Interni / Reportage
Roma mette mano al suo Piano regolatore. Un “grande patto” per continuare a cementificare

A sedici anni dall’approvazione, l’amministrazione Gualtieri sta modificando oltre la metà delle 113 norme tecniche del colossale Prg. Il Campidoglio promette “regole più semplici” che permetterebbero alla capitale di “tornare a correre”. Le associazioni e i comitati, però, sono critici: “Questo ‘grande patto’ consegnerà la città agli operatori privati”
La Roma del Giubileo investe sulla trasformazione edilizia e urbana della città. E, a sedici anni dall’approvazione, sta mettendo mano al suo colossale Piano regolatore generale (Prg) attraverso la modifica di oltre la metà delle 113 Norme tecniche attuative, ovvero, come spiegato dal Campidoglio, delle regole “che stabiliscono diritti e doveri della proprietà immobiliare”.
Un “grande patto” tra l’amministrazione e le forze sociali e imprenditoriali, la definizione del sindaco Roberto Gualtieri che, presentando la variante in Campidoglio, è stato affiancato, oltre che dall’assessore all’Urbanistica Maurizio Veloccia e da consiglieri di maggioranza e di opposizione, dalle sole organizzazioni di categoria dei costruttori (Acer) e delle piccole e medie imprese e industrie (Federlazio e Confapi). “Con gli uffici abbiamo fatto un grande lavoro”, le parole del presidente di Acer Antonio Ciucci. Un patto guidato non solo dalla necessità di un “aggiornamento normativo” ma anche dalla volontà di “semplificare” molte procedure per “garantire tempi certi” e “incentivare l’interesse degli investitori” mantenendo la “regia pubblica”. Uno dei “cardini” della riforma, come spiegato da Veloccia, è la “riqualificazione e la rigenerazione della città edificata” che poggia su un lungo elenco di incentivi alla proprietà immobiliare, che vanno dalla semplificazione delle procedure attuative all’introduzione del permesso di costruire convenzionato (che prevede un accordo tra amministrazione e privati, anche qui con procedure semplificate, introdotto con il cosiddetto decreto “Salva Italia” nel 2014), fino a premi di cubatura anche per facilitare interventi di demolizione e ricostruzione.
Dopo aver impegnato l’amministrazione per oltre due anni e mezzo senza aprire un vero dibattito pubblico con la cittadinanza, il risultato è riuscito a mettere d’accordo la “quasi maggioranza assoluta” dell’Assemblea capitolina che l’11 dicembre 2024 ha approvato le modifiche con 33 voti favorevoli, tra i quali quelli dell’opposizione di Forza Italia, Italia Viva e Noi Moderati, due soli contrari (M5S) e cinque astenuti (Fratelli d’Italia, Lega e Lista Calenda). A questa “quasi” unanimità si sono affiancate però le critiche di alcune associazioni cittadine che, oltre ad aver chiesto ai consiglieri un cambio di rotta su molte modifiche, hanno denunciato scarsa partecipazione su un testo che avrà effetti concreti in molti quartieri della Capitale.
“Un ‘piano dell’offerta’ che consegnerà la città agli operatori privati, con l’intero ventaglio di possibilità di intervento”, recita un passaggio dell’appello delle associazioni Roma Ricerca Roma e Ranuccio Bianchi Bandinelli, composte da studiosi delle questioni urbane, che prima del voto avevano chiesto al Consiglio di congelare la delibera nonostante l’approvazione di alcuni emendamenti considerati migliorativi del testo prodotto dalla Giunta nel giugno 2023. Dopo il voto l’iter sta proseguendo e dall’8 marzo al 7 aprile si apre una finestra durante la quale chiunque può presentare osservazioni che gli uffici dovranno vagliare per poi sottoporre di nuovo il testo al voto dell’Aula. Nel frattempo, il Campidoglio ha fatto sapere di aver aperto un confronto con la Soprintendenza di Roma che, con una nota, aveva evidenziato il suo “mancato coinvolgimento” con “conseguente vizio formale” chiedendo la “sospensione del procedimento e la costituzione di un tavolo tecnico-istituzionale”.
Intanto dalla Regione Lazio è arrivato il via libera per il Campidoglio a proseguire con la procedura semplificata prevista dalla legge regionale che nel 2022 ha trasferito parte delle competenze urbanistiche a Roma capitale. Con una nota protocollata il 4 marzo i tecnici regionali hanno ravvisato come “la pur rilevante estensione dell’azione di riforma sia stata coerentemente indirizzata al raggiungimento degli obiettivi già contenuti nel Prg vigente” e solo in caso di modifiche alle “caratteristiche essenziali” “in sede di controdeduzioni alle osservazioni” la variante dovrà tornare in Regione.
L’auspicio di forze politiche e imprenditoriali è unanime: fare presto, con la speranza di arrivare entro l’anno all’approvazione definitiva. Con un obiettivo, sintetizzato così dall’assessore Veloccia: “Ce la stiamo mettendo tutta per fare in modo che Roma torni a correre”.
Così, nelle periferie carenti di servizi e infrastrutture, che il Prg del 2008 puntava a recuperare con vasti piani di intervento pubblico-privato, mai del tutto decollati, si potrà procedere per parti e si potranno saltare passaggi burocratici che “incidevano su tempi e modalità di attuazione”, spiega il Campidoglio. Nel resto del tessuto urbano, ma “per precauzione” al di fuori della città storica, sarà più facile abbattere edifici e ricostruirli, che sia per migliorare l’efficientamento energetico o l’adeguamento sismico o sia dare nuove funzioni a stabili abbandonati, per i quali viene introdotto un articolo ad hoc per incentivare l’intervento dei proprietari. In questi casi, per esempio, si ottiene il 20% di cubatura in più, pari a un quinto del volume esistente. Per la ristrutturazione urbanistica, che interviene su aree più estese, si arriva al 30%.
E se mancano spazi per verde e servizi necessari a far fronte all’aumento di abitanti e pendolari si procederà con la “monetizzazione” del valore equivalente che verrà utilizzato per realizzare o mantenere opere pubbliche o altre infrastrutture sul territorio. “Si procederà caso per caso”, è la risposta di Veloccia alle critiche. I timori, però, restano: “La monetizzazione non è associata a criteri stringenti di recupero degli standard nelle aree di intervento e non è affiancata da alcun controllo sulle quantità già garantite rischiando di generare o acutizzare deficit di servizi”, commenta Alessandra Valentinelli, storica e urbanista, parte dell’associazione Roma Ricerca Roma.

Una preoccupazione condivisa anche da Barbara Pizzo, docente di Urbanistica all’Università La Sapienza e anche lei componente dell’associazione, che invita a concentrarsi sull’indirizzo complessivo della riforma: “Le nuove norme aprono a una serie di interventi puntuali con aumenti del carico urbanistico difficilmente prevedibili, e conseguenti difficoltà a capire gli effetti reali delle trasformazioni nei diversi contesti. Ci sono aree della città, appetibili dal punto di vista dei valori immobiliari, dove la richiesta di trasformazione è molto alta e altre dove questa pressione è inferiore. Prevedere la medesima possibilità di intervento per parti molto diverse di città, per alcune periferie consolidate già oggi carenti di servizi e verde potrebbe rivelarsi devastante”. Per Valentinelli “il quadro è ancor più preoccupante se si considerano altri due elementi: il mancato aggiornamento della Rete ecologica, che del Prg è un elaborato prescrittivo come le norme tecniche, perdendo così l’occasione di rafforzare la capacità della città di adattarsi ai cambiamenti climatici, e l’indebolimento della Carta per la qualità (dove sono iscritti elementi di pregio diffusi su tutto il territorio, ndr) con il parere vincolante della Sovrintendenza capitolina che diventa un silenzio assenso di 60 giorni”.
Le modifiche riguardano anche la città storica, compresi i quartieri medievali e rinascimentali. Tra i punti che più hanno attirato critiche c’è la possibilità di accorpare unità immobiliari collocate in palazzi diversi ma adiacenti, mantenendo intatte le facciate ma modificando l’interno. Sarà possibile procedere in questo modo per fini residenziali esclusi quelli ricettivi, per alberghi e strutture extra alberghiere (solo in edifici che non ospitano più del 30% di abitazioni), e per gli esercizi commerciali (esclusi bar e ristoranti che saranno normati da un apposito regolamento) che potranno raggiungere un’estensione di mille metri quadrati, a fronte dell’attuale tetto di 250. “Queste operazioni, in passato, sono già avvenute, penso per esempio alla Rinascente di via del Tritone. Finora, però, andavano discusse e votate in Assemblea capitolina con un’assunzione di responsabilità da parte degli amministratori. Con le nuove norme questa possibilità diventerà automatica”, commenta Anna Maria Bianchi, presidente dell’associazione Carteinregola, da anni impegnata in un’attività di analisi critica dell’urbanistica romana. Sempre nella città storica, fa sapere il Campidoglio, sono state eliminate le norme che limitano le dimensioni degli hotel a un massimo di 60 posti letto.
Dal canto suo l’amministrazione rivendica di aver riconosciuto un contributo straordinario per le trasformazioni immobiliari più rilevanti “per redistribuire alla città gli extra-profitti” e di aver creato le condizioni per porre un freno al proliferare degli affitti brevi. Una modifica, quest’ultima, effetto della pressione di una serie associazioni e comitati di quartiere, parte del Gruppo romano per la regolamentazione degli affitti Brevi (Grorab), movimenti e studiosi del disagio abitativo i quali hanno chiesto di modificare la prima versione del testo scritto dalla Giunta introducendo nella destinazione “residenziale” la sottocategoria “turistico-ricettiva”, che include bed and breakfast e case vacanza. Una modifica che renderà possibile limitare il numero di affitti in questa categoria, non solo nella città storica. Servirà, però, un regolamento i cui tempi di realizzazione ancora non si conoscono.
Un altro “cardine” della riforma, evidenziato dal Campidoglio con lo slogan “l’agro diventa inviolabile”, è lo stop alle edificazioni su suolo a destinazione agricola per ospitare le “compensazioni”, ovvero le cubature con cui i proprietari di terreni edificabili sono stati compensati, al posto di risarcimenti economici, per una parte di previsioni tagliate per sopraggiunti vincoli ambientali o paesaggistici nel passaggio dal vecchio al nuovo Prg. Un “annoso problema”, come l’ha definito Veloccia, del peso di 10,5 milioni di metri cubi tra quelli già realizzati e quelli ancora da far “atterrare” (tra procedimenti in itinere e quelli ancora da collocare, in base a dati del 2022, erano 7,5 milioni).
Per individuare le aree ed evitare contenziosi milionari, nel 2022 l’amministrazione Gualtieri ha emesso un bando in cui ha chiesto agli operatori privati terreni parzialmente edificati o non costruiti ma edificabili (non affrontando quindi la questione del consumo di suolo) prevedendo anche la possibilità di comprimere le cubature a fronte del cambio di destinazione d’uso. Sono passate 73 proposte per un totale di circa un milione di metri quadrati. Con l’obiettivo di governare la ricollocazione di queste cubature le nuove norme istituiscono anche il Registro dei crediti edilizi dove verranno iscritte non solo le compensazioni già accordate ma anche, per esempio, cubature derivanti dalla “eliminazione degli elementi di degrado”, da generici “interventi di miglioramento della qualità urbana, paesaggistica, architettonica e ambientale” o dalla “cessione gratuita di aree e/o edifici sottoposti a vincolo preordinato all’esproprio”. Per Giancarlo Storto, vicepresidente di Carteinregola, “questa novità perpetua nel tempo il disastroso meccanismo delle compensazioni estendendo il campo di applicazione”.
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