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Sulla carne coltivata Coldiretti va all’assalto della scienza

Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, alla manifestazione organizzata di fronte alla sede dell'Efsa a Parma il 19 marzo 2025 © Facebook Coldiretti Lombardia

Il 19 marzo l’associazione ha manifestato a Parma di fronte alla sede dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Il tentativo è quello di paragonare il novel food ai farmaci. Ma è un errore (interessato) perché questi ultimi tutelano meno la salute del consumatore. Un gruppo di ricercatori denuncia il “tentativo preoccupante di delegittimare il lavoro della comunità scientifica indipendente e il quadro normativo europeo sui nuovi alimenti”

Il 19 marzo a Parma circa ventimila agricoltori avrebbero marciato, secondo Coldiretti, che ha organizzato la mobilitazione, fino alla sede dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che ha sede nella città emiliana. L’obiettivo dell’associazione era -come spiega un comunicato– “difendere la salute degli italiani”, in particolare per quanto riguarda le richieste di autorizzazione dei novel food, tra cui c’è anche la carne coltivata, da tempo nel mirino di Coldiretti. 

Secondo l’associazione, questi “non possono essere trattati come semplici nuovi alimenti, ma devono seguire lo stesso iter dei farmaci”. Un gruppo di ricercatori, in una risposta indirizzata anche ai ministri dell’Agricoltura e della Salute, ha però definito la manifestazione “un tentativo preoccupante di delegittimare il lavoro della comunità scientifica indipendente e il quadro normativo europeo sui nuovi alimenti”. Tra i firmatari c’è anche Michele Antonio Fino, professore di Diritto romano e fondamenti del diritto europeo all’Università degli Studi di Scienze gastronomiche di Pollenzo.

Fino, che cosa c’è di sbagliato nella posizione di Coldiretti in merito al ruolo di Efsa?
MAF L’obiettivo dell’appello è recuperare razionalità, perché abbiamo argomentato in modo scientificamente approfondito in uno studio di cui sono primo firmatario pubblicato dalla rivista scientifica One Earth a dicembre 2024 (“Carne coltivata oltre i divieti: dieci osservazioni del caso italiano verso un processo decisionale ragionato”, disponibile in libera consultazione), i motivi per cui la carne coltivata, a differenza di quanto ritiene Coldiretti, non vada valutata come un farmaco. Abbiamo argomentato, superando il vaglio di un doppio referee internazionale, che ai consumatori interessa che la carne coltivata come ogni novel food sia valutato come un alimento, perché paradossalmente un farmaco può avere effetti collaterali ed essere immesso lo stesso sul mercato, mentre un alimento se presenta effetti collaterali o se non c’è abbastanza sicurezza sugli impatti sulla salute nel lungo termine viene respinto. Oggi vendiamo Tachipirina senza ricetta anche se può causare severi danni al fegato se sovradosata perché la febbre alta comporta rischi maggiori, mentre sui novel food siamo e dobbiamo essere molto più rigorosi. Salumi e alcolici, oggi, non verrebbero autorizzati in Europa, se fossero novità da immettere per la prima volta in commercio. 

Lei ha criticato anche la scelta di manifestare a Parma, fino alla sede dell’Autorità. Perché?
MAF Come giurista, in un Paese democratico, non vedo giustificazioni per andare a protestare sotto un’istituzione scientifica. Se Coldiretti fosse scesa davanti al Parlamento o a Palazzo Chigi per protestare e chiedere che la carne coltivata sia equiparata ai farmaci, lo accetto, ma nel momento in cui lo fa davanti all’Efsa esercita, a mio avviso, una intimidazione davanti a un ente di ricerca che non è politico. E come se domani potessimo manifestare contro Treccani (istituzione il cui presidente è nominato dal presidente della Repubblica, ndr) perché ha sdoganato l’uso del termine “assessora”, che a noi non piace. La cultura e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento, dice la Costituzione. Ma io non sono libero di fare il mio, mentre tu mi guardi male. La protesta la muovi davanti alla politica, non contro chi si occupa di studiare e validare i paper scientifici. E un giurista ha il dovere di dirlo: il punto d’arrivo del corteo era totalmente sbagliato.

La comunità scientifica si rivolge ai ministri Lollobrigida e Schillaci, ma questo governo e Coldiretti sembrano fare coppia per promuovere un gastronazionalismo che trova linfa in facili slogan, come quelli visti in piazza a Parma (“Cibo dalle campagne non dai laboratori”, “I cittadini europei non sono cavie”, “Coltiviamo un futuro di pace”).
MAF Dal nostro punto di vista, questa manifestazione dimostra che Coldiretti ha deciso di fare il salto di qualità. Dato che la parte politica è completamente allineata all’associazione, e non viceversa, a noi sembra opportuno richiamare l’attenzione sul fatto che le istituzioni del Paese riacquistino un’autonomia di giudizio. Perché altrimenti va a danno di tutto il Paese. Faccio un esempio: il documento sulla base del quale è stata organizzata la marcia, pubblicato sul sito del ministero della Salute, è stato rilasciato a febbraio 2025 dal Tavolo tecnico interministeriale del ministro della Salute di concerto con il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Istituito nel gennaio dello scorso anno, prevede cinque membri afferenti ai ministeri e agli istituti di ricerca pubblici e cinque di nomina tecnico-politica, i cui nomi sono elencati nel decreto. Questi ultimi fanno tutti parte del comitato scientifico della Fondazione Aletheia, un “think tank che ha l’obiettivo di fare chiarezza sull’indissolubile legame che oggi unisce cibo e salute”. La fondazione ha sede a Roma allo stesso civico della sede nazionale di Coldiretti ed è diretta da Riccardo Fargione, che è anche il direttore del centro studi Divulga, affiliato a Coldiretti. Questo significa che l’associazione ha influenzato direttamente il documento sulla base del quale poi la stessa Coldiretti ha organizzato la manifestazione. Un documento lacunoso -come scriviamo nella nostra risposta- “sui metodi adottati, le argomentazioni e gli studi a sostegno di tale necessità”, cioè di quella di trattare i nuovi alimenti come farmaci.

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