gran numero di saggi accademici. Attualmente è professore di Sociologia a Sciences Po, a Parigi, e ha insegnato a Oxford per lungo tempo. Il loro libro “La Russia che si ribella”, scritto a quattro mani, uscirà in libreria per i tipi di Altreconomia proprio in occasione delle elezioni presidenziali in programma dal 15 al 17 marzo.

Nonostante la crescente repressione e le continue violazioni dei diritti umani, il libro offre una speranza, dando voce alla tenacia di coloro che combattono per la democrazia e la libertà in Russia. Le testimonianze raccolte restituiscono uno sguardo intimo sulla vita quotidiana dei dissidenti, mostrando la loro umanità e la loro incrollabile determinazione a non arrendersi di fronte all’oppressione. Come ad esempio il racconto dell’anziana Ljudmila Vasil’eva, una blokadnitsa (una reduce dell’assedio di Leningrado da parte dell’esercito tedesco, durato dal settembre 1941 al gennaio 1944) che è stata arrestata all’indomani dell’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio 2022 per aver manifestato contro la guerra. 

In un momento storico in cui il mondo osserva impotente la morte di Naval’nyj e l’incessante repressione del dissenso in Russia è fondamentale riconoscere e solidarizzare con chi continua a lottare per la giustizia e la libertà nel Paese. Come sottolineano gli autori del libro, le azioni individuali e coraggiose di questi dissidenti avvengono in un contesto sociale profondamente degradato e indebolito, nel quale è impossibile vedere un possibile sviluppo positivo. Eppure è proprio nei momenti più disperanti che non bisogna arrendersi, perché come dice un detto russo: il buio peggiore è prima dell’alba. 

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