Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Diritti / Approfondimento

“Quasi mille migranti scomparsi sull’isola di Lesbo in un anno”. La denuncia di Msf

© Evgenia Chorou - Msf

Le condizioni di vita delle persone in “accoglienza” sull’isola greca sono in costante deterioramento. Registrati anche numerosi casi di violenze, presunti rapimenti e respingimenti, e privazioni di cibo e riparo. L’organizzazione rilancia l’allarme, segnalando “crudeli tattiche di dissuasione nel più grande campo della Grecia”

Sull’isola greca di Lesbo le persone migranti “scompaiono”. A partire dallo scorso giugno mancano infatti all’appello circa 940 persone che sarebbero sbarcate sull’isola ma di cui poi si sono perse le tracce. A denunciarlo è Medici senza frontiere (Msf) che a Lesbo, come in altri luoghi della Grecia insulare e continentale, fornisce supporto medico e psicologico, riparo, acqua, servizi igienici e di soccorso a rifugiati e migranti. L’organizzazione da tempo manifesta le sue preoccupazioni per il continuo deterioramento delle condizioni di vita delle persone “accolte” a Lesbo, dove sono state registrate violenze, privazioni di cibo e riparo, a cui nel tempo si sono aggiunte quelle per i presunti rapimenti e respingimenti di cui anche una recente inchiesta del New York Times ha dato conto con un video che ha ripreso un gruppo di richiedenti asilo, tra cui dei bambini, scendere da un furgone e salire su un’imbarcazione della Guardia costiera che li avrebbe poi abbandonati su un gommone in mezzo al mare.

I sospetti si sono rafforzati nel tempo: ogni volta che a Lesbo sbarcano delle persone che hanno bisogno di cure mediche, gli operatori di Msf e di altre organizzazioni attive sull’isola vengono allertati dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) e “da quando, nel giugno 2022, abbiamo cominciato a fornire assistenza medica d’emergenza alle persone che arrivano via mare a Lesbo, non siamo riusciti a trovare circa 940 persone nei luoghi che ci erano stati segnalati -spiega Nihal Osman, coordinatore del progetto di Msf a Lesbo-. Quando veniamo avvisati di persone appena arrivate che hanno urgente bisogno di assistenza medica, passiamo ore, a volte giorni, a cercarle perché spesso si nascondono nelle foreste. Le persone ci hanno raccontato di aver incontrato uomini mascherati che si spacciavano per medici per ottenere la loro fiducia o, come recentemente riportato nell’articolo del New York Times, addirittura per membri del nostro staff. Se questo venisse confermato, si tratterebbe di un’inaccettabile e grave manipolazione degli aiuti umanitari”.

A questo si aggiungono le testimonianze dei pazienti che hanno raccontato di essere stati intercettati in modo traumatico e respinti con la forza in mare durante i precedenti tentativi di raggiungere la Grecia e la stessa esperienza dello staff di Msf che in diverse occasioni ha visto nei dintorni dei luoghi degli interventi veicoli non identificati e senza targa, spesso guidati da individui con il volto coperto.

Questa circostanza del tutto allarmante, che prefigura violazioni gravissime dei diritti umani, va di pari passo con altre crudeli tattiche di dissuasione che vengono praticate nei centri di “accoglienza” dell’isola, Mavrovouni e Megala Therma. A Mavrovouni, uno dei diversi Centri chiusi ad accesso controllato (Ccac) finanziati dall’Unione europea, sono state fatte entrare fino a 2.700 persone nel 2023. I Ccac sono stati presentati come migliorativi delle condizioni di vita dei migranti ma sono stati progettati per limitare fortemente i movimenti delle persone e tenerle rinchiuse in strutture più simili a prigioni. Il 17 maggio le autorità greche hanno smesso di fornire cibo a persone riconosciute come rifugiati e a chi era stata negata la protezione internazionale, annunciando l’intenzione di sfrattarli. Inoltre, ai bambini appartenenti a famiglie a cui è stata negata la protezione internazionale, viene tolto il numero di previdenza sociale, rendendoli non idonei a ricevere le vaccinazioni di base, violando così i loro diritti. “È normale che siano aumentate le tensioni nel Centro -continua Osman di Msf-. I pazienti si lamentano delle umiliazioni subite stando in fila per ore per ricevere cibo le cui razioni sono state anche ridotte. Le autorità stanno usando il cibo come leva per costringere le persone a lasciare la struttura. Privare centinaia di persone dei loro diritti fondamentali, tra cui l’accesso al cibo e al riparo senza alternative, potrebbe avere gravi conseguenze sulla salute fisica e mentale delle persone”.

La situazione non è migliore nel campo di Megala Therma, sulla costa settentrionale di Lesbo, dove Msf fornisce assistenza sanitaria dal 2020. Precedentemente adibito a centro governativo per la quarantena da Covid-19, la struttura ora ospita le persone prima del loro trasferimento al Centro chiuso ad accesso controllato di Mavrovouni. Le persone che si trovano a Megala Therma non sono registrate e sono essenzialmente detenute arbitrariamente per giorni, in alcuni casi per più di due settimane, prima di essere trasferite al centro di Mavrovouni. Vengono sistemate in unità abitative sovraffollate e prive di letti: a volte 14 persone vengono stipate in un’unità che potrebbe ospitarne solo cinque.

“Tutti, inclusi i bambini, sono alloggiati insieme, indipendentemente dalle loro vulnerabilità, senza tenere conto delle procedure di sicurezza e protezione -aggiunge l’operatore di Msf-. Inoltre, la struttura è isolata, il che rende notevolmente difficile l’accesso degli operatori sanitari per rispondere alle emergenze mediche. Noi ci andiamo due volte a settimana ma se si verificano emergenze mediche in qualsiasi altro giorno, non c’è nessuno sul posto per intervenire e un’ambulanza impiegherebbe più di un’ora per raggiungere il paziente. Il campo di Megala Therma è emblematico dell’approccio crudele e disfunzionale adottato nei Centri di accesso a controllo chiuso, sostenuti dagli Stati membri dell’Ue e finanziati dalla Commissione europea”.

In questo contesto è facile capire come l’assistenza umanitaria per i nuovi arrivati sia seriamente ridotta a causa dei timori di criminalizzazione e perché Msf sia ora l’unico attore indipendente a fornire aiuto ai migranti che arrivano a Lesbo. Per invertire la rotta, secondo l’organizzazione, le autorità greche e la Commissione europea dovrebbero intraprendere tre iniziative fondamentali: innanzitutto condurre un’indagine immediata sulle accuse di persone minacciate, rapite e maltrattate da soggetti mascherati non identificabili che stanno sistematicamente effettuando respingimenti e mettendo in pericolo la vita delle persone a terra e in mare. In secondo luogo, porre fine alla detenzione arbitraria dei nuovi arrivati non registrati a Megala Therma, garantendo loro un rapido accesso alle procedure di registrazione e di identificazione, condizioni di accoglienza dignitose e la vicinanza ai servizi di base; infine garantire un’assistenza medica tempestiva e di qualità, comprese le cure mediche di emergenza nelle strutture di accoglienza dedicate. Lo status giuridico delle persone non dovrebbe comportare l’esclusione da servizi essenziali come cibo, alloggio e assistenza sanitaria. L’accesso all’assistenza sanitaria, alla protezione e all’assistenza umanitaria deve essere garantito a tutti i nuovi arrivati in cerca di protezione in Grecia, in linea con la direttiva europea sull’accoglienza.

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati