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Servono paghe eque per alimentare consumi virtuosi

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Solo così è possibile permettere a tutti acquisti più sostenibili: è arrivato il momento di una grande “ri-partecipazione” delle risorse. La rubrica a cura di “Equo garantito”

Tratto da Altreconomia 267 — Febbraio 2024

Lo scorso settembre YouGov, azienda britannica specializzata in ricerche di mercato e analisi dei dati, ha svolto uno studio per indagare quanto, nel settore della moda, la sostenibilità sia cara a consumatori e consumatrici. La ricerca si è svolta in cinque Paesi, selezionati tra quelli più importanti per questo settore di consumo: Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti.

Il risultato non poteva essere più sorprendente: oltre la metà delle persone intervistate ha in mente un’idea di sostenibilità quando acquista, ma la maggior parte ha come primo criterio di scelta il prezzo. La cosa davvero incredibile è che qualcuno sia stato pagato per certificare che “l’acqua calda” sia effettivamente tale. Volendo fare un passo avanti e uno di lato ci siamo posti una domanda: perché commissionare uno studio, i cui esiti sono rivolti principalmente agli attori del settore moda, per dimostrare che la sostenibilità è importante, però è il prezzo quello che conta? Ci siamo dati una risposta magari tendenziosa, ma questo non ci preoccupa, dato che lo studio in questione lo è certamente, benché mascherato dietro l’oggettività statistica dei numeri.

Il messaggio contenuto nelle conclusioni della ricerca sembra, a nostro avviso, indicare nell’abbassamento dei prezzi l’unico modo per allargare la quota di mercato della moda sostenibile e agevolare le fasce di reddito medio-basse all’acquisto. Ma in che modo? Riducendo forse i costi pubblicitari (parliamo di grandi aziende) o contenendo i costi di trasporto? Su questo potremmo anche trovarci d’accordo. Oppure riducendo i salari di lavoratori e lavoratrici lungo tutta la filiera (dal campo di cotone al negozio sotto casa) o diminuendo le tutele ambientali? Abbiamo l’impressione che la direzione prescelta rischi di essere proprio questa.

In tanti anni di impegno e lavoro nel mondo del commercio equo e solidale e di attivismo con organizzazioni del settore, come la campagna Abiti Puliti (abitipuliti.org) abbiamo assistito a lenti miglioramenti delle condizioni di reddito e di lavoro in ambiti specifici, ma sappiamo che c’è ancora molto da fare per riconoscere a tante lavoratrici e lavoratori nel mondo le condizioni di dignità che spettano a ogni essere umano. Allo stesso modo, tante sono le misure che vanno ancora implementate o migliorate, secondo i principi racchiusi in una frase che è molto più di un semplice slogan “Riduci, riusa, ricicla”. Dunque no, la strada non può essere quella di risparmiare sui costi del lavoro e sulle tutele ambientali. Anzi, è l’esatto contrario. Da decenni assistiamo a una concentrazione verso l’alto della ricchezza, con enormi fortune che si accumulano nelle mani di pochi a scapito del benessere, materiale e immateriale, di tutti e tutte noi.

È davvero giunto il momento di un’inversione di tendenza, il momento di una reale redistribuzione delle risorse accaparrate oltremisura che vada a favore di chi lavora, perché una paga giusta non è solo quella che consente a una persona di sopravvivere, ma anche quella che permetterebbe scelte d’acquisto sostenibili, creando un circolo virtuoso che non pregiudichi persone e ambiente. Il nostro compito, come operatori del fair trade e assieme a coloro che si occupano di processi economici sociali e sostenibili, è quello di dar vita a una grande ri-partecipazione. Un movimento che spieghi a fondo le suddette dinamiche a consumatori, lavoratori e cittadini, che mostri come alternative praticabili già esistano e, infine, che possano creare una mobilitazione per orientare il futuro delle nostre economie e, in definitiva, delle nostre società.

Equo Garantito, Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale è l’associazione di categoria delle organizzazioni di Commercio Equo e Solidale italiane.

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