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Economia / Opinioni

Per uno strumento unico di sostegno al reddito

© Micheile Henderson -Unsplash

Nella crisi è necessario riformare gli ammortizzatori sociali e destinare risorse a chi ne ha bisogno, aumentando la spesa pubblica. La rubrica “Il dizionario economico dell’ignoto” di Alessandro Volpi

Tratto da Altreconomia 237 — Maggio 2021

Proposte. La gravità della crisi attuale non ha davvero precedenti. Già nei primi tre mesi dell’anno è stata necessaria una manovra di scostamento di bilancio che ha impegnato 32 miliardi extradeficit che si aggiungono ai 40 della legge di Bilancio. È evidente però che da qui a fine 2021 ne serviranno altrettanti e forse più visto il limitato impatto che le misure già varate hanno sul reddito degli italiani. Di fronte a una situazione siffatta occorrerebbero due condizioni. La prima è quella di aumentare sensibilmente la spesa pubblica senza troppi timori di crescita del debito pubblico perché gli effetti del disastro sociale in atto sono assai superiori di quelli di un aumento del debito che avviene e avverrà a tassi negativi e senza inflazione vera.

Nel primo quindicennio del Novecento le rimesse degli emigranti sono state fondamentali per consentire la crescita del Paese e la nascita delle prime forme di Stato sociale. I milioni di italiani espatriati decisero di scegliere l’acquisto dei titoli del debito pubblico italiano come strumento verso cui indirizzare i propri risparmi faticosamente accumulati con il duro lavoro all’estero. Questo permise ai governi italiani, in particolare a quelli di Giovanni Giolitti, di disporre di risorse, a basso costo, da investire nella costruzione di scuole, ospedali, infrastrutture e nella nazionalizzazione delle ferrovie.

12 miliardi: in due emissioni i Btp futura hanno raccolto quasi 12 miliardi di euro

Soprattutto, permise al Tesoro italiano di non dipendere più dagli investitori esteri che chiedevano alti tassi di interesse e, di fatto, condizionavano la politica nazionale. Questo sforzo potrebbe essere in parte ripetuto oggi dai risparmiatori italiani contribuendo all’acquisto di titoli del debito pubblico del nostro Paese, a partire da strumenti pensati per il pubblico retail. I Btp futura hanno già raccolto in due emissioni quasi 12 miliardi di euro ed è stata varata una terza emissione che ha il vantaggio di garantire un “premio fedeltà” in base alla durata della sottoscrizione e all’andamento del Prodotto interno lordo italiano.

Si tratta di un modo per dare stabilità e indipendenza al fondamentale debito pubblico, ormai indispensabile per finanziare la spesa pubblica che dovrebbe essere realmente indirizzata a generare giustizia sociale. Come nel caso delle rimesse dei migranti di inizio Novecento che hanno permesso di porre le basi iniziali dello Stato sociale, il debito sottoscritto dal risparmio italiano può essere un mezzo, insieme alla monetizzazione del debito da parte della Bce, per una ripartenza reale.

La seconda condizione è quella di mettere mano a una radicale riduzione del numero e delle tipologie di ammortizzatori sociali tanto da ricondurli a pochissime fattispecie e da farli confluire in un unico reddito universale di emergenza. Si tratta di fare un’analisi vera dell’attuale, rapidissimo, proliferare dell’impoverimento per comprendere che la distruzione del reddito attraversa moltissimi settori e altrettanto numerose tipologie di lavori e di configurazioni sociali. Questa drammatica emorragia va arrestata non con sostegni saltuari o con procedure di cassa integrazione lente e viziate da troppe distinzioni.

Serve uno strumento unico di sostegno al reddito che abbia quale unica, vera discriminante la capacità di fotografare le reali situazioni patrimoniali della larghissima platea dei beneficiari della spesa pubblica. Poche regole chiare, in cui inserire un vero impegno a far sì che le risorse siano destinate a chi ne ha realmente bisogno. In altre parole, è necessario aumentare la quantità di spesa pubblica erogabile, eliminare le troppe distinzioni nei trattamenti e, al contempo, costruire un meccanismo di poche norme e di controlli per perseguire ripresa economica e giustizia sociale.

Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento

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