Diritti
TORNIAMO AGLI ANNI CINQUANTA?…
TORNIAMO AGLI ANNI CINQUANTA? Qui sotto c’è una lettera sottoscritta da un gruppo di agenti iscritti al Siulp, il maggiore sindacato della polizia di stato, e pubblicato dal Quotidiano di Calabria. Il testo è piuttosto allarmante. La filosofia ispiratrice ha…
TORNIAMO AGLI ANNI CINQUANTA? Qui sotto c’è una lettera sottoscritta da un gruppo di agenti iscritti al Siulp, il maggiore sindacato della polizia di stato, e pubblicato dal Quotidiano di Calabria. Il testo è piuttosto allarmante. La filosofia ispiratrice ha forti connotati autoritari e la parte ‘propositivi’ è veramente allarmante. Ai punti 1 e 3, in particolare, si rivendica una libertà d’azione, ossia di repressione diretta, che non sia sottoposto al vincolo dell’autorizzazione da parte della magistratura. La tragedia di Catania, in questo testo, viene usata per sostenere un passo indietro nella normativa e un ritorno a una concezione della polizia come apparato repressivo, che intrattiene relazioni preferenziali con il potere politico e in questa relazione lotta per avere il massimo di autonomia, senza i ‘vincoli’, i ‘lacci’, le ‘limitazioni’ che vengono dalle leggi e dal ruolo di garanzia attribuito alla magistratura. In questi giorni di discussione sugli stadi, dalle forze di polizia e dai politici che sostengono di tutelarne le esigenze, è venuta un’unica richiesta, come un disco rotto: dobbiamo avere più strumenti per difenderci. Tradotto significa: basta con tutti i vincoli normativi che ci impediscono di andare per le vie spicce. Sul piano culturale e politico, è un sostanziale ritorno alla condizione precedente la riforma (nel 1981) che smilitarizzò la polizia. la riforma, in realtà, è in larga misura disattesa, ma si muoveva nella giusta direzione, affermando l’idea di una polizia aperta alla società, con un forte radicamento democratico, in grado di superare la logica gerarchica e militare. Se pensiamo a Genova, la richiesta di procedere d’ufficio e inasprire le pene per i reati di resistenza e oltraggio è una vera provocazione: in quei le forze dell’ordine arrestarono decine e decine di persone sulla base di verbali d’arresti letteralmente fotocopiati, tutti falsi. La magistratura li ha tutti annullati e solo in alcuni casi ha avuto la voglia e il coraggio di imputare gli autori per falso e calunnia (è quanto accaduto, per esempio, con il caso del minorenne di Ostia fermato senza motivo e poi pestato a sangue: nel verbale si diceva che aveva lanciato pietre contro i poliziotti). La richiesta di applicare il principio della flagranza differita, che già di per sé è un attentato al buon senso oltre che alla costituzione, a tutte le fattispecie, e non solo agli stadi, ha un chiaro sapore ‘scelbiano’, e riporta per l’appunta agli anni Cinquanta, quando lo polizia era uno strumento nelle mani della clase politica al governo e non un apparato dello stato al servizio della democrazia e dei cittadini. Documenti come quello riprodotto qui sotto spaventano, perché arrivano in un clima guastato dal dibattito fascistoide seguito alla tragedia di Catania, e perché dà l’idea di quali sentimenti e di quali riferimenti culturali si nutra la vita quotidiana dentro i corpi di polizia. Una seria indagine sulle forze dell’ordine e un ampio programma di riforma democratica sono sempre più urgenti. Di seguito pubblichiamo la lettera aperta ai cittadini e le istituzioni a Esimi signori, un gruppo di appartenenti alla Polizia di Stato ritiene |