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Ambiente / Approfondimento

Quali vantaggi per l’Italia e per il riciclo dal Sistema di deposito cauzionale

© Claudio Schwarz, unsplash

Secondo uno studio commissionato dalla campagna “A buon rendere”, attivare un Deposit return system nel nostro Paese permetterebbe di portare ben al di sopra del 90% i tassi di raccolta di contenitori in plastica, vetro e alluminio. Favorendo inoltre il riciclo “di qualità” e riducendo le emissioni climalteranti. Ecco perché

Introdurre anche in Italia un sistema di deposito cauzionale (Deposit return system, Drs) permetterebbe al nostro Paese di incrementare la raccolta dei contenitori per bevande in Pet del 21,9% (passando dall’attuale 73,4% al 95,3%) migliorando di conseguenza anche il tasso di riciclo del 32,9%, che passerebbe così dal 61,5% al 94,4%. “Questo consentirebbe all’Italia di raggiungere gli obiettivi della direttiva europea sulle plastiche monouso, che prevede tassi di raccolta per il riciclo del 90% entro il 2030, minimizzando al contempo le perdite durante i processi di selezione e riciclaggio. Fornendo inoltre quantità adeguate di Pet riciclato (rPet) adatto all’utilizzo in ‘closed loop’, ovvero ‘da bottiglia a bottiglia’ per soddisfare i requisiti di materiale riciclato”, si legge nello studio “Sistema di deposito cauzionale: quali vantaggi per l’Italia e il riciclo” elaborato dalla società di consulenza Eunomia per l’Associazione Comuni Virtuosi e la campagna “A buon rendere“, presentato lo scorso 15 giugno a Milano.

Il documento analizza i costi e i benefici dell’introduzione di un sistema di deposito cauzionale per contenitori di bevande nel nostro Paese, un modello adottato già da anni con successo in diversi Paesi europei come Germania, Svezia e Olanda. Al momento dell’acquisto di una bottiglia d’acqua di plastica, di una lattina di birra o di una bibita in bottiglietta di vetro il consumatore paga un piccolo importo aggiuntivo (dai 10 ai 25 centesimi di euro a pezzo) che gli viene poi restituito nel momento in cui conferisce i contenitori vuoti in apposite macchine, spesso collocate all’interno di negozi e supermercati.

Come ha spiegato durante la presentazione Enzo Favoino, coordinatore del comitato scientifico di Zero Waste Europe e tra i promotori di “A buon rendere”, l’obiettivo dello studio è informare correttamente sulle ricadute operative, ambientali ed economiche dell’introduzione di un sistema Drs in Italia, facendo chiarezza sui costi associati, sulla loro copertura e sull’incidenza degli stessi per singolo contenitore immesso sul mercato.

“L’Italia ha già recepito la direttiva Single use plastic (Sup) che fissa al 90% il target di raccolta degli imballaggi in plastica monouso per le bevande entro il 2029 e al 30% la quota di materiale riciclato che dovrà essere utilizzata per la produzione di nuove bottiglie in Pet entro il 2030 -ha ricordato Favoino-. Purtroppo, il nostro Paese è lontano dal raggiungimento di entrambi questi obiettivi”.

Sebbene i benefici più evidenti legati all’introduzione di sistema Drs siano relativi alla plastica, lo studio evidenzia un impatto positivo anche per altre tipologie di contenitori: per il vetro il tasso di raccolta passerebbe dall’80,6% al 95,8% e quello di riciclo aumenterebbe del 18,9%, (dal 76,6% al 95,5%). Mentre per quanto concerne l’alluminio i tassi di raccolta già oggi sono di poco superiori al 90% “ed è quindi probabile che un Drs comporti solo un lieve aumento nel riciclo di questo materiale”, si legge nel documento.

Un ulteriore beneficio sarebbe poi legato al miglioramento della qualità del materiale raccolto e al suo potenziale impiego in applicazioni “closed loop”. “La raccolta selettiva dedicata ai soli contenitori in plastica per bevande, infatti, riduce al minimo la contaminazione con altri materiali e, in particolare, con quelli che possono essere stati a contatto con sostanze pericolose”, si legge nel documento. In altre parole: il Pet intercettato attraverso un Drs è particolarmente adatto a essere riutilizzato per produrre altre bottiglie “e può contribuire a soddisfare la crescente domanda di materiale riciclato per la produzione di nuovi contenitori in plastica per bevande”.

Lo studio ha stimato anche i benefici dal punto di vista ambientale. Sia per quanto riguarda la prevenzione del littering (ovvero la dispersione nell’ambiente di bottiglie e lattine vuote, la cui raccolta verrebbe invece incentivata proprio dal valore economico attribuito alle stesse) sia per la riduzione delle emissioni di gas serra, calcolata in 600mila tonnellate di CO2 equivalenti. “Una riduzione legata soprattutto al miglioramento dei tassi di raccolta e riciclo della plastica che, ricordiamolo, è un materiale di derivazione fossile -sottolinea Favoino-. Riciclarla anziché estrarre nuove materie prime permette di ridurre anche le emissioni”.

Un sistema Drs ben strutturato permetterebbe quindi di raggiungere gli obiettivi della direttiva Sup garantendo così piena circolarità ai contenitori in Pet per bevande facendo inoltre risparmiare ogni anno allo Stato (ovvero alla fiscalità generale) oltre cento milioni di euro all’anno: importo che il nostro Paese versa all’Unione europeo sotto forma di Plastic tax per “compensare” i quantitativi di plastica che non vengono riciclati correttamente. “Fino a oggi questo tema non è mai stato affrontato nel dibattito a livello nazionale sull’introduzione di un sistema di deposito cauzionale”, sottolinea Favoino. A beneficiare di questo cambiamento sarebbero anche i Comuni, che vedrebbero una riduzione dei costi sostenuti per la pulizia di strade, aree verdi e spiagge, oltre a quelli (stimati in circa 30 milioni di euro) per lo smaltimento dei contenitori che finiscono per errore nell’indifferenziata e da lì in discarica o in un inceneritore.

Ma quanto costerebbe introdurre in Italia un Drs? Secondo lo studio curato da Eunomia l’importo ammonterebbe a circa 614,8 milioni di euro all’anno. “I ricavi dalla vendita di materiali raccolti per il riciclo e i depositi cauzionali non riscossi (stimati su un tasso di raccolta del 90%, che vede quindi un 10% di contenitori che non rientrano nel sistema, ndr) compenserebbero parte di questo costo annuo lordo, fornendo rispettivamente un contributo di 232,4 milioni di euro (circa il 36% del totale) e 328 milioni di euro (circa il 51%)”.

La quota restante, circa 81,4 milioni di euro, sarebbe coperta attraverso il contributo per la responsabilità estesa del produttore, stimato tra i 0,2 e 1,3 centesimi di euro per i contenitori di plastica, tra 1,9 e 2,5 centesimi per quelli di vetro. Mentre per l’alluminio sarebbe pari a zero dal momento che i prezzi elevati per questo materiale, unitamente ai depositi non riscossi, possono coprire totalmente in funzionamento di questo meccanismo. “Lo Stato non deve pagare nulla, perché il sistema è in grado di sostenersi autonomamente attraverso queste tre voci”, conclude Favoino.

In Europa, intanto, il numero di Paesi che aderiscono a questo modello di raccolta continua a crescere. Secondo quanto riferito da Clarissa Morawsky, co-fondatrice del consorzio europeo ReLoop, entro la fine del 2025 saranno 18 gli Stati membri dell’Unione europea (pari al 45% della popolazione dell’Ue) che avranno in vigore un sistema di deposito cauzionale. A Svezia, Finlandia, Danimarca, Germania, Olanda, Estonia, Croazia e Lituania (che lo hanno introdotto tra il 1994 e il 2016) nel 2022 si sono aggiunte Malta, Lettonia e Slovacchia. “Nel 2023 è prevista l’attivazione anche in Romania, Portogallo, Ungheria e Irlanda, anche se già sappiamo che ci sarà qualche ritardo -ha spiegato Morawsky durante la presentazione dello studio-. Tra il 2024 e il 2025 si aggiungeranno Grecia, Cipro e Austria. Ed entro la fine del 2026 molto probabilmente anche Francia e Spagna l’adotteranno”.

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