Diritti / Intervista
La consigliera comunale di Milano che si ribella agli attacchi islamofobi
Sumaya Abdel Qader siede a Palazzo Marino. Un quotidiano l’ha sbattuta in prima pagina associandola al fanatismo. “Non ho mai preso sul serio queste cose -racconta ad Altreconomia- cerco di ignorarle perché non ho tempo da perdere. Non mi piace atteggiarmi a vittima. Ora però la situazione è diversa”
“È spiacevole vedere nuovamente operazioni di sciacallaggio di questo tipo. Che vogliono solo aggiungere confusione alla confusione, alimentando una narrazione che ha come obiettivo quello di dimostrare che i musulmani sono pericolosi”. Sumaya Abdel Qader, sociologa, da circa un anno è consigliera comunale a Milano in quota Pd. Ed è proprio questa elezione (forte di circa mille preferenze raccolte in città) che sembra risultare indigesta ad alcuni quotidiani e a una fetta dello schieramento politico milanese che hanno fatto di Sumaya Abdel Qader bersaglio di periodici attacchi.
L’ultimo è arrivato dalle pagine del quotidiano “La Verità”, diretto da Maurizio Belpietro, che ha pubblicato una foto di Abdel Qader in prima pagina con il titolo “L’Islam radicale si è infiltrato in Comune a Milano con questa donna”. Un articolo che raccoglie le accuse lanciate già da diverso tempo contro Sumaya Abdel Qader, su tutte quella di essere una rappresentante dell’islam politico.
“Il messaggio che si vuole lanciare questa volta è particolarmente grave. Si rimarca il fatto che dei pericolosi musulmani siano entrati persino nelle istituzioni”, sottolinea Sumaya Abdel Qader che ha annunciato una querela nei confronti della testata diretta da Belpietro. “Come spesso è successo in passato, sono stata collegata all’islam politico. Ma, come ho già spiegato diverse volte, l’islam politico è la visione di chi vuole una società islamizzata. E questo non appartiene in nessun modo alla mia visione della società. Inoltre mi devono ancora dimostrare quali sarebbero gli estremisti con cui avrei a che fare”.
Come risponde a questi attacchi?
SAQ Non ho mai preso sul serio queste cose, cerco di ignorarle perché non ho tempo da perdere. Quando ho ravvisato gli estremi per una querela l’ho fatto, ma in silenzio. Non mi piace atteggiarmi a vittima. Ora però la situazione è diversa.
Perché?
SAQ Perché ci troviamo in un momento storico molto delicato. Affermare che c’è un’infiltrata in consiglio comunale è pericolosissimo. Per me e per i miei cari.
Lei ha tre figli, con loro parla di questi attacchi?
SAQ Con le mie figlie più grandi mi confronto spesso su questi temi, non voglio tenerle all’oscuro e ascolto quello che mi dicono. La cosa interessante è che loro sono incredule rispetto a questo sciacallaggio: il loro metro di paragone è l’ambiente che vivono a scuola, con i loro amici e compagni di sport. Non percepiscono paura né pericolo e vivono con grande naturalezza la pluralità: “La nostra generazione è diversa. Noi ci conosciamo e ci vogliamo bene”, mi dicono.
Come si agisce per disinnescare questa narrazione a senso unico?
SAQ Diverse comunità musulmane hanno moltiplicato le iniziative di coesione sociale. In occasione di questo Ramadan tantissime moschee hanno invitato al momento dell’iftar (la rottura del digiuno quotidiano, ndr) gli abitanti del quartiere, le associazioni e le istituzioni locali per promuovere il dialogo e la conoscenza reciproca. Poi c’è il caso di un imam di Milano che si è reso disponibile a parlare nelle scuole con i genitori di bambini musulmani per invitarli a non far digiunare i propri figli durante il Ramadan: purtroppo c’è un analfabetismo religioso molto diffuso.
Le cronache ci dicono che molti ragazzi finiscono con il dare retta a sirene pericolose e abbracciare l’estremismo. Chi sono questi giovani?
SAQ Sono ragazzi smarriti all’interno del loro contesto sociale, non hanno saldi valori di riferimento e al tempo stesso sono alla ricerca di risposte ai loro interrogativi. I messaggi più attraenti arrivano -purtroppo- proprio da questi estremisti che riescono a manipolarli facilmente e portarli verso un percorso di chiusura, ad auto-escludersi dalla società. E talvolta alla violenza.
Cosa sta facendo la comunità musulmana per evitare queste derive?
SAQ Per smorzare il messaggio di queste pericolose sirene, è essenziale intercettare i giovani e impegnarli in attività culturali e renderli soggetti attivi. Penso a quello che fanno i ragazzi dei “Giovani Musulmani”: fanno volontariato, donano il sangue, fanno mediazione culturale nelle scuole, collaborano con altre associazioni, religiose e non, per la promozione del dialogo. Sono tante le attività promosse da questi ragazzi, di cui però si parla poco.
Altro tema “caldo” quando si parla di islam sono i diritti delle donne. Lei è tra le promotrici del “Progetto Aisha” contro le violenze di genere. Può tracciare un bilancio?
SAQ Sta andando bene. Siamo riuscite a contattare alcune donne che portavano il velo integrale e abbiamo spiegato loro che questo non è indispensabile per essere una buona musulmana. Si sono convinte a toglierlo. Inoltre abbiamo iniziato ad avviare esperimenti di attività lavorativa con donne vittime di violenza domestica per renderle autonome.
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