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Politiche per famiglie e bambini: è la volta buona?

Le promesse fatte dai partiti in campagna elettorale contengono alcuni segnali positivi. Spetta al nuovo esecutivo tradurli in pratica. La rubrica a cura dell’Osservatorio internazionale per la coesione e l’inclusione sociale (OCIS)

Tratto da Altreconomia 252 — Ottobre 2022

Le politiche di welfare per famiglie e bambini sono strumenti cruciali per favorire la conciliazione dei tempi famiglia-lavoro, perseguire la parità di genere e lo sviluppo cognitivo dei più piccoli (soprattutto quelli che vivono in contesti svantaggiati), nonché sostenere il reddito familiare. Come noto, l’Italia si caratterizza da decenni per il drammatico sottosviluppo di tale settore di policy, benché negli ultimi anni si sia registrata una rinnovata attenzione al tema, sullo sfondo delle preoccupazioni per il continuo calo delle nascite, il modestissimo tasso di occupazione femminile (53% come la Grecia) e le crescenti difficoltà economiche delle famiglie.

Qualche risposta è arrivata sul terreno delle politiche, con l’adozione del “Family Act”, un importante provvedimento organico che ha previsto, tra le altre misure ancora da definire nel dettaglio, l’introduzione dell’assegno unico: una prestazione rivolta a tutte le famiglie, corrisposta dal settimo mese di gravidanza ai 21 anni, di importo mensile variabile (da un minimo di 50 a un massimo 175 euro per ogni figlio minorenne a carico) e progressivo rispetto al reddito familiare. Fino a questa riforma la quota di spesa per prestazioni sociali a favore di famiglie e bambini è rimasta però inchiodata all’1,1% del Pil, nemmeno la metà della media dell’Unione europea (2,3%), lontanissima da Danimarca e Germania (3,3%), e addirittura inferiore a Spagna (1,5%) e Grecia (1,3%).

Il sottosviluppo di questo settore di policy rappresentava, e ancora rappresenta, il risultato di decenni di espansione del welfare italiano (pensioni, sanità) nei quali la famiglia (leggasi le donne) è stata concepita come erogatrice di servizi -dalla cura dei figli all’assistenza agli anziani- più che come destinataria dei programmi di intervento pubblici. L’incapacità di far fronte a nuove sfide e nuovi rischi sociali -conciliazione, non autosufficienza- è tuttavia anche riconducibile all’arretratezza culturale e politica dei partiti del centro-destra italiano: ancora nel 2009, nel “Piano d’azione per l’occupazione femminile – Italia 2020” i ministri del Welfare (Maurizio Sacconi) e delle Pari opportunità (Mara Carfagna) caldeggiavano la perpetuazione del modello tradizionale, centrato sulla famiglia fornitrice di servizi e di sostegno monetario a figli e nipoti: di “madre in nonna”, come commentò lucidamente l’economista Daniela Del Boca.

È cambiato qualcosa? Che cos’hanno promesso i partiti sul tema nella campagna elettorale appena conclusa? Se ci fermiamo alle promesse elettorali, sembra di poter cogliere qualche segnale positivo. Tanto il Partito democratico, quanto la coalizione di centrodestra danno infatti spazio nei loro programmi alla promozione delle politiche a sostegno della famiglia, al fine di contrastare la denatalità, mirando in particolare a rafforzare l’assegno unico (entrambi gli schieramenti), allineare la spesa alla media europea e sviluppare politiche di conciliazione per madri e padri, nonché prevedere asili nido gratuiti, nidi aziendali, ludoteche (centro-destra). A questo il Pd risponde con il rendere pienamente gratuita e obbligatoria la scuola dell’infanzia e un piano per garantire nidi gratis ai nuclei con Isee inferiore a 25mila euro, e un sussidio decrescente alle famiglie con Isee tra i 25mila e 40mila euro, oltre al sostegno per la spesa in servizi di cura di figli piccoli (baby-sitter), genitori anziani (badanti) o disabili (educatori).

Le politiche per famiglie e minori sembrano dunque essere entrate pienamente nell’agenda delle principali forze politiche. Rimane da vedere se alle promesse seguiranno i fatti e, soprattutto, come esse verranno disegnate. Tali misure possono infatti costituire formidabili strumenti redistributivi e di stimolo alla mobilità sociale: è su questo terreno (oltre che sul concetto di “famiglia”) che la sinistra sarà chiamata nella prossima legislatura a marcare la differenza con la destra.

Matteo Jessoula insegna Scienza politica all’Università degli Studi di Milano. Fa parte dell’Osservatorio sulla coesione sociale (Ocis).
Luca Novelli è ricercatore presso la Fondazione Feltrinelli

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