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Rotta balcanica: dall’Italia un camion di aiuti umanitari per le persone in transito

Dopo oltre un mese di preparazione, domenica 13 dicembre è arrivato a Bihać, in Bosnia ed Erzegovina, nei magazzini della Croce Rossa internazionale un carico di beni per aiutare i migranti e la popolazione locale più bisognosa ad affrontare l’inverno. Un esempio di solidarietà internazionale. Il racconto di chi ha organizzato la spedizione per la rete Rivolti ai Balcani

Il carico di beni diretto a Bihać, in Bosnia ed Erzegovina, il 13 dicembre 2020

Dopo oltre un mese di preparazione e organizzazione, domenica 13 dicembre 2020 è arrivato a Bihać, in Bosnia ed Erzegovina, nei magazzini della Croce Rossa internazionale un importante carico di beni per aiutare le persone in transito lungo la rotta balcanica e anche la popolazione locale più bisognosa ad affrontare l’inverno rigido e freddissimo dei Balcani.
Un tir è riuscito ad arrivare nel Paese nonostante le difficoltà di movimento di persone e merci accresciute dall’emergenza sanitaria, con 25 pallet di vestiti, scarpe, giacconi, passamontagna, sacchi a pelo e tende. Si tratta di beni fondamentali per evitare assideramenti e malattie a chi a piedi tenta di entrare in Europa attraversando i confini degli Stati balcanici ed in particolare dalla Bosnia ed Erzegovina alla Croazia, alla Slovenia e in Italia, per poi cercare di raggiungere altri Paesi europei.

Più volte da questo giornale abbiamo cercato di squarciare il silenzio della maggioranza dei mezzi di informazione sul dramma della migrazione attraverso la rotta balcanica.
Rivolti ai Balcani, la rete nata nel 2019 e che raccoglie oltre 35 organizzazioni grandi e piccole che svolgono attività di solidarietà nei confronti dei migranti della rotta, ha documentato le violenze istituzionali e i respingimenti illegali lungo il “percorso”, in particolare con un dossier presentato a fine giugno di quest’anno a Milano.

La stessa Rete ha poi organizzato un importante momento di confronto e denuncia con un convegno a Trieste il 28 e 29 novembre scorsi, in cui sono intervenuti rappresentanti delle istituzioni europee, parlamentari europei e italiani, operatori giuridici e dell’informazione, con lo scopo principale di rimettere in primo piano i respingimenti illegali avvenuti e che continuano ad avvenire tra Italia e Slovenia dopo quelli più volte documentati e provati tra Slovenia e Croazia e soprattutto tra Croazia e Bosnia o Serbia con atti di violenza gratuita contro le persone.
Nel frattempo le associazioni non hanno mai smesso di cercare di portare solidarietà a chi, nonostante l’emergenza sanitaria, il lockdown e la difficoltà di movimento tra gli Stati e al loro interno, continua a portare supporto diretto e materiale alle persone, prima ancora che migranti.

È il caso di quanto fanno ogni giorno a Trieste, nei luoghi vicini alla stazione, associazioni come Linea d’Ombra e di chi rimane ostinatamente e tra enormi difficoltà nei Balcani a supportare sul campo i migranti come accade a Silvia Maraone, da anni coordinatrice a Bihać dei progetti dell’Istituto pace sviluppo e innovazione (Ipsia), Ong delle Acli. Maraone tiene sempre aggiornata la rete sull’evoluzione della situazione e da ultimo ha mandato terribili notizie sull’accoglienza e i campi profughi.

L’inverno è arrivato e ci sono 5mila-6mila persone in transito in Bosnia. La maggior parte al campo Blauji di Sarajevo e Usjivak. Circa 1.000 le persone che sono al Miral di Velika Kladuša. Al campo Borici, zona Bihać, è stata superata la capacità. Il campo di Lipa doveva chiudere a settembre perché non sono mai stati fatti gli allacciamenti dei servizi. In realtà proprio alla fine di settembre, quando hanno chiuso il campo di Bira a Bihać, hanno trasferito le persone al Lipa, che originariamente era stato aperto dal Comune di Bihać solo in ottica emergenziale Covid-19 e dove ora ci sono ben 1.400 persone.
È scandaloso che in Bosnia ed Erzegovina, dopo due anni e mezzo, ci sia ancora un’emergenza, nel senso di persone per le strade senza vestiti o scarpe e cibo, acqua.

Vista la drammaticità della situazione, alcune associazioni hanno deciso di muoversi subito. Il tempo non era molto ma era necessario far arrivare i beni prima di Natale. Dal torinese e dal loro referente (Gianfranco Crua) è arrivata la disponibilità di una rete di associazioni aggregatesi per il progetto Italia-Grecia “Torino per Moria”, di inviare a Bihać per far fronte all’emergenza il materiale rimasto, dopo una raccolta straordinaria di beni tra cittadini e associazioni, già mandati in gran parte a Lesbo, al campo di Moria, appunto. Così la rete di associazioni di Lecco che da tempo agisce per portare aiuti alle associazioni nei Balcani (Circolo Arci Spazio Condiviso di Calolziocorte, Mir Sada di Lecco e Qui Lecco Libera) hanno organizzato, con l’aiuto concreto di una ditta di spedizioni che da anni collabora con le associazioni di volontariato, il trasporto dei beni a Bihać. Con la collaborazione della Protezione civile del Comune di Druento (TO) nei cui magazzini erano stipati i beni, il carico di materiale ha iniziato il suo viaggio per la Bosnia dove è arrivato, dopo diverse difficoltà burocratiche e doganali, domenica 13 dicembre per essere poi immagazzinato nel deposito della Croce Rossa di Bihać. Quest’ultima, come sempre, ha dimostrato forte collaborazione e impegno nell’aiuto delle Ong che agiscono sul territorio bosniaco.

L’azione coordinata di associazioni piccole e grandi consentirà di poter fornire concretamente beni per le persone in transito e la popolazione locale più povera per fare fronte alla fame e al freddo. Un piccolo esempio di come, quando le realtà si mettono insieme, la solidarietà internazionale può diventare concreta.

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