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Crisi climatica / Approfondimento

“Sì, c’è un legame tra riscaldamento globale ed eventi estremi”

© Eugene Triguba - Unsplash

Decenni di studi e ricerche condotti dalla comunità scientifica indicano che già si vedono i segni dell’intensificazione delle precipitazioni in molte parti del mondo, e su scala globale le piogge forti diventeranno più frequenti e più intense che nel recente passato. Evidenze da spiegare bene, con buona pace degli urlatori da talk show

La grande siccità dei primi mesi del 2023 e la successiva alluvione in Romagna ha portato alla ribalta dei media nazionali il legame tra il surriscaldamento globale e l’aumento della frequenza degli eventi estremi. Diverse trasmissioni televisive hanno, purtroppo, nuovamente dato ampi spazi all’antiscienza, in dibattiti popolati dai soliti opinionisti negazionisti spacciati per esperti (Franco Prodi e Alberto Prestininzi in prima fila). Ci siamo ormai stancati di commentare queste mortificanti parodie di giornalismo televisivo, o il diluvio di stupidaggini pubblicate su Il Foglio, Il Giornale, Libero e la Verità.

Riteniamo più utile ricordare come la scienza del clima abbia studiato in modo approfondito il legame tra l’aumento delle temperature e l’aumento dell’intensità e durata di ondate di calore, siccità o precipitazioni intense, arrivando a conclusione chiare. Prima di tutto va detto che gli scienziati studiano questo legame da diversi decenni.

Nel marzo del 2012 il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) ha pubblicato il Rapporto speciale proprio sul tema degli eventi estremi (Managing the risks of extreme events and disasters to advance climate change adaptation), una sintesi di più di 500 pagine della conoscenza scientifica di allora, con centinaia di riferimenti bibliografici a lavori pubblicati nel decennio precedente. In questo rapporto già si sottolineava che la variabilità climatica naturale e i cambiamenti climatici di origine antropogenica possono influenzare la frequenza, l’intensità, l’estensione spaziale e la durata di alcuni eventi meteo-climatici estremi.

Il Quinto rapporto di valutazione sul clima (Assessment report 5, AR5) del 2013-2014 e il Sesto rapporto Ipcc (AR6) sul clima hanno ulteriormente approfondito la conoscenza su questo tema. Nel Rapporto del primo gruppo di lavoro dell’AR6 è disponibile un intero capitolo, l’undicesimo, intitolato “Weather and climate extreme events in a changing climate”: 254 pagine, 29 figure, quasi duemila riferimenti bibliografici.  

Frontespizio del Rapporto speciale sugli eventi estremi pubblicato dall’Ipcc © Ipcc

Non sorprende che da questo imponente lavoro scientifico emerga un’evidenza chiara, di cui abbiamo già parlato (su Climalteranti, oltreché su Altreconomia, la categoria “eventi estremi” contiene 18 post, tra cui ad esempio questi cinque: La gestione dei rischi in un clima mutato -parte I (Carlo Cacciamani, febbraio 2013)La gestione dei rischi in un clima mutato parte II – cosa si può fare (Carlo Cacciamani, marzo 2013), In futuro precipitazioni più intense nella regione Euro-Mediterranea (Enrico Soccimarro, ottobre 2013), “Perché le precipitazioni saranno più intense nella regione Euro-Mediterranea (Enrico Soccimarro, ottobre 2013)Attribuire singoli eventi estremi al cambiamento climatico: complesso ma possibile (Gabriele Messori, giugno 2020)).

Nell’“Executive summary” del capitolo 11 dell’AR6, l’Ipcc-WG1 attribuisce una alta confidenza, se non la virtuale certezza, che con il riscaldamento globale aumenterà la frequenza e l’intensità delle precipitazioni più forti e più rare: “Le forti precipitazioni diventeranno generalmente più frequenti e più intense con un ulteriore riscaldamento globale. Con un riscaldamento globale di 4°C rispetto al periodo preindustriale, eventi di forti precipitazioni molto rari (ad esempio, con una frequenza di un evento ogni 10 o più anni) diventerebbero più frequenti e più intensi che nel recente passato, su scala globale (virtualmente certo) e in tutti i continenti e nelle regioni considerate dall’AR6.

L’aumento della frequenza e dell’intensità è estremamente probabile per la maggior parte dei continenti e molto probabile per la maggior parte delle regioni considerate dall’AR6. Su scala globale, l’intensificazione delle forti precipitazioni seguirà il tasso di aumento della quantità massima di umidità che l’atmosfera può trattenere quando si riscalda (confidenza alta), di circa il 7% per 1°C di riscaldamento globale. L’aumento della frequenza di eventi di forti precipitazioni sarà non lineare con un maggiore riscaldamento e sarà più elevato per eventi più rari (confidenza alta), con un probabile raddoppio e triplicazione della frequenza degli eventi con tempo di ritorno di 10 e 50 anni, rispettivamente, rispetto al recente passato, in uno scenario con 4°C di riscaldamento globale.

Gli aumenti dell’intensità delle precipitazioni estreme su scala regionale varieranno, a seconda dell’entità del riscaldamento regionale, dei cambiamenti nella circolazione atmosferica e delle dinamiche delle configurazioni meteorologiche che portano a forti precipitazioni (confidenza alta).

L’aumento previsto dell’intensità delle precipitazioni estreme si traduce in un aumento della frequenza e dell’entità delle inondazioni improvvise legate alle precipitazioni e alla tracimazione di acque superficiali (confidenza alta), poiché queste inondazioni derivano da un’intensità delle precipitazioni superiore alla capacità di sistemi di drenaggio naturali e artificiali” (pag. 1.518, capitolo 11).

I cambiamenti climatici diventano più gravi a ogni incremento del riscaldamento globale. Come temperature estreme, siccità, eventi di precipitazione intensa, copertura nevosa e cicloni tropicali cambiano a diversi livelli del riscaldamento globale rispetto alla fine del XIX secolo (1850-1900). Questa è l’attuale media del periodo 2011-2020. Ad esempio, oggi il giorno più caldo in un decennio è già +1.2°C più caldo rispetto al giorno più caldo in un decennio prima della rivoluzione industriale. Con 1.5°C di riscaldamento globale, sarebbe circa +1.9°C più caldo, con 2°C di riscaldamento globale sarebbe circa +2.6°C più caldo, e con 4°C di riscaldamento globale sarebbe circa +5.1°C più caldo.
Grafico adattato da Ipcc AR6 Working Group I Technical Summary – Infografica TS.1

Riguardo a quello che si è già verificato in conseguenza alla parte di riscaldamento globale che si è già verificata, l’Ipcc mostra come una tendenza già esiste a livello globale, ma non sia ancora un segnale chiaro e uniforme in tutte le zone del Pianeta: “La frequenza e l’intensità degli eventi di forti precipitazioni sono probabilmente aumentate su scala globale nella maggior parte delle regioni terrestri con una buona copertura osservativa. Le forti precipitazioni sono probabilmente aumentate su scala continentale in tre continenti: Nord America, Europa e Asia. Aumenti regionali della frequenza e/o dell’intensità delle forti precipitazioni sono stati osservati con una confidenza almeno media per quasi la metà delle regioni AR6. L’influenza umana, in particolare le emissioni di gas serra, è probabilmente il principale motore dell’intensificazione osservata su scala globale delle forti precipitazioni sulle regioni terrestri. È probabile che il cambiamento climatico indotto dall’uomo abbia contribuito all’intensificazione osservata delle forti precipitazioni su scala continentale in Nord America, Europa e Asia. In alcune regioni sono emerse prove di un’influenza umana sulle forti precipitazioni (confidenza alta)”. (pag. 1.518, Capitolo 11AR6-WG1)

Per quanto riguarda l’Italia, possiamo ricordare che già nella sintesi della conoscenza scientifica sui cambiamenti climatici presente nella Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Snac), approvata con decreto direttoriale n. 86 del 16 giugno 2015 dall’allora ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, si era evidenziato che “[…] le precipitazioni mostrano una variazione dei regimi, con un aumento degli eventi intensi, a dispetto della generale diminuzione dei valori medi stagionali” (pagina 23, Capitolo 3.2).

Maggiori informazioni si trovano nel Rapporto sullo stato delle conoscenze scientifiche su impatti, vulnerabilità ed adattamento ai cambiamenti climatici in Italia preparato per la stesura della Snac dove nella sezione “Frequenza e intensità delle precipitazioni” si può leggere: “Per comprendere se la diminuzione degli eventi di bassa intensità e l’aumento degli eventi più intensi sia il segnale di una tendenza delle precipitazioni italiane verso una più alta frequenza di eventi estremi, è stato analizzato anche l’andamento del numero di eventi che ricade in ciascuna categoria. I risultati indicano con chiarezza un trend negativo del numero di eventi di bassa intensità. È inoltre evidente un trend positivo nel numero di eventi intensi in alcune regioni del Nord, mentre al Centro e al Sud il numero di eventi piovosi mostra un trend negativo in tutte le categorie, anche se non sempre statisticamente significativo.  

In sintesi, nel periodo 1880-2002 l’andamento delle precipitazioni in Italia risulta caratterizzato da una diminuzione significativa del numero di eventi di bassa intensità e solo alcune regioni del Nord mostrano un aumento della frequenza degli eventi di forte intensità” (pagina 37).

Possiamo, inoltre, ricordare quanto scritto nell’analisi effettuata negli elaborati della proposta di Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climaticiAllegato III impatti e vulnerabilità settoriali, gli eventi estremi di precipitazione sembrano essere aumentati in tutta Italia: “Un’analisi di quaranta lunghe serie di pioggia giornaliera in Italia è stata condotta da Brunetti (2004) e Brunetti et al. (2000) su stazioni distribuite su tutto il territorio italiano. I risultati di tali analisi hanno messo in luce che vi è già un trend in atto con una diminuzione delle precipitazioni totali al sud mentre non sono emerse significative variazioni al nord. Gli eventi estremi di precipitazione sembrano essere aumentati in tutta Italia, in accordo quindi all’analisi estesa a tutto l’emisfero nord. Questo comportamento è più evidente nell’area settentrionale della penisola; mentre, per l’Italia meridionale, dove la diminuzione del numero di giorni piovosi è più sensibile, non si notano significative variazioni negli eventi più intensi”.

Riguardo il repentino passaggio da lunghe siccità a opposte intense precipitazioni, l’aumento nella variabilità degli eventi di precipitazione a livello globale è il focus di uno studio appena pubblicato, condotto da Xuezhi Tan e altri, pubblicato su Nature Communications. Questi eventi, chiamati “precipitation whiplash” colpo di frusta delle precipitazioni, si riferiscono ai repentini passaggi tra estremi di pioggia e siccità e possono causare gravi impatti sui sistemi naturali e umani. Lo studio mostra che entro la fine del XXI secolo, in uno scenario con elevatissime emissioni (RCP8,5) la frequenza di questi eventi potrebbe aumentare di 2,56 ± 0,16 volte rispetto al periodo 1979-2019, con transizioni sempre più rapide e intense tra i due estremi. Le regioni polari e monsoniche sono quelle che sperimentano gli aumenti più significativi. Le emissioni antropogeniche di gas serra sono identificate come il principale fattore che contribuisce a questi cambiamenti, mentre le emissioni di aerosol hanno un effetto opposto. Entro il 2079, l’emissione incontrollata di gas serra antropogenici potrebbe aumentare il rischio dell’aumento della variabilità nelle precipitazioni del 55 ± 4%, principalmente a causa dei cambiamenti nei modelli di circolazione atmosferica che favoriscono gli estremi di precipitazione. Questo studio fornisce ulteriori prove sugli impatti del cambiamento climatico sulle precipitazioni globali e sottolinea l’importanza di mitigare le emissioni di gas serra per ridurre gli effetti negativi sulle precipitazioni.

Naturalmente, è più difficile leggere, commentare e discutere i testi sopra riportati, con tutti i rimandi bibliografici e le descrizioni statistiche, che lasciarsi andare, sui giornali e in tv, a frasi a caso su “cicli”’, su “l’ambientalismo estremista che sa dire solo dei no”, su “gli scienziati non sanno cosa dicono”, su ”il clima è sempre cambiato”. Come Climalteranti confidiamo che, soprattutto in occasione di eventi tragici come quelli che hanno interessato l’Emilia-Romagna, si presti sempre più attenzione alla scienza del clima e all’inevitabile complessità della comunicazione del legame tra surriscaldamento globale ed eventi estremi, sfidando gli ascoltatori a capire e a comprendere. E che si abbandoni la ricerca dell’audience basata su urlatori che forniscono risposte semplici (e sbagliate) a problemi che nemmeno sono in grado di capire.

Stefano Caserini è docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Sex and the Climate” (peoplepub, 2022). Questo testo è di Stefano Caserini, Luca Lombroso, Gianluca Lentini e Giacomo Grassi, ed è stato pubblicato inizialmente su climalteranti.it.

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