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Interni / Reportage

“Sono stato direttore medico al Centro di accoglienza di Crotone. Che cosa ho visto”

© Michele Usuelli

Per due settimane il dottor Michele Usuelli, specialista in Pediatria e consigliere regionale in Lombardia, ha ricoperto l’incarico di direttore medico del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Crotone gestito dalla Croce Rossa. Lì le persone vengono trasferite dopo gli sbarchi. In quali condizioni? Il suo reportage

Nella peculiarità di essere un medico che sta facendo un’esperienza politica da consigliere regionale della Lombardia rivendico la specificità di cercare il più possibile di toccare con le mie mani ciò di cui mi occupo nelle aule della politica. Sui temi della cooperazione, immigrazione e accoglienza, in questi quasi cinque anni di mandato, ho dato disponibilità a diverse organizzazioni che non trovavano un medico a staccarmi dal Consiglio regionale, per periodi non superiori a un mese, ritenendo così di dare credibilità al mio mandato.

Ho gestito un reparto di Pediatria e neonatologia in Afghanistan, per due volte ho fatto il medico di bordo sulle navi di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, ho lavorato in un reparto Covid-19 e per due settimane (fino al 31 ottobre 2022, ndr) ho ricoperto l’incarico di direttore medico di un grande Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) a Crotone, gestito dalla Croce Rossa, uno di quei luoghi dove vengono trasferiti le persone migranti subito dopo lo sbarco, o dopo un breve soggiorno nei centri hotspot. Molte delle cose che qui riferisco le avevo lette. Ora le ho viste e toccate.

Dal punto di vista legale sono due i momenti decisivi per i migranti, gestiti dall’ufficio immigrazione della questura. Il primo è l’identificazione allo sbarco. La procedura dura circa dieci minuti, con la persona che manifesta per la prima volta la sua volontà di richiedere (o meno) protezione internazionale, quasi sempre senza avere alcuna nozione legale di ciò che questo comporti o precluda. Il secondo è l’inizio della pratica per l’ottenimento del modulo C3, la cui procedura dura circa un’ora; viene fatto in un secondo momento presso l’ufficio immigrazione della questura nei Cara. Nel documento C3 la persona in movimento conferma formalmente o smentisce la richiesta di protezione internazionale.

Una grave criticità sta nei tempi di consegna del modulo C3, che avviene dopo mesi dall’arrivo del migrante. Fino a quel momento egli non possiede nessun documento mentre una volta ottenuto il C3 la persona entra in possesso di un permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi che si rinnova automaticamente fino alla convocazione presso la commissione territoriale, la quale decide se e come accogliere la domanda di protezione internazionale. Nei Cara i maggiorenni possono uscire di giorno per poi rientrare la sera (i tantissimi minori non accompagnati sono invece confinati lì dentro). Senza C3, quando si esce, se fermati dalle forze dell’ordine, si può essere trattenuti fino al momento in cui se ne accerti lo status.

Decorsi due mesi dalla consegna del modulo C3 e contestuale permesso di soggiorno temporaneo è possibile per il migrante lavorare: la lentezza nella produzione della documentazione alimenta l’illegalità, il mercato nero e il caporalato, essendo un’urgenza indifferibile iniziare il prima possibile a ripagare il debito contratto per le ingentissime spese di viaggio nonché per il sostentamento dei propri familiari rimasti nel Paese di origine.

Un ragazzo afghano di 16 anni mi ha raccontato che il viaggio per lui è costato 12mila euro, percosse e sevizie incluse. Diversi Paesi di provenienza sono considerati dalle commissioni territoriali degni di un qualche tipo di protezione, a eccezione dei cosiddetti “Paesi sicuri” come ad esempio Marocco, Tunisia, Senegal, Ghana ed Egitto, con i quali sussistono accordi bilaterali con l’Italia che permettono il rimpatrio.

Per la procedura dell’ottenimento del C3 è necessaria una marca da bollo da 16 euro e una foto-tessera da cinque (spese non previste dal capitolato di appalto per i centri di accoglienza) che in genere secondo l’interpretazione normativa da parte delle prefetture sono a carico del migrante e quindi da sottrarre ai 2,5 euro al giorno dovuti. Sta ai singoli enti gestori dei Cara (come avviene a Crotone) contrattare con la prefettura la possibilità di utilizzare una voce del capitolato di spesa “varie ed eventuali” pari a 1,6 euro pro capite pro die per persona. Questi famigerati 2,5 euro al giorno, cui gli ospiti hanno diritto, in moltissimi centri, a discrezione delle prefetture, non vengono consegnati in contanti ma caricati su chiavette e che di conseguenza possono essere spesi solo in distributori di erogazione presenti nel campo. Non vi è quindi alcuna libertà da parte degli “ospiti” nell’accumulare le piccole somme di denaro o utilizzarle ad esempio per i loro spostamenti futuri, o nel caso di Crotone, per un biglietto di autobus, invece che camminare chilometri sulla statale 106 jonica.

© Michele Usuelli

Nel Cara di Crotone all’arrivo in struttura tutti gli ospiti ricevono un codice Stp (Straniero temporaneamente presente, che permette l’accesso ad alcuni servizi del sistema sanitario nazionale) con una procedura di invio e ricezione mail grazie alla collaborazione della agenzia sanitaria locale. L’ente gestore ha prodotto un software sociosanitario che si chiama “IMMIGRER”, il quale permette di caricare e visionare i dati anagrafici e le informazioni sociosanitarie della persona, con conseguente consegna della documentazione cartacea al migrante all’uscita dal Cara, ed inviabile digitalmente agli altri centri dove l’“ospite” verrà trasferito. Qualora un hotspot o un Cara non dovesse utilizzare simili strumenti, l’ospite arriverà al centro successivo senza alcuna informazione sociosanitaria e gli operatori dovranno cominciare da zero. Adottare un programma unico come “IMMIGRER” per tutti gli hotspot, Cara, Centri di accoglienza straordinaria (Cas) italiani sarebbe una rivoluzione in termini di efficienza.

Spesso gli ospiti provenienti da hotspot che quindi entrano a Crotone direttamente nel Cara non hanno con sé il kit di primo ingresso (comunque rimborsato all’hotspot di provenienza). Il responsabile del Cara è nelle condizioni di decidere se fornire un nuovo kit di ingresso, sapendo che non verrà rimborsato.

A Crotone è stata costruita una consolidata collaborazione con il servizio vulnerabilità della agenzia sanitaria locale, per ottenimento di ricette rosse e nei casi di urgenza relativa si concordano prestazioni fuori dalla prenotazione Cup. Se anche questa procedura fosse informatizzata, il poco staff sanitario potrebbe lavorare in infermeria invece che passare ora in coda. Oltre al servizio di ambulatorio medico è presente un servizio di astanteria con posti letto in infermeria per day hospital e degenza. In caso di emergenza si contatta il 118 con invio in pronto soccorso. Il responsabile medico ha un telefono di servizio su cui riceve chiamate da personale del Cara ed è presente uno zaino di emergenza. Gli aspetti organizzativi, positivi, che ho qui elencato, sono dovuti alla buona volontà dei singoli enti gestori, non specificati nei bandi di assegnazione, senza controlli da parte della prefettura. Ciò crea la classica situazione a macchia di leopardo all’italiana, che ho già riscontrato nei Cas della Lombardia: agli enti gestori che lavorano bene non bastano i soldi previsti dai bandi. Chi invece lavora male lucra moltissimo. Il monitoraggio delle attività, compito delle prefetture, che quei bandi assegnano, è praticamente nullo: chi lavora bene non è premiato, chi lavora male, sulla pelle delle persone, non riceve sanzione alcuna.

Da qualche settimana, secondo centro in Italia, al Cara di Crotone è presente l’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo (Easo) che si occupa del ricollocamento volontario. Alcuni Paesi, soprattutto Francia e Germania, accolgono volontariamente quote di migranti (dall’Africa subsahariana in prevalenza), anche se il punto di ingresso è l’Italia. Sempre Easo si occupa dell’implementazione del regolamento di Dublino per i ricongiungimenti familiari: se hai un parente regolare in un Paese dell’Ue puoi chiedere di raggiungerlo, anche se è l’Italia il Paese di primo ingresso. Coloro che non richiedono lo status di rifugiato e non intendono soggiornare in Italia, scappano dal Cara quotidianamente, cercando di raggiungere il Nord Europa.

Il centro di Crotone può ospitare fino a 641 persone e quindi rientra secondo i capitolati di spesa del ministero dell’Interno tra i centri di accoglienza più grandi che esistono sul territorio. Tutti i servizi e le dotazioni di organico sono previsti per quel numero di ospiti, mentre nei mesi estivi a causa di un’intensificazione degli sbarchi sono stati raggiunti dei picchi fino a 1.400 persone. I capitolati di spesa del ministero per i centri accoglienza datano 2021 e hanno leggermente migliorato quelli del 2019; ciò non di meno, le dotazioni previste permettono solo di tamponare l’emergenza, senza i presupposti per organizzare una decente prima accoglienza e relativa presa in carico delle persone accolte. Al netto poi delle ristrettezze di budget, l’ente gestore del campo, qui la Croce Rossa, ha responsabilità diretta solo di alcuni lotti: per esempio della gestione sociosanitaria, ma non della manutenzione o pulizia delle stanze dove sono ospitati i migranti. Spesso i bandi di assegnazione dei vari servizi nei Cara sono molto generici, favorendo vittorie al massimo ribasso (anche fino al 40%). Tale genericità del bando permette ai vincitori dell’appalto (dalle pulizie, alla manutenzione, etc.) di poter sostenere che quel servizio, anche minimo, non rientri e che quindi non sia dovuto.

A Crotone tra il 25 e il 30% degli ospiti del Cara sono minori non accompagnati (Msna), soggetti quindi a cui sarebbe dovuta maggiore tutela ma principali vittime dell’involuzione del sistema di accoglienza. I minori soli dovrebbero soggiornare al Cara non più di 48 ore; pertanto non è previsto nessun servizio o assistenza a loro dedicata e la grave insufficienza dei posti di seconda accoglienza per i minori fa sì che si finisca parcheggiati nei Cara anche per mesi senza la possibilità di uscire dal centro (a differenza degli adulti) e senza avere nulla da fare tutto il giorno, tranne la possibilità di frequentare per qualche ora la scuola di lingua italiana: servizio presente nel Cara solo per gli adulti. Alcune questure considerano Msna anche coloro che sono sbarcati con uno “zio” o un parente maggiorenne, ritenendo che la normativa non lo specifichi, aumentando il numero di minori non accompagnati e lacerando famiglie in cui ad esempio un padre aveva affidato al fratello il proprio figlio per il viaggio.

Il servizio di seconda accoglienza (Sai, l’ex Sprar abolito dal ministro dell’interno Salvini e non pienamente ripristinato) permetteva un accesso ai servizi di seconda accoglienza diffusi ai richiedenti asilo e comprendeva una serie di servizi volti all’integrazione e all’inserimento lavorativo, come ad esempio la possibilità di attivare tirocini formativi per le persone ospitate. Il destino dei migranti è quello di restare nei centri di prima accoglienza alle condizioni che abbiamo descritto mediamente per un anno della loro vita in attesa della formalizzazione della richiesta protezione mediante modello C3 e successivamente della convocazione presso la commissione territoriale di competenza. Cara e Cas rispondono agli stessi capitolati di spesa, per cui non vi è alcuna differenza nell’erogazione dei servizi. L’approccio nell’accoglienza dei richiedenti asilo fino all’ottenimento di una forma di protezione è di tipo emergenziale nonostante le elevate tempistiche necessarie all’espletamento delle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale o altre forme di protezione.

Se i minori necessitano di prestazioni sanitarie fuori dal centro, devono stare con un accompagnatore per tutto il tempo di degenza. La cosa crea dispendio di risorse umane e complica l’organizzazione dei turni di lavoro con staff già ridotto all’osso.

A Crotone le strutture di ufficio e mensa che erogano servizi sono in condizioni sufficientemente buone e pulite; gli spazi abitativi delle varie aree separate nel campo paiono invece terra di nessuno, mal progettati, con servizi igienici in comune, sporchi, non arredati, a causa di bandi di gara approssimativi per quanto riguarda il lotto sulla manutenzione e l’igienizzazione degli ambienti, quali non prevedono diversi interventi manutentivi. Molti moduli abitativi risultano inagibili (con assenza di porte e finestre o di climatizzazione), motivo per cui la capienza è stata ridotta a 641 posti a fronte dei 1.200 originari; tuttavia, i moduli inagibili vengono talvolta utilizzati dagli ospiti e diventano oggetto di degrado.

I prefabbricati che ho visto abitati sono arredati in maniera gravemente insufficiente (branda materasso, oppure solo materasso). I singoli moduli abitativi dove alloggiano le persone non prevedono l’igienizzazione da parte della ditta aggiudicataria per tale servizio; viene svolta soltanto nei moduli agibili non abitati prima della loro occupazione; tuttavia, il capitolato di spesa non prevede la consegna alle persone migranti ospitate di prodotti per l’igienizzazione ambientale che permetterebbero di provvedere in autonomia alla pulizia dei propri alloggi. Mancano del tutto gli educatori professionali e i mediatori culturali sono pochissimi e per pochissime ore, un totale di 42 ore settimanali. La mediazione linguistica è di fondamentale importanza per la presa in carico delle persone migranti accolte da parte dell’equipe multidisciplinare al fine di espletare le attività informative, ambulatoriali nonché i colloqui individuali con le varie figure professionali tenendo conto della moltitudine di varietà linguistiche parlate dalle persone migranti accolte. Inoltre lo schema di capitolato non prevede una copertura sanitaria h24, nemmeno infermieristica. Pertanto, nelle ore in cui non è presente il personale sanitario dell’ente gestore eventuali situazioni anche di lieve entità che potrebbero essere gestite all’interno del Cara vanno rimandate al servizio sanitario territoriale, cioè al Pronto soccorso.

Ci sarebbe così tanto da migliorare per considerarci un Paese civile; il rischio pare invece che nei prossimi cinque anni assisteremo a un ulteriore smantellamento dei servizi di accoglienza. Anche solo per questo motivo ho ritenuto importante venire a Crotone e mettere nero su bianco ciò che ho vissuto. C’è tanto di buono e tanto da migliorare. Un ulteriore smantellamento dei servizi sarebbe un’infamia inaccettabile, contro cui combattere.

Michele Usuelli è medico specialista in Pediatria e consigliere regionale della Lombardia

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