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Se Renzi rottama l’Italia

Tutti i pericoli contenuti negli articoli del decreto “Sblocca-Italia”, che dopo il voto al Senato del 5 novembre è stato convertito in legge. Un’analisi puntuale del provvedimento -definito "surreale" da Carlin Petrini, ed "eversivo" dall’ex vicepresidente della Corte Costituzionale Paolo Maddalena- al quale Altreconomia ha dedicato l’eBook  "Rottama Italia"

Tratto da Altreconomia 165 — Novembre 2014

Lo Sblocca-Italia è una minaccia per la democrazia e per il nostro futuro. I motivi sono molteplici, e qui possiamo citarne solo alcuni: incentiva e finanzia la realizzazione di infrastrutture pesanti (autostradali ma anche energetiche), porta all’estremo la deregulation in materia edilizia, fomenta la privatizzazione dei beni demaniali, scommette sui combustibili fossili, affossa i meccanismi di controllo istituiti dallo Stato nell’interesse pubblico.
I decreto approvato dal Consiglio dei ministri a fine agosto, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 settembre scorso, è stato convertito in legge la sera del 5 novembre, dopo il voto del Senato, e dopo che il governo ha posto due volta la fiducia (l’approvazione delle Camere doveva arrivare entro il 12 novembre).

Così, prima di ogni analisi del “Rottama Italia”, come l’abbiamo ribattezzato nell’eBook che potete scaricare su www.altreconomia.it/rottamaitalia, proviamo a vaticinare che cosa accadrà nelle prossime settimane. Seguendo l’invito di Paolo Maddalena -giudice costituzionale dal 2002 al 2011, già vice presidente della Consulta-, uno degli autori del libro di Altreconomia,  “dobbiamo organizzarci, riunire associazioni e comitati, e indire un referendum abrogativo”. Maddalena insiste su questo già da metà settembre, da quando ha letto il testo del decreto, consapevole che il presidente del Consiglio Matteo Renzi avrebbe usato ogni strumento a sua disposizione per “portare a casa” lo Sblocca-Italia, compresa -ovviamente- la “fiducia”.
È Massimo Bray, che per dieci mesi è stato ministro dei Beni culturali (durante il governo di Enrico Letta) e oggi è parlamentare del PD, a porre l’accento, nel suo intervento, ai limiti democratici dello Sblocca-Italia: “Siamo di fronte all’ennesimo intervento emergenziale, derogatorio ed eterogeneo con cui si bypassa il dibattito parlamentare. La mia convinzione è che se vogliamo realmente cambiare il Paese ingessato da una burocrazia che non risponde alle aspettative dei cittadini sia opportuno rivedere le procedure e le responsabilità. Ma sono convinto che occorra fare questo all’interno delle norme e non adottando come strumento di governo procedure d’urgenza”, che spesso sono state volano di corruzione.
Bray parla di una “erosione delle competenze parlamentari”, e di un governo come “dominus incontrastato della produzione normativa”.

Insieme al Parlamento, lo Sblocca-Italia contribuisce a delegittimare anche altre articolazioni dello Stato, a cominciare dalle Soprintendenze, da sempre nel mirino del premier. Nel suo intervento Salvatore Settis, archeologo e già direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, spiega in che modo lo Sblocca-Italia introduca un meccanismo radicale, “sperimentandolo (per cominciare) con la costruzione di nuove linee ferroviarie: l’Ad delle Ferrovie è Commissario straordinario unico, e ogni eventuale dissenso di una Soprintendenza può essere espresso solo aggiungendo ‘specifiche indicazioni necessarie ai fini dell’assenso’”, affermando “così implicitamente che qualsiasi progetto, pur con qualche aggiustamento, deve sempre e comunque passare”. S’introduce nell’ordinamento una sorta di dissenso-assenso, ma la possibilità di esprimerlo non viene riconosciuta nemmeno a tutti. Alle Regioni, ad esempio, è negata la possibilità di espletare le procedure di Valutazione d’impatto ambientale (Via) per le “istanze di ricerca, permessi di ricerca e concessioni di coltivazione [di idrocarburi]”, la cui competenza passa al ministero dell’Ambiente. “L’obiettivo è snellire il tempo delle autorizzazioni ed evitare impedimenti dai territori” scrive Pietro Dommarco in “Rottama Italia”, richiamando anche l’incostituzionalità delle “pacchetto energetico” dello Sblocca-Italia, che estromette gli enti locali dai processi decisionali. Con il rischio di effetti immediati: “Sono circa un centinaio i progetti in corso di valutazione ambientale, tra permessi di ricerca, concessioni e stoccaggi. Se dovessero andare tutti in porto […] sarebbe un salto dagli oltre 43mila chilometri quadrati interessati di terraferma a quasi 80mila chilometri quadrati”. Quattro volte la superficie cementificata dell’Italia, che oggi è pari a poco più di 22mila chilometri quadrati. Ha ragione, perciò, Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, quando scrive che “questo decreto Sblocca-Italia è così surreale e fuori dal tempo e dal luogo in cui ci troviamo a vivere, che è quasi impossibile scacciare il pensiero che a scriverlo non sia stato l’uomo della rottamazione (che però, siamo sicuri, lo ha battezzato), ma un manipolo di lobbisti disperati: quasi il risultato della clonazione del primo Tremonti, che favorì il pullulare dei capannoni oggi miseramente vuoti e abbandonati, ovunque”.
È sempre Petrini, però, a ricordarci che “c’è ancora una flebile speranza”, che è “di tutti quelli che credono strenuamente che un’altra idea di sviluppo sia possibile; è la speranza che questo modello conquisti l’intelligenza del premier e lo induca a riconsiderare quanto licenziato fin’ora”.

Con il libro “Rottama Italia” ci abbiamo provato, perché -come ha riassunto Tomaso Montanari, storico dell’arte dell’Università di Napoli e curatore del volume- vogliamo “un Paese che sappia distinguere tra cemento e futuro. E scelga il futuro. Vogliamo un Paese in cui chiamiamo sviluppo ciò che coincide con il bene di tutti, e non con l’interesse di pochi”. Un Paese informato, che non si lascia distrarre nemmeno quando il decreto tocca vette di comicità inarrivabile, spiegando che la realizzazione di una rete nazionale di inceneritori sarebbe un incentivo alla raccolta differenziata, e un intervento realizzato nell’interesse dei cittadini e della loro salute. Ma è davvero così, e allora non resta che immaginare questo “Rottama Italia” come “un manifesto di azione”, come scrive Pietro Raitano, direttore di Altreconomia, nell’introdurre il libro. Perché -specie in momenti come questo- “abbiamo bisogno di parole chiare, certe, non fumose. Di prese di posizioni nette, ragionate, ragionevoli. Radicalità, non incertezza, non mediazione, non annacquamento”. Solo così l’Italia si cambia davvero. —

 

 

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I pericoli dello Sblocca-Italia
Quarantacinque articoli eterogenei compongono il decreto approvato dal governo il 29 agosto ‘14, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 settembre. “Al netto” degli emendamenti, questi i contenuti più controversi del provvedimento che sarà convertito in legge entro il 12 novembre

Ogni articolo dello Sblocca-Italia rappresenta un potenziale rischio per il Paese. Al “Capo I, misure per la riapertura dei cantieri”, ad esempio, c’è l’articolo 1, che istituisce la figura di un Commissario straordinario per la implementazione di due progetti ferroviari (tra cui l’Av Napoli-Bari), derogando gli iter autorizzativi e i principi di controllo democratico. L’articolo 3, invece, stanzia 3,89 miliardi di euro -da qui al 2020, però- per riavviare “opere strategiche indifferibili”, infrastrutture pesanti, molte delle quali -però- andranno avanti per “lotti costruttivi”, restando così in attesa di nuovi -ulteriori- finanziamenti.
L’articolo 5, “Norme in materia di concessioni autostradali”, è il capolavoro del decreto, ed è già stato contestato da Banca d’Italia, Autorità dei trasporti, Autorità nazionale anticorruzione, Antitrust, che come un’unica voce hanno evidenziato l’insensatezza di una norma che permetterebbe agli attuali concessionari autostradali di fondersi per continuare a gestire le tratte senza mai passare per una gara, annichilendo -di fatto- ogni forma di concorrenza.
Le “Misure urgenti in materia ambientale e per la mitigazioni del dissesto idrogeologico”, agli articoli 7 e 8, tutto riguardano tranne che interventi per risolvere la fragilità del Paese, resa ancor più evidente in ottobre dall’alluvione che ha colpito Genova, Parma, Gavi e Arquata Scrivia nell’Alessandrino, e poi la Maremma. All’articolo 7, si prepara la strada alla (definitiva) privatizzazione delle società di gestione del servizio idrico integrato, nonostante il referendum del 2011, mentre l’ottavo viene utilizzato per “trattare” il tema della classificazione delle rocce di scavo, sensibile per il premier dato che ha bloccato la realizzazione del sotto-attraversamento ferroviario Av della città di Firenze, di cui era sindaco.
L’articolo 10 allarga ulteriormente il perimetro d’azione di Cassa depositi e prestiti (cui abbiamo dedicato il libro “La posta in gioco”), che dopo aver acquisito immobili in tutto il Paese potrà adesso trasformarli per gestire in proprio progetti turistici (mentre gli hotel dismessi, invece, con l’articolo 31, possono diventare “condhotel”, un neologismo che indica un cambio di destinazione d’uso, da turistico a residenziale). Con l’articolo 26 si spinge la “valorizzazione” del patrimonio demaniale. La formula è semplice: un Accordo di programma che diventa, in automatico, anche variante al piano urbanistico vigente. È questo lo spirito che permea tutto il “Capo V, misure per il rilancio dell’edilizia” -va dagli articoli 17-27- che cancella l’urbanistica e ogni idea di pianificazione.
Tra le “Misure urgenti in cambio ambientale” spicca l’articolo 35, che immagina di risolvere l’emergenza rifiuti costruendo una rete di inceneritori in tutto il Paese, ma anche i due dedicati alle bonifiche -33 e 34- sono fortemente avversati dalle comunità interessate. Il primo, in particolare, delegittima il Comune di Napoli e lascia (un’altra volta) a un commissario il potere di decidere il futuro di Bagnoli.
La ciliegina sullo Sblocca-Italia sono però gli articoli dedicati all’energia (quelli dal 36 al 38), che mentre il mondo cambia verso (nel 2013, la capacità complessiva di “energia aggiuntiva” sul globo proveniente da fonti rinnovabili ha superato quella dei combustibili fossili) punta ancora tutto su petrolio e gas. (l.m.)

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