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Sulle “contraddizioni etiche”. Un problema o un’opportunità per la finanza etica?

© Tomas Petz - Unsplash

La gestione dei conflitti all’interno di una finanza sostenibile è un processo complesso che va strutturato e messo alla prova, evitando la purezza di chi vuole “ritirarsi in cima a un monte” e tenendo in considerazione l’inevitabile necessità di “contaminarsi” con un mercato che si vuole trasformare. L’intervento di Ugo Biggeri, già presidente di Banca Etica, a tema “banche armate” ed Etica Sgr

Etica Sgr, la società di fondi di investimento del gruppo Banca Etica, da anni non investe in Google (Alphabet) e nelle principali Big tech dei mercati statunitensi. La decisione non dipende dai criteri di esclusione ma dall’analisi di impatto sociale, ambientale e di governance che sono validate dal comitato etico. La scelta dei fornitori nel gruppo Banca Etica passa attraverso un processo simile: criteri di esclusione e di analisi Esg (Environmental, social and corporate governance). 

Eppure, qualche anno fa (ero presidente), su proposta dell’allora direttore generale, Banca Etica lasciò il sistema di posta elettronica di un’impresa relativamente piccola per passare a Google. Quindi le motivazioni per il cambiamento erano state ritenute valide. Ma la contraddizione etica è evidente: comprare servizi di una società in cui non voglio investire.  

Come si gestisce un dilemma etico? È un processo complesso che va strutturato e messo alla prova. Spesso le decisioni che si possono prendere sono diverse e non gestibili con una mera classifica. Dipende dal processo scelto. La gestione professionale delle questioni etiche potrebbe essere definita come uno degli elementi caratterizzanti la finanza etica. Infatti alla base della nascita di Banca Etica c’è una precisa scelta “fondativa” di contaminazione con un mercato che si intende cambiare.  

Quindi poche linee rosse e molta palestra di gestione dei dilemmi etici, altrimenti tanto valeva puntare alla purezza “ritirandosi in cima al monte”: una scelta di intransigenza apprezzabile e generatrice di idee e proposte ma che generalmente non riesce a dare risposte ai cittadini che hanno bisogno di soluzioni pratiche a problemi concreti. 

Avendo bene a mente questa scelta di fondo nella nascita di Banca “popolare” Etica, diventa evidente che le questioni etiche non sono in sé un problema ma un’opportunità per fare una finanza etica alla portata di tutti, popolare e generatrice di cambiamento culturale. 

La stessa nascita di Etica Sgr è radicata in quest’approccio: dà risposte di finanza etica “solo” a quei cittadini che sono interessati a usare fondi di investimento; ma nel fare ciò apre la strada a riflessioni, pratiche, campagne di pressione e contaminazioni che interessano a chiunque vorrebbe cambiare la finanza. Per gestire professionalmente le questioni etiche ci sono dei passi da fare tutto sommato semplici da capire, meno da praticare.  

La prima cosa da fare è chiarire accuratamente il principio che si vuole rispettare. Le dichiarazioni granitiche e generiche sono paralizzanti. Per fare un esempio, un principio che escluda categoricamente l’uso di combustibili fossili da parte di un’organizzazione “in qualunque sua attività, collaborazione o rapporto di fornitura” potrebbe determinare il blocco di qualunque attività in qualunque campo, visto il contesto energetico in cui ci troviamo a livello mondiale. Se lo stesso principio viene invece formulato come l’obiettivo di “essere neutrali dal punto di vista delle emissioni climalteranti”, lascia maggior spazio di manovra, pur ponendosi un obiettivo molto ambizioso. 

Il secondo passo è capire se si tratta di una questione etica diretta o indiretta. È diretta se riguarda l’attività tipica e sotto propria responsabilità; è invece indiretta se riguarda fornitori, collaboratori o soci nelle loro altre attività non oggetto dell’attività diretta. Se la questione etica indiretta è chiara “prima” di scegliere un fornitore, si possono valutare le alternative che diano un servizio adeguato a quello che si vuol fare, in linea con il principio stabilito. Se il rapporto è già attivo la rimozione della questione non dipende da scelte di gestione proprie, ma di altri e può essere ostacolata da contratti e norme. 

Poi è bene pesare le questioni rispetto a quello che succede nel mercato tradizionale e rispetto alle altre positività che per contro sono generate dall’attività realizzata. A fronte di una contraddizione che altri risultati ottengo? Rispetto a come il mercato si sta muovendo si fa comunque un passo avanti? Quanti investimenti sottraggo al settore controverso? 

Un quarto passo fondamentale è chiarire la rilevanza dell’attività negativa rispetto all’attivo del conto economico della realtà oggetto di analisi. La coerenza va ricercata soprattutto nelle attività che impegnano maggiormente l’impresa, sia in termini di risorse umane sia di poste del conto economico. Una banca che ponga in atto serie attenzioni sull’impatto ambientale dei propri uffici, ma non abbia policy ambientali sul modo di erogare il credito, ha una incoerenza enorme dato che l’attività principale della banca è l’erogazione del credito e non certo la conduzione di uffici. Per contro sarà di entità decisamente minore (e comunque sanabile) l’incoerenza di una banca con una seria policy ambientale sui criteri di erogazione del credito che usa auto a benzina per i propri spostamenti, dato che questi rappresentano una piccola frazione delle proprie attività. 

Infine, soprattutto per le questioni indirette, si possono mettere in atto azioni per far cambiare la situazione. Ad esempio, sul tema armi, chiedendo policy per escludere le armi controverse, spingere perché tutte le banche simili a Banca Etica nel mondo prendano impegni per la pace e per non finanziare le armi, fare azionariato critico verso i produttori di armamenti o supportando il Trattato internazionale per l’abolizione delle armi nucleari.  

Se questi passi sono stati fatti, se ai passaggi ha partecipato il corpo sociale e un comitato etico, la scelta attuata evidentemente è ben ponderata. Ovviamente è sempre possibile che alcune persone non si ritrovino nelle scelte fatte: i dilemmi non hanno un’unica soluzione. Se il dibattito non disconosce i processi fatti è sano, perché stimola a esplorare passi ulteriori. Le sensibilità dei clienti, dei soci e dei lavoratori della società finanziaria possono essere divergenti e devono in qualche modo essere pesate, non sull’emotività, ma su criteri razionali.

In altre parole, più che sui rapporti di forza si dovrebbe ragionare sulle differenti visioni rispetto ai valori, sui passi fatti per gestire le questioni etiche e quindi sulla modalità con cui generare il cambiamento. Cristallizzare interessi o minoranze su divergenze di visione o di obiettivi può addirittura far accrescere i problemi, guardando la pagliuzza nell’occhio senza vedere la trave nel sistema. Paradossalmente può essere un supporto al mercato che si disinteressa o addirittura cavalca quella incoerenza: si pensi allo stato drammatico sul tema “riarmo”, con addirittura l’inserimento armi nucleari nei prodotti di finanza sostenibile da parte di importanti operatori. 

La denuncia pubblica verso operatori finanziari che operano scelte diverse da quelle della finanza etica è un’importante attività per Ong o attivisti e serve anche a sensibilizzare l’opinione pubblica, ad esempio, sull’importanza di compiere scelte anche individuali sull’uso del proprio denaro. Ma il mondo della finanza etica ha il dovere di gestire seriamente i dilemmi etici che anche a esso si pongono e quindi di ingaggiare le banche a essa vicine, come quelle socie di Etica Sgr, per dare un approccio più rigoroso e progressivo, ad esempio, sul tema del loro coinvolgimento nel settore militare.

È stato fatto questo, per esempio, con il modello di valutazione del coinvolgimento delle banche italiane con le imprese produttrici ed esportatrici di armamenti, “ZeroArmi”: dati oggettivi, ingaggio e confronto con tutte le banche, pubblicazione, proposte di miglioramento della posizione con concreti avanzamenti nell’ambito della trasparenza e delle policy. Anche verso le banche socie di Etica Sgr. Con cui non è stato rotto il filo del dialogo e della collaborazione. E avendo presente che quando esse collocano fondi etici ai loro clienti contribuiscono a espandere la finanza etica, sottraendo spazi alla finanza mainstream, in modo significativamente più importante rispetto ai ben più irrilevanti (rispetto ai loro conti economici) utili che ricevono. 

La gestione dei dilemmi etici è faticosa e complessa e farlo con la spada rischia di essere illusorio e generare più contraddizioni di quanti non ne risolva. Come scriveva Amos Oz per ben altri conflitti etici nel suo “Contro il fanatismo”, “il compromesso non è una mancanza di integrità, di dirittura morale”, è piuttosto “incontrare l’altro”, “mettersi nei panni di qualcun altro, in fondo non è solo un’esperienza etica, un grande atto d’umiltà, una buona direttiva politica”.

Cioè un modo per affrontare un problema insieme, non per convertire l’altro. Per essere agenti di cambiamento in un mondo che non è gestito con gli ideali che ispirano la finanza etica. 

Ugo Biggeri, economista, è specializzato nella finanza etica e sostenibile. È tra i fondatori di Banca Etica, di cui è stato anche presidente

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