Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Diritti

Una (mezza) legge sulla tortura

La commissione giustizia del Senato ha approvato un testo di legge, che ora passerà all’esame dell’aula e poi della Camera. La discussione è avvenuta senza dibattito pubblico e il testo inziale è stato cambiato e depotenziato. Il 26 settembre il ddl è stato nuovamente rinviato in Commissione 

La commissione giustizia del Senato ha recentemente approvato un testo di legge per introdurre nell’ordinamento italiano il reato di tortura. Qualche incauto osservatore ha detto e scritto che l’Italia ha finalmente colmato una grave lacuna del suo codice penale; in realtà, per arrivare a una legge vera, mancano altri passaggi: intanto il voto in aul il Senato, poi l’esame del testo e l’approvazione alla Camera (e un nuovo passaggio al Senato nel caso che a Montecitorio il testo sia cambiato).

La discussione si è svolta lontano dal discorso pubblico, cioè nell’aula della commissione e nel totale disinteresse dell’informazione oltre che di tutte le forze politiche, e anche questo è un segno (l’ennesimo) del degrado politico e culturale che stiamo attraversando. E’ un vero peccato, perché la normativa sulla tortura è tutt’altro che una questione per pochi, una vicenda che riguarda – come si tende a pensare – una fetta marginale di popolazione, in sostanza detenuti e carcerieri.

Il reato di tortura, per il solo fatto di non essere attualmente contemplato nel codice penale, è una questione politica e di civiltà, riguarda il rapporto dei cittadini con le istituzioni e lo spirito democratico e la lealtà di chi lavora per lo stato ed esercita il monopolio della violenza lecita che a questo spetta. Ha a che fare con la qualità di una democrazia.

Occupandosi di tortura e anche della discussione al Senato, i media si sarebbero accorti delle enormi resistenze (negli apparati e nelle forze politiche) che l’introduzione di questo reato ha incontrato negli anni e avrebbero dovuto mettere questa ostilità in relazione con l’infinita serie di episodi – avvenuti in caserme e carceri – che hanno gravemente intaccato la credibilità delle forze di polizie.

Forse si sarebbero soffermati a riflettere di più e meglio anche sugli incredibili numeri che arrivano dall’universo carcerario italiano: sono cifre spaventose, che riguardano in particolare il sovraffollamento e il numero di suicidi fra i carcerati e anche fra le guardie carcerarie.

Da più di vent’anni il parlamento italiano manca di legiferare sulla tortura, contravvenendo così a un impegno solenne preso a livello internazionale. Un paio di anni fa il governo italiano smise addirittura di cercare giustificazioni per il ritardo e disse a chiare lettere, per voce del nostro ambasciatore all’Onu, che l’Italia riteneva di non avere bisogno di una legge ad hoc sulla tortura (la cosa incredibile è che questa dichiarazione seguiva di pochi mesi le condanne in appello per i fatti di Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001, una sentenza nella quale i pm e il tribunale segnalavano con forza la necessità di colmare la lacuna legislativa).

Ora un testo è stato approvato, ma con modifiche sostanziali rispetto alla stesura iniziale. Il reato di tortura, nella nuova formulazione, non è più un reato specifico delle forze di sicurezza, ma un reato generico che può essere commesso da qualsiasi cittadino.

Il testo iniziale probabilmente dispiaceva a chi pensa d’essere amico delle forze dell’ordine assecondando l’assurda obiezione secondo la quale una legge sulla tortura, per il fatto stesso d’esistere, mette in dubbio l’affidabilità e l’onorabilità delle varie polizie. E così il testo è stato cambiato. In realtà qualificare la tortura come reato specifico delle forze di polizia, così come avviene quasi sempre all’estero, serve a responsabilizzare gli agenti e a garantire quanto più possibile i cittadini.

Il testo approvato dalla commissione del Senato non prevede il principio della non prescrittibilità del reato. Un vero peccato anche questo, perché questo principio ha un forte valore simbolico e culturale: indica la gravità della tortura, l’importanza che lo stato attribuisce alla tutela dei diritti di tutti i cittadini.

È infine saltata la norma che prevedeva l’istituzione di un fondo per la tutela delle vittime: qui si è trattato di un brutto colpo di mano, perché un fondo del genere avrebbe reso più forte la legge e più significativa la sua eventuale applicazione. Le vittime di tortura, c’è una vasta letteratura a dimostrarlo, portano segni incancellabili delle violenze subite ed è un dovere dello stato proteggerle e aiutarle a superare il trauma.

Viene da pensare che la legge sarebbe stata migliore se il dibattito si fosse svolto in pubblico. Ma in Italia non si discute in pubblico di niente o quasi niente di davvero importante (basta sfogliare le pagine dei giornali dedicate alla politica o all’economia…).

 

Nella seduta di mercoledì 26 settembre, inoltre, l’Aula ha "deliberato il rinvio in Commissione" del testo. L’ennesimo inciampo di un provvedimento tanto ineludibile quanto osteggiato.

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati