Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Finanza / Intervista

Uli Grabenwarter. Come sta la finanza a impatto, tra compromessi e fallimenti

© Roma Kaiuk - Unsplash

Intervista al direttore degli investimenti in equity presso il Fondo europeo per gli investimenti. “Finché si continuerà a percepirla come un modello di business e non si incentiveranno prodotti che fanno veramente la differenza e che non sono semplicemente opportunistici non troveremo la via per la sostenibilità”. Il ruolo dell’impact investing e le urgenze della coesione sociale e della crisi climatica

“Quando siamo partiti con la finanza a impatto nel 2007 lo abbiamo fatto con l’ambizione di essere quelli che andavano dove nessun altro andava. E per creare slancio per il nostro settore, per catturare massa critica e capitale che possiamo mettere a disposizione per fare del bene, abbiamo sostenuto che non ci fosse alcun compromesso. Che si poteva fare del bene e fare bene allo stesso tempo. La realtà è che il compromesso che stiamo affrontando è gigantesco”.

Uli Grabenwarter è il direttore degli investimenti in equity presso il Fondo europeo per gli investimenti (Eif), l’istituzione parte della Banca europea per gli investimenti che facilita l’accesso ai finanziamenti delle piccole e medie imprese e le supporta nel loro sviluppo. Intervenendo al Social enterprise open camp che si è tenuto a Catania a fine ottobre, Grabenwarter ha posto alcune domande alla platea delle realtà del mondo del sociale presenti, stimolando la riflessione sull’impact investing, cioè quel tipo di investimento finanziario legato sulla carta a obiettivi sociali o ambientali misurabili capaci di generare anche un ritorno economico per gli investitori.

“Dove siamo arrivati con il movimento della finanza a impatto da quando abbiamo iniziato circa due decenni fa? Dove siamo arrivati da quando abbiamo intrapreso questo viaggio di sostenibilità iniziato nel 2015, anno in cui abbiamo previsto una gigantesca somma da impiegare per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030. Dalla prospettiva odierna, non abbiamo trovato la strada per la sostenibilità. E con meno tempo a disposizione, il costo per raggiungerla a causa dell’urgenza è aumentato”.

Grabenwarter quali sono le sfide che sta affrontando l’impact investing. Pensa che abbia fallito?
UG La finanza a impatto ha fallito a seconda della prospettiva che adottiamo per analizzarla. Se la guardiamo dal punto di vista degli obiettivi che all’inizio si era posta la “comunità dell’impact investing” in termini di promozione per farlo conoscere o per far confluire risorse in questo tipo di investimento e farlo cresce sul larga scala, possiamo dire che ha avuto successo. Ma se lo guardiamo dalla prospettiva di ciò che ha effettivamente ottenuto nel cambiare le cose, nel suo contributo a rendere la società più giusta, l’ambiente più sostenibile, nel preservare le risorse del nostro pianeta, se guardiamo all’ultimo decennio e mezzo o più di investimenti a impatto, in realtà non è cambiato nulla di sostanziale o materiale.

Qual è il motivo di questo “fallimento”?
UG Penso che il motivo principale per cui la finanza impatto stia facendo difficoltà è perché abbiamo iniziato a percepirlo come un modello di business. E lo stiamo considerando di successo guardandolo dalla prospettiva di qual è il valore del patrimonio gestito e di quanti investitori tradizionali abbiamo portato verso l’impact investing. Ma se ci pensiamo attentamente, gli investitori che stiamo portando sul mercato della finanza a impatto acquistano prodotti di tipo opportunistico che rispondono a un profilo di rischio-rendimento specifico per cui si prendono carico di problemi sociali che, dal momento che rappresentano una buona opportunità di business, sarebbero stati comunque risolti. Quindi il motivo per cui dico che ha fallito è perché, nonostante l’ambizione che la finanza a impatto aveva in passato, non siamo riusciti a portare il capitale verso problemi sociali di cui nessuno si occuperebbe altrimenti. Ed è qui che siamo bloccati.

Uli Grabenwarter

Spesso nei suoi interventi fa appello alla responsabilità individuale, è sufficiente per spingere gli investitori verso una finanza che risponda a problemi sociali decisivi?
UG Per quanto possa sembrare terribile, è probabilmente l’unico modo per arrivarci. Il motivo per cui così pochi si occupano di una finanza che faccia davvero la differenza è perché non ci sono incentivi per gli intermediari nei mercati finanziari a offrire prodotti che rispondano a esigenze di impatto reali. Una società di gestione patrimoniale che può soddisfare la domanda dei propri clienti offrendo prodotti di finanza a impatto opportunistici, come obbligazioni verdi o investimenti in progetti infrastrutturali sostenibili che producono rendimenti tradizionali del 12-15%, e può riempire i propri libri ordini con tale offerta, non ha motivo di spendere risorse per progettare strumenti finanziari che combinano le preferenze rischio/rendimento degli investitori mainstream con quelle degli investitori focalizzati sull’impatto che potrebbero essere soddisfatti con rendimenti dello 0%, del 2%, del 3% o persino negativi a condizione che l’impatto ottenuto sia realmente tangibile (i cosiddetti filantropi, ndr). Tale sforzo ingegneristico per gli strumenti di finanziamento renderebbe, tuttavia, attraente per gli investitori un prodotto a impatto genuino che è al di fuori dello spettro del mercato. Se però cresce un tipo di domanda in cui i clienti dicono agli intermediari finanziari: “Non investirò più i miei soldi con voi a meno che non mi offriate questo tipo di strumenti”, allora gli intermediari saranno incentivati ​​a rispondere. E se più intermediari sul mercato possono generare slancio e attrarre clienti in questo modo, allora altri seguiranno. Ma qualcuno deve assumersi il rischio iniziale di investire nello sviluppo di quel tipo di prodotti e creare un mercato.

Nella strategia europea e nella sua esperienza, quali settori oggi richiedono più investimenti e avranno un impatto maggiore nel cambiare la società?
UG Una delle sfide più grandi che l’Europa dovrà affrontare negli anni a venire riguarda la coesione sociale e il tentativo di ridurre le conseguenze del divario tra ricchi e poveri. Questo sta portando a una polarizzazione del nostro panorama politico e alla fine penetrerà nelle fondamenta dei nostri sistemi democratici. Se non troviamo il modo di avvicinare questi due estremi saremo nei guai. E mentre esauriamo sempre più i finanziamenti pubblici per sostenere il nostro sistema di welfare state, l’imprenditoria sociale deve sviluppare modelli di business che soddisfino l’ulteriore necessità di assistenza sociale. L’altra area che ho individuato riguarda il lato ambientale e la preservazione del nostro spazio vitale in Europa. Vediamo che i disastri naturali sono sempre più frequenti. Prendiamo l’esempio dell’Italia, dove anni di siccità si alternano ad anni di inondazioni. La finanza a impatto che cerca di contenere gli effetti del cambiamento climatico sulla nostra società sarà un’area di investimento enorme. Oppure prendiamo in considerazione il caso della Spagna e il recente disastro delle alluvioni a Valencia. Entro il 2040, il 60% della superficie di quel Paese sarà dichiarato territorio inabitabile secondo gli standard odierni. Ma non dobbiamo guardare così lontano o al futuro, possiamo restare in Sicilia (dove si svolge l’intervista, ndr). Dobbiamo chiederci tra cinque anni, chi in Europa o nel mondo pagherà per trascorrere settimane di vacanza a luglio e agosto con una temperatura all’esterno di 45° C o 50° C oppure dentro una stanza d’albergo con l’aria condizionata? E se il turismo si ferma nei mesi più redditizi dell’anno, pensiamo a cosa significherà per le economie locali di Paesi come la Spagna che ha una quota gigantesca del suo Prodotto interno lordo legata all’industria del turismo. Quindi l’adattamento al cambiamento climatico e la salvaguardia delle nostre risorse naturali, incluso l’accesso a risorse vitali come la distribuzione di acqua potabile, saranno aree di investimento molto massicce.

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati