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Un caffè buono per tutti. Davvero. L’impegno ventennale di Tatawelo
Dal 2003 il progetto solidale, che coinvolge diverse realtà del commercio equo italiano, collabora con le cooperative di produttori in Messico, Guatemala e Tanzania. Il prezzo giusto del prodotto sostiene lo sviluppo delle comunità locali
“Dopo otto anni di risparmi i cafetaleros delle comunità indigene del Chiapas sono riusciti a realizzare un sogno: acquistare la maquilla, che permetterà loro di gestire tutta la filiera del caffè: dal campo alla tostatura”, racconta ad Altreconomia Walter Vassallo, referente del progetto Tatawelo che nel novembre 2022 ha festeggiato assieme ai produttori questo importante risultato durante una visita in Messico alla cooperativa Yachil Xojobal Chu’lchan. “Quando ci hanno chiesto di salire sul palco per raccontare il viaggio del loro caffè verso l’Italia ci siamo sentiti piccolissimi -continua Walter-.Perché in questi anni non abbiamo solo acquistato del caffè, ma sostenuto un’economia giusta ed equa. Come dovrebbe essere normale”.
Sono ormai passati vent’anni da quando un piccolo gruppo di persone appartenenti a varie realtà dell’economia solidale e del commercio equo si è chiesto che cosa ci fosse dietro il gesto quotidiano di bere una tazzina di caffè. Così nel 2003 ha preso vita Tatawelo, con l’obiettivo di creare una filiera giusta per commercializzare il prodotto della neonata cooperativa zapatista Ssit Lequil Lum (“I frutti della Madre Terra”, in lingua tzeltal).
Nove anni prima, nel 1994, l’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln) era insorto contro il governo messicano per chiedere riforme agrarie, sanitarie e del sistema educativo a favore dei popoli indigeni. Allo stesso modo, nel 1999, i membri di Yachil si erano organizzati per spezzare la dipendenza dai grandi proprietari terrieri e rivendicare l’autonomia dei nativi. Da allora, i sacchi di juta di Café Tatawelo raggiungono l’Italia anche grazie alla compartecipazione della cooperativa LiberoMondo per poi essere tostati a Diano d’Alba (CN) e distribuiti a oltre 200 soci tra 190 Gruppi di acquisto solidale (Gas) e otto botteghe del commercio equo.
I principali produttori sono le cooperative zapatiste Yachil e Yochin, che arrivano a esportare in Europa fino a 300 tonnellate di caffè verde all’anno. La Yachil Xojobal Chu’lchan (“Nuova luce nel cielo” in tzeltal) oggi conta circa 800 membri in otto municipalità e basa la crescita della comunità sulla coltivazione di caffè in agroecologia e certificato biologico Certimex. I suoi prodotti vengono sia esportati all’estero, sia venduti sul mercato locale. La commercializzazione in Italia avviene grazie a Tatawelo che distribuisce il caffè attraverso una rete estremamente ramificata che comprende Gas, cooperative, empori di comunità, food coop e botteghe del mondo.Una filiera trasparente, dalla pianta alla tazzina.
Due pilastri sostengono tutto il progetto. Il primo è il prefinanziamento, che consiste nel pagare in anticipo il caffè ordinato alle cooperative chiapaneche, per fornire loro le risorse finanziarie necessarie all’avvio della produzione. In questo modo i contadini evitano lo strozzinaggio degli intermediari delle grandi imprese, i “coyotes” locali. Il secondo pilastro è la quota progetto, ovvero un contributo solidale fisso di 10 centesimi di euro a pacchetto che viene utilizzato per finanziare iniziative nelle comunità. Grazie alle risorse raccolte negli anni, Yachil ha potuto costruire una torrefazione per vendere i propri prodotti sul mercato locale.
“Un’economia solidale promuove soprattutto lo sviluppo delle comunità in loco -spiega Vassallo mostrando le foto dell’ultimo macchinario acquistato dalla cooperativa nel 2022, la maquilla-. Prima di questo investimento i produttori dovevano affidarsi a terzi per far selezionare il caffè. E restavano presso gli impianti per tre o quattro giorni, dormendo sui sacchi, per controllare che non venissero rubati o sostituiti, essendo il loro un prodotto di alta qualità”.
Quest’anno la campagna di prefinanziamento che solitamente si svolge nel mese di maggio, è stata organizzata tra il 30 gennaio e l’8 marzo “poiché il cambiamento climatico ha portato a un anticipo della maturazione delle bacche -spiega Dulce Chan Cab, presidente di Tatawelo-. Parlando con i contadini, a novembre ci hanno manifestato le difficoltà che stavano affrontando. Solo incontrando di persona le comunità puoi comprendere le loro esigenze: è dalla relazione di persona che nasce il confronto sulle problematiche economiche e sociali”.
Dal dialogo nasce la mediazione, anche sul prezzo di vendita: “Frutto di una valutazione complessiva fatta con i contadini in base ai loro costi di produzione, quelli di trasporto e torrefazione”, spiega Vassallo. Quello finale è quindi un prezzo trasparente: per ogni pacchetto di caffè il 42% va al produttore, il 16% copre le spese di trasformazione, il 2% quelle di trasporto e il 24% la distribuzione, oltre che per la quota progetto. Un meccanismo che traduce concretamente il motto di Tatawelo: “Para todos todo”. Chi acquista in prefinanziamento il caffè della cooperativa può scegliere tra diverse miscele: la qualità arabica monorigine delle terre dei cafetaleros del Chiapas e Guatemala e la robusta della Kagera cooperative union dalla Tanzania.
Mentre scriviamo, a metà marzo, nonostante l’anticipo della campagna, la risposta della rete di prefinanziatori sta arrivando. Tra questi c’è anche Fabrizio Cuniberti, fondatore della cooperativa di commercio equo Ponte solidale di Perugia, socia di Tatawelo e di Altreconomia. “Per noi Café Tatawelo non è un prodotto, ma una storia che viene raccontata in ogni pacchetto, una scommessa fatta insieme, un movimento di persone che hanno scoperto il valore politico dietro i loro acquisti”.
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