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Grecia al “108”: il podcast che racconta la caduta della libertà di stampa ellenica

© Engin Akyurt - Pixabay

Il Paese è l’ultimo tra gli Stati europei nella classifica 2022 di Reporter senza frontiere. La giornalista indipendente Jenny Tsiropoulou, autrice con Konstantinos Poulis del podcast “#108 The fall of press freedom in Greece”, racconta come si è arrivati al degrado attuale. I condizionamenti riguardano temi “caldi”: dalla politica ai migranti

“Avere un cattivo giornalismo non significa avere cattivi giornalisti: in Grecia ci sono professionisti coraggiosi, che fanno il loro lavoro”, tiene a precisare Jenny Tsiropoulou, che sicuramente può essere contata tra questi. Greca, vive ad Atene e da circa un decennio fa parte del ristretto gruppo di giornalisti indipendenti che nel Paese cercano di portare avanti un’attività investigativa e di denuncia, sfuggendo al controllo che il governo esercita sui media. Oltre a scrivere articoli, negli anni ha prodotto reportage e documentari, occupandosi di questioni sociali, diritti umani e rifugiati. Ultimamente ha lavorato insieme al collega Konstantinos Poulis al podcast “#108 The fall of press freedom in Greece”, pubblicato a febbraio da The Press Project e Bulle Media.

Nel podcast Tsiropoulou analizza la situazione della libertà di stampa in Grecia. Per fare ciò, parte dal numero 108, cioè la posizione occupata dal Paese nella classifica sulla libertà di stampa del 2022 stilata dall’organizzazione Reporter senza frontiere. La Grecia è ultima tra gli Stati europei e, osserva Tsiropoulou, quando l’indice è stato pubblicato molti media internazionali hanno guardato con sorpresa a questo risultato. “Per noi, piuttosto, ha rappresentato un’ottima opportunità per portare in superficie tutti i problemi che già conosciamo e affrontiamo, mettendoli al centro del dibattito pubblico”. Questi sono soprattutto di carattere politico e riguardano la mancanza di indipendenza dei media da parte del potere. Ma si ripercuotono anche in ambito economico, legislativo e di sicurezza: il podcast li affronta in maniera approfondita, dipingendo un quadro preoccupante.

Parlando con Altreconomia, Tsiropoulou spiega le conseguenze del cattivo stato dei media partendo dall’attualità greca e dallo scontro tra due treni che, a fine febbraio 2023, ha provocato la morte di 57 persone. Dopo l’incidente è emerso che il sindacato dei lavoratori ferroviari aveva mandato per lungo tempo delle comunicazioni alla stampa, denunciando le pessime condizioni del sistema ferroviario in Grecia. “I media non vi hanno mai prestato troppa attenzione, perché si trattava di denunce che andavano contro il sistema politico corrente. Se la libertà di stampa fosse funzionante, forse le cose sarebbero state corrette o migliorate”.

In generale dal podcast emerge come il governo greco, formato da una coalizione di centrodestra e guidato da Kyriakos Mitsotakis, eserciti un controllo serrato su giornali ed emittenti televisive, grazie ai legami personali con i proprietari dei maggiori media. Una censura esercitata anche attraverso pressioni economiche: con lo scandalo della Lista Petsas è emerso infatti che durante la pandemia l’esecutivo ha finanziato i giornali filo-governativi, in maniera non trasparente e illegale. Ufficialmente i fondi erano stati stanziati per aiutare l’intero settore giornalistico, colpito dalla crisi: curiosamente, però, una parte minima di questi è andata a quei media critici verso il governo Mitsotakis.

L’attività giornalistica è caratterizzata anche da una mancanza di sicurezza. La politica e le grandi società usano lo strumento delle querele temerarie contro i media, così come succede in Italia e in molti altri Paesi. Ma i giornalisti rischiano anche di essere spiati: negli ultimi anni è emerso come alcuni di questi, impegnati in attività investigative, siano stati controllati illegalmente dal governo. La mancanza di tutele produce quello che il podcast descrive come un chilling effect: denunce e spionaggio non hanno un effetto soltanto sulle vittime dirette, ma su tutta la categoria, che è portata a fare maggiore attenzione e ad autocensurarsi.

I rischi però vanno anche oltre: nel 2021, ad Atene è stato ucciso il giornalista Giorgos Karaivaz, probabilmente per le sue inchieste sulla criminalità e sulla corruzione all’interno della polizia. “Quello è stato per me l’episodio più importante e difficile -racconta Tsiropoulou-. Si tratta di un giornalista ammazzato per il suo lavoro e senza che il governo abbia fatto niente per risolvere il caso: 23 mesi dopo non c’è alcuna prova, nessun sospetto è stato arrestato, non se ne parla nei media. È dimenticato, come se fosse normale per uno Stato europeo avere un giornalista ammazzato dentro casa sua, alla luce del giorno, per i suoi reportage”.

Uno degli ambiti in cui la politica greca esercita un maggiore controllo sul settore dell’informazione è quello dell’immigrazione, un tema cruciale: la Grecia è infatti tra i Paesi che operano respingimenti illegali di migranti, come più volte denunciato da Altreconomia. Jenny Tsiropoulou racconta un episodio che ha vissuto durante la produzione del podcast e che spiega bene la situazione. “In una delle puntate, un nostro intervistato spiega che il rapporto dell’Ufficio europeo antifrode (sui respingimenti illegali di migranti operati da Frontex nell’Egeo, ndr) non è stato pubblicato sul sito per cui lavora, per il fatto che il proprietario di questo è in ottimi rapporti con il ministro della Migrazione Notis Mitarachi -spiega la giornalista-. Per questo passaggio, avevamo bisogno di un audio per creare l’atmosfera, e ho provato a cercare qualcosa relativo al report o ai respingimenti in un qualsiasi media e canale televisivo greco. Non è stato possibile, non sono riuscita a trovare un singolo servizio che ne parlasse. L’unico video che ho rintracciato era della versione greca di Euronews”. Sui media, denuncia Tsiropoulou, la questione migratoria viene distorta e affrontata parlando di protezione dei confini, non di respingimenti illegali e violazione dei diritti umani o del diritto internazionale. E solo nei giornali indipendenti si trovano reportage e articoli a riguardo. 

Proprio a queste realtà alternative guarda la giornalista, nella speranza che possano restituire credibilità all’informazione in Grecia. “Di certo, i media indipendenti stanno cambiando il panorama mediatico: le persone sentono che possono fidarsi e che possono sostenerli. Tra queste ci sono The Press Project, con cui abbiamo prodotto il podcast, e altre come Reporters United e Solomon”. Perché ci sia un vero cambiamento, però, Tsiropoulou sottolinea come anche i grandi giornali dovrebbero fare la loro parte. “Ma non credo che questo accadrà presto”.

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