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Tra le Olimpiadi e i prezzi delle case: come sta cambiando Porta Romana
A Milano procedono i lavori nell’ex scalo ferroviario in vista dei Giochi del 2026. Ma non verranno costruite solo le temporanee residenze per gli atleti. I tentativi di arginare la speculazione e il rischio di una città sempre più esclusiva
Circondato da un muro di cemento tra il ponte di via Ripamonti e quello di corso Lodi, il cantiere dove sorgerà il villaggio olimpico di Milano-Cortina 2026 è una distesa di sabbia e ghiaia su cui si muovono per tutto il giorno gru, macchine per l’edilizia, operai. Mancano meno di tre anni alle Olimpiadi invernali. Il primo pilastro è stato posizionato il 29 maggio 2023 e ha segnato l’inizio della trasformazione dell’area dell’ex scalo ferroviario di Porta Romana, a poco più di tre chilometri dal Duomo in direzione Sud-Est. Il quartiere delimita già il confine con il centro. Gli edifici di Milano-Cortina spingeranno la periferia ancora più in là. Finiti i Giochi, il villaggio degli atleti diventerà uno studentato. Il timore è che anche i posti letto avranno costi proibitivi. La certezza è che le persone stanno già andando via dalla zona.
Fino agli anni Novanta lo scalo era utilizzato per il passaggio dei treni merci e per la sosta dei vagoni notte. Poi è rimasto abbandonato per decenni ed è diventato un “pezzo” ambìto della città. La società multiservizi A2A ne ha comprato una parte per allargare la propria sede. È in quell’area che sorgerà la cosiddetta Torre Faro, che da progetto si estenderà per 23mila metri quadrati, 144 metri di altezza e 28 piani, in gran parte dedicati agli uffici dell’azienda. Poco distante, c’è la porzione acquisita da Hines, multinazionale del settore immobiliare, che ha costruito due studentati gemelli per università private e pubbliche. Il resto è in gran parte proprietà di Coima, “piattaforma leader nell’investimento, sviluppo e gestione di patrimoni immobiliari per conto di investitori istituzionali”, tra le firme del distretto di Porta Nuova, delle residenze di Corso Como e degli alloggi del “Bosco verticale” che costano tra i 12mila e i 15mila euro al metro quadrato.
Per la riqualificazione dell’ex scalo ferroviario di Porta Romana, Coima ha stretto un accordo con il Consorzio cooperative lavoratori (Ccl), che dal 1974, attraverso 30 cooperative di abitazione sul territorio di Milano e provincia, realizza alloggi in proprietà e in affitto sia in edilizia libera sia a canone agevolato e sociale.
Sul piatto, la realizzazione di 225 appartamenti pari a circa 17mila metri quadrati in edilizia convenzionata ordinaria, immobili a prezzi vantaggiosi ma con alcuni vincoli per l’acquirente, come il tetto massimo per la vendita e la locazione. E altri 95 alloggi in edilizia residenziale pubblica, ossia popolare, che in totale occuperà cinquemila metri quadrati dello scalo. Secondo quanto riferito dal Consorzio, le unità in edilizia convenzionata ordinaria varranno in media 3.600 euro al metro quadrato -la metà rispetto al mercato libero attuale- e non potranno essere affittate a un prezzo superiore al 5% del loro valore d’acquisto. “Non mi piace il termine housing sociale, preferisco parlare di case abbordabili -spiega ad Altreconomia Alessandro Maggioni, presidente del consorzio-. È un prezzo molto conveniente per la zona, e dall’assegnazione di quegli alloggi riusciremo a estrarre le risorse per l’edilizia economica popolare, cioè le case per i poveri”. Queste “case per i poveri” avranno un costo medio di affitto pari a 25 euro al metro quadrato.
Ci sono cinque varchi per l’ingresso al cantiere, il secondo è quello con gli uffici di Coima, il quinto quello da cui si raggiunge la squadra rialzo. Nel mezzo, sette gru da quattro tonnellate ciascuna
Su tutti gli immobili in convenzione ordinaria, Coima, che diventerà socio del Ccl, ha un vincolo del 15%: è obbligata ad acquistare una trentina di abitazioni che gestirà come vuole. “Questo accordo non snatura il consorzio -continua- e la cooperativa non cambia la propria identità. Daremo gli appartamenti a 200 dei nostri soci”. La necessità di “illustrare” un’intesa del genere nasce dal fatto che il Ccl ha un concetto di sviluppo immobiliare opposto a quello di Coima. Nasce infatti sul modello delle cooperative edilizie di fine Ottocento ed evolve. È promosso dalle Acli milanesi, dalla Cisl Milano Metropoli ed è associato a Confcooperative habitat. Fare un patto con chi costruisce nei distretti più costosi della città può lasciare spiazzati. “La collaborazione nasce dalla visione di Manfredi Catella, fondatore e amministratore delegato di Coima -dice Maggioni-. Noi del Ccl ci siamo confrontati a lungo su questa opportunità e abbiamo capito che non cambia una virgola del nostro essere cooperativa, è un adeguamento contemporaneo che ci consente di stare sulle grandi partite. L’alternativa era starne fuori”.
“Questo accordo non snatura il consorzio e la cooperativa non cambia la sua identità. Daremo gli appartamenti a 200 dei nostri soci” – Alessandro Maggioni
Di partite nello scalo se ne giocheranno più d’una. Oltre alla zona in cui sono al lavoro A2A, Hines e il Ccl, era rimasta invenduta una superficie di 190mila metri quadrati (circa 19 campi da calcio). Nel 2021, il Fondo di investimento Porta Romana -formato dalle società Coima, Covivio, azienda francese con patrimonio immobiliare in diverse città europee e Prada Holding, che investe nella gestione di spazi urbani- l’ha acquistata da Ferrovie dello Stato per 180 milioni di euro. Obiettivo a breve termine: costruire il villaggio olimpico. Poi lo studentato e un parco con una passerella che dovrebbe attraversare tutta l’area dello scalo. Ma per i servizi di interesse pubblico i tempi e i costi sono ancora da valutare: “Prima le Olimpiadi, il resto dopo il 2026”, risponde Coima ad Altreconomia. I lavori di scavo e bonifica sono iniziati già due anni fa ma tre facciate dell’edificato preesistente sono rimaste dove erano: si tratta delle parti frontali della squadra rialzo, dove venivano rialzati i treni per consentirne la riparazione. Ora segnano in modo caratteristico il cantiere e il futuro villaggio degli atleti. “Erano i fronti di una sorta di officina meccanica ma entro luglio del 2025 saranno quelle della mensa e delle aree comuni”, afferma l’ingegnere capo di Coima durante una visita all’area in costruzione. Ci sono cinque varchi per l’ingresso al cantiere, il secondo è quello con gli uffici di Coima, il quinto quello da cui si raggiunge la squadra rialzo. Nel mezzo, sette gru da quattro tonnellate ciascuna. Per l’inizio delle Olimpiadi invernali il progetto prevede oltre alla mensa e alle aree comuni, anche la costruzione di sei edifici identici alti sette piani, dove ci saranno gli appartamenti per 1.400 atleti. “La costruzione parte dai pilastri uniti trasversalmente da travi e solai. Poi si posizionano i bagni prefabbricati, completi anche di specchio, e solo dopo si va avanti con il piano successivo”, continua l’ingegnere indicando i primi pilastri posizionati.
Prima di tornare per le strade cittadine, le lente betoniere passano in uno spazio adibito al lavaggio delle ruote dalla sabbia: “Uno degli accorgimenti per ridurre al minimo l’impatto del cantiere”. Poi c’è la scelta dei materiali. “Abbiamo selezionato i migliori per riciclabilità, riuso, e riduzione delle emissioni -dice Stefano Corbella, responsabile sostenibilità di Coima-. Il legno è uno di questi, ma alcune tecnologie come il calcestruzzo sono ancora insostituibili”. Il villaggio olimpico viene proposto pubblicamente dai costruttori come il primo nel suo genere con i più alti standard di sostenibilità ambientale, sociale e di gestione. Il 30% dell’energia di cui avrà bisogno sarà prodotta da pannelli solari. Tuttavia, secondo l’ultimo report delle Nazioni Unite sull’edilizia (Buildings-Gsr), il settore delle costruzioni non è affatto sulla buona strada per raggiungere la decarbonizzazione entro il 2050. Nonostante gli investimenti in efficienza energetica siano cresciuti -nel 2021 del 16% rispetto all’anno precedente- questo incremento non è bastato a compensare le emissioni derivanti dall’aumento del numero di edifici. Come si legge nel rapporto dell’Onu, la maggior quantità di immobili ha superato gli sforzi per l’efficienza e nel 2021 le emissioni di gas climalteranti del settore hanno oltrepassato di circa il 5% quelle dell’anno precedente.
Il 70% degli operai che lavorano nel cantiere dell’ex scalo di Porta Romana è di origine straniera
Davanti a uno degli ingressi del cantiere, intanto, una decina di operai sta per andare in pausa pranzo. Qualcuno si siede all’ombra di un albero sul marciapiede di fronte al varco, appoggia la bottiglia d’acqua e scarta un panino. Il 70% è straniero, come nella maggior parte dei cantieri milanesi. Lavorano a temperature elevate. Secondo Copernicus, iniziativa dell’Agenzia spaziale europea e della Commissione europea che studia il Pianeta e l’ambiente, nel mese di luglio è stato registrato il giorno con la temperatura media globale più calda e la settimana più torrida. Anche per queste evidenze dal 2017 l’Inps incoraggia i datori di lavoro a creare i presupposti perché i dipendenti possano lavorare in condizioni dignitose e sopportabili anche quando fa caldo. Qualora queste misure non bastassero a garantire la sicurezza, l’azienda potrebbe richiedere la cassa integrazione ordinaria. Sul cantiere del villaggio olimpico c’è però un problema di esternalizzazione dei lavori: Coima ricopre il ruolo di committente e non ha quindi rapporti diretti con le maestranze delle imprese a cui ha appaltato le opere. È questa filiera di aziende in subappalto a dover chiedere la cassa integrazione per gli operai. L’altro problema è quello dei tempi stretti e improrogabili delle grandi manifestazioni sportive. Il villaggio dovrà necessariamente essere consegnato alla Fondazione Milano Cortina 2026 entro luglio 2025. Tra meno di due anni. Non c’è possibilità di ritardare i lavori.
Il prezzo medio di un posto letto all’interno degli studentati che prenderanno il posto del villaggio olimpico è di 900 euro al mese. La tariffa “agevolata” sarà di 600 euro al mese
Finiti i Giochi, come detto, il villaggio diventerà uno studentato con circa 1.700 posti letto. A quel punto, l’ex scalo ferroviario avrà un aspetto completamente diverso. “È un bene”, dice Dorando Giannasi, proprietario dello storico chiosco di pollo fritto e polenta di piazza Buozzi. Tra gli esercenti c’è anche chi pensa che la zona si svuoterà di residenti. “Negli ultimi anni i giovani hanno cambiato quartiere”, racconta la farmacista. Determinante è il costo delle case, che va dai cinque ai settemila euro al metro quadrato.
Finiti i Giochi il villaggio diventerà uno studentato con circa x1.700 posti letto. A quel punto l’ex scalo avrà un aspetto completamente diverso
“Ad abitare la zona non saranno che universitari, dato che anche gli appartamenti del villaggio olimpico saranno solo per studenti”, dice Mattia Cugini, assessore all’Urbanistica del Municipio 5, dove si trova lo scalo. Inevitabile, visto che anche se offrono posti letto, gli studentati rimangono esclusivi con un costo medio di 900 euro. Alcune stanze avranno una tariffa “agevolata” di 600 euro al mese, in linea con il mercato che già ora taglia fuori i meno abbienti. Da qui l’opposizione dell’Unione degli universitari (Udu). “Stiamo manifestando al Comune le nostre richieste: destinazione pubblica per gli alloggi legati a Milano-Cortina e precedenza a chi ha un Isee inferiore a 30mila euro. Abbiamo ricevuto un’apertura ma nessuna garanzia”, riferiscono dall’Udu. La paura, di studenti e residenti, è che alla lunga solo una ristretta élite potrà permettersi di viverci.
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