Ambiente / Attualità
Sul lago di Occhito, uno specchio della crisi idrica (e sociale) del Sud Italia del 2024
La secca del più grande invaso del nostro Paese, con una capacità di 333 milioni di metri cubi, non va letta solo con sguardo antropocentrico. Lo sanno bene il cantastorie e poeta Antonio Mastrogiorgio e il fotografo Lello Muzio, che stanno portando avanti un lavoro di documentazione intitolato “Sete”. “È il simbolo della fuga, di un’emorragia umana in tutti i sensi”
Il lago di Occhito, al confine tra Molise e Puglia, è forse lo specchio più evidente della crisi idrica che nell’estate 2024 ha caratterizzato il Sud Italia: è, infatti, il più grande invaso del nostro Paese, con una capacità di 333 milioni di metri cubi, di cui ben 250 milioni utilizzabili e normalmente usati per l’irrigazione di buona parte del Tavoliere delle Puglie.
Quello che è definito “schema Fortore (Occhito)”, ovvero la diga sul fiume Fortere -che è uno dei maggiori fiumi dell’Italia meridionale, con la sua lunghezza 110 chilometri circa- che dà origine al lago, è parte del Distretto idrografico dell’Appennino meridionale, che secondo i dati più aggiornati dell’Osservatorio dell’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra) sullo stato di severità idrica presenta una condizione di severità “media tendente ad alta”.
In particolare, rispetto allo scorso anno mancano all’appello oltre 100 milioni di metri cubi d’acqua. Quelli ad oggi disponibili sono poco più di 41,23, contro i 149,29 del 2 settembre 2023. Ciò rileva “una sostanziale criticità”.
Antonio Mastrogiorgio vive a Pietracatella, uno dei Comuni molisani che affacciano sul lago, in provincia di Campobasso. È un cantastorie, un poeta. “Da un po’ di tempo racconto il territorio, lo faccio con stornelli, poesie, canzoni, in tutti i modi possibili. Racconto la parte più cruda e problematica, quella che ultimamente si tralascia, mettendo al centro i disagi personali, la materia umana”.
È a lui e al fotografo Lello Muzio che dobbiamo gli scatti pubblicati in questo articolo. “Dopo averlo incontrato ed esser diventati amici, ho immaginato di coinvolgere Lello in un lavoro di documentazione che si chiama ‘Sete’. Vedo nell’emergenza idrica, simboleggiata nel lago di Occhito, la metafora di tutte le altre crisi e mancanze che vive questo territorio e che comportano una sete che si traduce in bisogni non soddisfatti e anche all’uso e abuso di alcol che si fa. L’obiettivo è raccontare con fotografie e versi queste emergenze: il nostro non è un discorso prettamente idrico, ma mentre guardavo il lago lo leggevo veramente come simbolo della fuga, di un’emorragia umana in tutti i sensi. Questa secca è il simbolo di questi nostri paesi in secca sotto tanti punti di vista”.
Il lago di Occhito, gestito dal Consorzio di bonifica di Capitanata, non è semplicemente una riserva idrica. Diventa così importante non leggere la sua crisi solo con sguardo antropocentrico. Il sito è parte di una Zona speciale di conservazione (Zsc), denominata “Sorgenti e alta Valle del Fiume Fortore”.
Tanto le rive quanto il lago costituiscono l’habitat di numerosi specie mammiferi (come l’istrice, la martora, il quercino, la faina, la puzzola, il tasso, il lupo, la volpe), rettili (cervoni, saettoni, biacchi, vipere, bisce, natrici, lucertole, ramarri), insetti e farfalle, uccelli stanziali e migratori (nibbio bruno, nibbio reale, poiana, smeriglio, allocco, assiolo, civetta, nitticora, falaga, airoei, gallinella d’acqua, oca selvatica, avecette, cavalieri d’Italia, garzette e germano reale) e anfibi (rospi, granchi, gamberi, raganelle, salamandre, ululoni, tartarughe). Il lago ospita invece la trota, la tinca, il persico, l’arborella, l’anguilla, la carpa, il pesce gatto e sulle sue sponde è possibile rinvenire le tracce della presenza della lontra.
Eppure, non siamo abituati a chiederci che cosa comporti la crisi idrica per tutti queste piante e per gli altri esseri viventi.
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