Interni / Reportage
Un rifugio di memoria viva per non dimenticare l’eccidio di Monte Sole
Al “Poggiolo Re_Esistente” le arti e la cultura sono lo strumento per ricostruire una comunità, a 80 anni dalla strage che cancellò ogni traccia di vita distruggendo tutto sui monti intorno a Marzabotto
“Qui non c’era più una comunità, è stata azzerata ottant’anni fa. Noi lavoriamo per ricrearla e abbiamo scelto di farlo alle condizioni della natura, ciò che resta”, spiegano Alessandro, Duccio, Luca e Nadia. Sono seduti a un tavolo del Poggiolo, il rifugio Re_Esistente di Monte Sole (BO), reduci dalla prima edizione di Lupo, tre giorni (dal 5 al 7 luglio) di musica, performance, camminate, presentazioni di libri e laboratori.
Il nome è anche una dedica a Mario Musolesi, il comandante Lupo della Brigata partigiana Stella Rossa, che dal novembre 1943 combatté in questi territori contro le forze nazifasciste. La storia che i quattro hanno iniziato a scrivere insieme ai soci della cooperativa Re_Esistente non può prescindere da quel periodo storico e dal luogo in cui siamo: il rifugio, che hanno in gestione dal 2020, è ancora oggi uno dei pochi edifici in muratura presenti all’interno del Parco regionale storico di Monte Sole, istituito nel 1989.
La valle era rimasta disabitata fino alla metà degli anni Ottanta, dopo esser stata teatro di uno degli episodi più cruenti della Seconda guerra mondiale. La “storia” è quella conosciuta come “strage di Marzabotto”: tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 le forze naziste uccisero 770 persone che abitavano in case sparse e piccole borgate sulle alture tra Monte Sole e Monte Salvaro. Le donne erano 392, i bambini 115. Secondo lo storico Paolo Pezzino sarebbe più corretto identificarla come il “massacro di Monte Sole”, perché Marzabotto si trova giù in valle, lungo il Reno e la statale Porrettana tra Bologna e Pistoia. L’eccidio, invece, si è consumato in almeno 115 luoghi diversi, secondo le verifiche compiute dal Comitato regionale per le onoranze ai caduti di Marzabotto. La cittadina dista sette chilometri di strada a tornanti, poco più di trecento metri di dislivello, ma chi sale a Monte Sole percepisce di entrare in un luogo sacro, tra i resti di edifici rasi al suolo, bruciati e mai ricostruiti e le pietre su cui è scolpita la storia dell’eccidio (su una è riportata una frase di Adolf Hitler: “Dobbiamo essere crudeli, dobbiamo esserlo con tranquilla coscienza, dobbiamo distruggere tecnicamente, scientificamente”).
Nadia Kherrati è la presidente della cooperativa. È originaria della Calabria ma vive a Bologna e fa parte anche dell’associazione bolognese di promozione sociale Ozono factory, che gestisce il Binario 69, un live club nel quartiere Bolognina, e lo spazio estivo del Fondo Comini. “Forse alcuni all’inizio ci hanno vissuto come i ‘regaz’ di città, fin dai primi tempi però per noi è stato chiaro che avremmo dovuto declinare il nostro progetto di ‘nuovo centro culturale’ a partire da ciò che questo luogo rappresenta”, spiega. La scelta di Ozono di trasferire la gestione del rifugio (che ha anche dieci stanze) alla cooperativa, che è nata nel settembre del 2023, non è formale ma sostanziale: “Attraverso il confronto, anche con gli attori che abbiamo incontrato in questo territorio, ci siamo resi conto che serviva un soggetto nuovo, capace di dare un senso profondo a questo ‘bene pubblico’, investendo nell’interesse di una ‘comunità’ da ricostruire”, racconta Kherrati.
“Abbiamo definito la nostra visione d’impatto, arrivando alla conclusione che qui c’era lo spazio per creare un ecosistema” – Alessandro Ottenga
Alessandro Ottenga mostra dietro il rifugio la “Yurta di comunità”, con un belvedere che si affaccia sulla valle del Reno: “L’abbiamo chiamata così perché è il primo progetto realizzato dalla cooperativa. È uno spazio per incontri, con un piccolo palco per eventi, dove durante l’inverno trasferiamo anche il bar del Poggiolo, perché riscaldare la struttura sarebbe oneroso ma per noi è importante poter mantenere qui un presidio per 12 mesi l’anno”, racconta. Ottenga, valdostano, è un manager culturale che ha lavorato per Matera capitale della cultura 2019 e quindi a Paraloup, la borgata della banda partigiana di Nuto Revelli, in Valle Stura, nel cuneese.
“Nadia e Angelo di Ozono erano saliti lassù a capire come avevamo realizzato un centro culturale in montagna. Dopo l’estate del 2022, finita per me quella straordinaria esperienza, mi sono incamminato lungo la via degli Dei (che collega Bologna a Firenze, ndr) e arrivato a Monzuno ho chiamato Angelo che mi è venuto a prendere. Sono arrivato qui e non sono più andato via. Tre aspetti legano i due luoghi: la Resistenza, la memoria e la scelta di utilizzare la cultura come motore di sviluppo economico e sociale di un territorio”, spiega Ottenga. L’Angelo di cui parla, è Angelo Cagnazzi, originario della provincia di Cuneo. È una delle anime dell’associazione e dello spazio Binario 69 che si sono spostate a Monte Sole. Lui e Nadia sono diventati cittadini di Marzabotto. Non lo incontriamo perché è impegnato nel campus ReStartApp per giovani imprenditori dell’Appennino di Fondazione Edoardo Garrone: l’orizzonte a cui sta lavorando, con la cooperativa di comunità, è la riapertura di uno degli hotel di Marzabotto, giù a valle.
Riavvolgiamo il nastro del tempo: quel 2022 è stato un anno importante per il Poggiolo; dopo due anni in prova, Ozono ha vinto il bando dell’ente parco per la gestione del rifugio per i successivi sette anni. “La prima cosa che abbiamo fatto insieme -ricorda Ottenga-, è stato lavorare sull’identità del gruppo. Con il supporto di Kilowatt (una cooperativa bolognese che gestisce anche lo spazio rigenerato delle Serre dei Giardini Margherita, ndr) abbiamo definito la nostra visione d’impatto, arrivando alla conclusione che qui c’era lo spazio per creare un ecosistema”.
Dopo l’eccidio, i primi a insediarsi a Monte Sole sono stati nel 1984 i monaci della Piccola famiglia dell’Annunziata, associazione pubblica di fedeli inserita nella Chiesa di Bologna fondata da don Giuseppe Dossetti, ordinato sacerdote nel 1959 dopo un passato che l’aveva visto partecipare alla Resistenza e quindi giovanissimo (era nato nel 1913) deputato alla Costituente. “Per i progetti che riguardano il Poggiolo lavoriamo con i vicini di casa, i ‘dossettiani’ e la Fondazione Scuola di Pace di Monte Sole che si occupa di educazione, oltre che con il Comune, con l’ente parco, con il Museo Nazionale Etrusco, con il Comitato regionale per le onoranze ai caduti di Marzabotto e con l’associazione Vittime familiari eccidio Marzabotto”, spiega Ottenga. Raccontano bene questo lavoro di rete l’Aula didattica intitolata a don Giuseppe Dossetti, all’ingresso del rifugio. Grazie a un progetto già finanziato verrà dotata di un percorso multimediale per raccontare la strage, la rinaturalizzazione dell’area di Monte Sole e la figura e il ruolo di Dossetti perché l’eccidio divenisse strumento di costruzione di una cultura di pace: dal Poggiolo è possibile seguire uno degli itinerari del Memoriale, sentieri che attraversano le frazioni distrutte, le chiese bruciate e i piccoli cimiteri di campagna.
Un altro progetto che racconta lo spirito del Poggiolo è quello per il nuovo palco, da realizzare nel grande prato che ospita le celebrazioni del 25 aprile e concerti come quello di Vinicio Capossela, che il 6 luglio 2024 ha partecipato a Lupo: “Qui si producono eventi culturali, ma siamo all’interno di in un parco e così l’obiettivo è quello di minimizzarne l’impatto. Una lettura che interroga anche, ad esempio, sul tipo di musica da proporre”, racconta Luca Li Voti, direttore artistico di Lupo. Il nuovo palcoscenico eco-sostenibile dedicato alle arti performative (musica, danza, teatro), la cui realizzazione è partita a luglio 2024, è anche un dispositivo di produzione di energia rinnovabile e un’area a disposizione di turisti e fruitori di Monte Sole per attività di intrattenimento e svago.
L’energia prodotta garantirà l’autosufficienza al rifugio e servirà per alimentare le navette elettriche, per far la spola dai parcheggi lungo la Porrettana durante gli eventi. Sarà un modo per rispettare i prati intorno al Poggiolo, che non possono diventare posti per auto. Il nuovo parco è finanziato dal bando “Transizione ecologica organismi culturali e creativi” (Tocc) del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Tra i partner ci sono, anche in questo caso, soggetti come il Comitato regionale per le onoranze ai caduti di Marzabotto e l’associazione Vittime familiari eccidio Marzabotto.
La transizione ecologica e la memoria sono pilastri gemelli su cui poggia la nuova cooperativa di comunità, tanto che l’antifascismo è uno dei valori condivisi nello statuto. La memoria, poi, è in ogni pietra, anche quelle delle case abitate da questa comunità di “nuovi residenti alloctoni”, come li definisce Duccio Versini. Anche lui è uno di loro: nato in Trentino, abita con la famiglia da oltre dieci anni in una delle poche case sparse intorno a Monte Sole: “Alla Creda, dove vivo, sono morte almeno settanta persone. Era un podere di due famiglie ma c’erano tanti sfollati”, racconta. Versini è un apicoltore ma dopo aver lavorato per anni in una cantina della vicina Valsamoggia per il Poggiolo ha iniziato a fare vino, affittando un ettaro di vigna. L’etichetta riporta il nome -“Bianco conviviale”; “Rosso conviviale”- e un’indicazione: “da consumarsi preferibilmente in compagnia”.
La bottiglia è da un litro. Nel 2023 il ristoro ne ha venduti circa tremila. Accompagnano i piatti cucinati da Antonio Calò, un altro dei soci della cooperativa che sta investendo in ricerca sulle materie prime, dalle farine per la pasta e i testaroli fatta in casa alle erbe spontanee intorno al Poggiolo, fino ai salumi di selvaggina, meno impattanti di quelli da allevamento. Quella del vino è una delle piccole economie attivate dal Poggiolo, che portano Alessandro Ottenga a parlare di un futuro da “incubatore di economie abitanti per questo Appennino”. Per cogliere appieno ciò che sta accadendo, vale la pena fermarsi a Monte Sole più di mezza giornata e aspettare di vedere le stelle nel buio. Cercando, tra le tante, una Stella Rossa.
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