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Diritti / Varie

Violenza di genere: sì al congedo retribuito

A metà aprile l’INPS ha emanato la circolare che garantisce alle dipendenti del settore privato, escluse però le lavoratrici domestiche e familiari, la possibilità di chiedere 3 mesi di astensione, ricevendo un’indennità pari al 100% della retribuzione. Era previsto dal Jobs Act, del giugno 2015. WeWorld: "un tassello fondamentale per il riconoscimento dei diritti delle donne"

Il 15 aprile è stata pubblicata la circolare dell’Inps che completa il percorso avviato dal Jobs Act per concedere il congedo alle donne vittime di violenza di genere. Il provvedimento era stato introdotto nel giugno 2015, ma non era ancora operativo.

Con la circolare numero 65, l’Istituto ha adesso fissato i criteri per l’erogazione dell’indennità che spetta alle dipendenti del settore privato vittime di violenza di genere. Rimangono ancora escluse però le lavoratrici domestiche e familiari.
 
Secondo l’organizzazione WeWorld, che aveva sollecitato l’emanazione dei criteri per il congedo retribuito per le donne inserite in percorsi di protezione, si tratta di “un grande passo, che ci ricorda che la violenza non è un fatto privato ma ci riguarda tutti in prima persona”. Già nell’indagine nazionale in “Quanto costa il silenzio?” (2013), WeWorld aveva stimato -partendo dai dati dell’Indagine ISTAT- come la violenza contro le donne avesse un costo annuo di circa 17 miliardi di euro; con un impatto negativo su tutte le relazioni sociali e lavorative delle donne vittime e quindi anche sulla produttività lavorativa delle stesse.
 
Sono mediamente 1 milione le giornate lavorative perse, con effetti negativi sulla vita stessa delle donne che includono la perdita del lavoro, di produttività e di avanzamenti di carriera -e quindi di reddito- come conseguenza diretta della violenza subita. “Effetti negativi che a cascata coinvolgono le famiglie delle donne vittime, che possono  subire una diminuzione del benesse­re complessivo a seguito delle minori entra­te dovute alle assenze/periodi di aspettativa/perdita di lavoro. E ancora, per le imprese, per gli Istituti di Previdenza che possono incorrere in minori entrate contributive a seguito della riduzione dell’attività lavorativa e infine per lo Stato stesso con una riduzione del PIL. Un costo che era stato calcolato in 604,1 milioni di euro, con una ipotesi certamente sottostimata” continua la nota di WeWorld.
 
Per le giornate di congedo la lavoratrice ha diritto a percepire una indennità giornaliera, pari al 100% dell’ultima retribuzione. L’astensione può durare fino a 3 mesi, in un periodo di 3 anni. “Seppure non sufficiente” spiega WeWorld, “è comunque un tassello fondamentale per il riconoscimento dei diritti delle donne, che per effetto della violenza vedono ridotte le loro capacità”. Il provvedimento introdotto è testimonianza di quello che l’organizzione “ritiene essere il compito principale della politica: intervenire per impedire quelle situazioni che ostacolano la realizzazione piena degli individui e agevolare interventi che sappiano rispondere allo stesso tempo al bisogno di accesso delle donne alla salute e alla cura di sé, al lavoro, alla dimensione cognitiva e formativa, alla dimensione abitativa e alla capacità di muoversi liberamente sul territorio, alla dimensione relazione e culturale”. Per questo, “WeWorld si augura che tutte le donne possano avere accesso all’indennità e che il percorso intrapreso dal Jobs Act prosegua”.

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