Diritti
Segregati “a fin di bene”
Il regolamento per i campi rom della capitale è arrivato, come si legge nell’articolo sotto, tratto dalle pagine di cronaca di Roma del quotidiano La Repubblica. Come sempre, se ne minimizza la natura illiberale, paragonandolo a un campeggio. La sorveglianza…
Il regolamento per i campi rom della capitale è arrivato, come si legge nell’articolo sotto, tratto dalle pagine di cronaca di Roma del quotidiano La Repubblica. Come sempre, se ne minimizza la natura illiberale, paragonandolo a un campeggio. La sorveglianza sarà 24 ore su 24, l’accesso possibile solo mostrando documenti e così via. Assessori e prefetto spiegano che tutto è naturalmente concepito per il bene di chi ci vivrà e per garantire la sicurezza di tutti.
Ma chi di noi acceterebbe di vivere così, sotto stretta sorveglianza, come un criminale condannato a una limitazione della propria libertà? E dove sono i progetti di inserimento abitativo delle famiglie relegate nei sette campi costruiti alla periferia di Roma?
Quest’operazione è un’aperta violazione dei diritti sanciti dalla Costituzione, ha un chiaro impianto discriminatorio e si poggia su due stereotipi: l’intrinseca pericolosità sociale di un gruppo umano (i rom); la natura nomade, inadatta alla "normale" vita civile, del medesimo gruppo. Sono due falsi che conducono ad autentiche aberrazioni.
In uno stato di diritto non possono esservi colpe o responsabilità collettive: se qualcuno commette un reato, chiunque sia, dev’ssere perseguito e giudicato per quello. Punto. La sua origine sociale, nazionale, religiosa non c’entrano nulla e tanto meno le persone che eventualmente appartengono al suo stesso gruppo umano.
Sul "nomadismo" si sono spesi – a quanto pare inutilmente – fiumi di parole: i "campi rom" non sono affatto la forma abitativa più congeniale a sinti, rom italiani, jugoslavi, romeni, albanesi e via elencando, ma luoghi di segregazione. Tutto il resto è inganno.
——————————-
Campi rom, ecco il regolamento
Il prefettoPecoraro: "Tesserini, recinti e controlli 24 ore su 24 »
GIOVANNA VITALE
CAMPI rom recintati e presidiati h24 da vigili urbani o guardie giurate, conl’aggiunta di telecamere e pattugliamenti delle forze dell’ordine all’esterno; tesserino corredato di fotografia e dati anagrafici da distribuire ai "residenti" che lo dovranno esibire all’ingresso; obbligo di rispettare precise norme di condotta che saranno stabilite dai comuni in un disciplinare intemo.
«Una sorta di regolamento di condomino dove ciascuna amministrazione potrà stabilire orari e doveri da rispettare», sorride il prefetto Giuseppe Pecoraro presentando la nuova disciplina dei "villaggi attrezzati per la comunità nomadi" firmata ieri e in vigore già da oggi su tutto il territorio laziale. Ventitré i milioni stanziati per attuarla, 10 dei quali erogati dal governo.
«Il regolamento è frutto di un intenso lavoro di squadra», spiegaPecoraro nella sua veste di commissario delegato all’emergenza rom: «Nessuno pensava che dopo un mese e mezzo si sarebbe arrivato a un documento condiviso», sottolinea riconoscendo gli sforzi degli assessori alle Politiche sociali di Comune, Provincia e Regione che, con le loro osservazioni, dopo quattro stesure, si sono infine trovati d’accordo sul testo definitivo.
Versione che però non ha convinto la rappresentante del Campidoglio, che ne ha invece rivendicato la paternità, sfiorando l’incidente diplomatico conl’inquilino di Palazzo Valentini: «Ringrazio il prefetto per aver accettato l’impianto proposto dall’amministrazione comunale, al quale in perfetta autonomia ha poi apposto piccole modifiche», ha precisato Sveva Belviso.
Subito rintuzzata dai colleghi: «Io non ho mai visto nessuna bozza del Comune, abbiamo sempre lavorato sugli atti inviati dal commissario di governo, con tanto di carta intestata», replica l’assessore provinciale Claudio Cecchini: «II prefetto, pur avendo i poteri per agire da solo, ha voluto coinvolgere gli enti locali. E noi, partendo da posizioni diverse, siamo riusciti ad arrivare a una sintesi condivisa».
Non una semplice scaramuccia: in ballo c’è la filosofia stessa del regolamento appena varato. Il modo di intendere la riorganizzazione come dei camping: anche lì, per entrare, c’è bisogno di farsiidentificare attraverso un tesserino e occorre rispettare delle regole di comportamento» incalza Cecchini.
«I villaggi attrezzati devono diventare luoghi che offrono opportunità di inserimento, non aree di segregazione». Concetto ribadito anche dall’assessore regionale Daniele Fichera; «Vogliamo contemperare due esigenze: garantire la sicurezza del territorio e condizioni dignitose per chi risiede nei campi».
Avranno diritto all’ammissione gli extracomunitari con permesso di soggiorno, italiani e comunitari con carta d’identità e ú in ogni caso ú tutti quelli in grado di dimostrare la permanenza in Italia da almeno dieci anni. Ad ogni nucleo familiare sarà assegnata una struttura abitativa o una piazzola dove parcheggiare la roulotte, oltre all’utilizzo di spazi e servizi comuni: in cambio, occorrerà pagare i relativi canoni di locazione e le utenze per luce, acqua e gas, oltre alla tariffa sui rifiuti.
Saranno esentate solo le famiglie svantaggiate, esclusivamente per tre mesi salvo proroga però: poi, evadere le bollette, costituirà "giusta causa" per larevocadell’autorizzazione ad abitare nel campo.
Rilasciata dal Dipartimento capitolino alle Politiche sociali, avrà una validità di due anni, prolungabile per altri due solo in casi eccezionali perché «l’assistenza non può diventare permanente», scandisce Pecoraro. «Il regolamento mira a superare l’emergenza nomadi, questi villaggi servono per iniziare un percorso di avviamento al lavoro, di scolarizzazione e vaccinazione dei bambini, sono un obiettivo temporaneo, unpassaggioche consenta a queste persone un futuro normale».
La gestione sarà a carico dei comuni che cureranno anche le iniziative tese all’integrazione. Per favorire la quale sarà istituito, in ciascuna realtà, un comitato di rappresentanza degli abitanti. Ma quanti saranno, complessivamente, icampi attrezzati a Roma? Il prefetto non si sbilancia.
«All’inizio si cercherà di utilizzare al massimo i sette campi autorizzati già esistenti» dice, «poi quelli abusivi che possono essere messi a norma», e solo alla fine si passerà all’esame di «nuove aree, che decideremo insieme. Ma conto molto sulla possibilità che altri comuni possano accogliere dei nuclei familiari».
Un punto sul quale però l’assessore Cecchini è perentorio: «Nei comuni della Provincia non ci sono aree e condizioni per creare campi nomadi».
(Repubblica Roma)