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Diritti / Opinioni

Parlare di mafia fa ancora paura e dà fastidio

La sede della Banca d'Italia a Roma © Mister No, CC BY 3.0

Nelle Regioni del Nord l’omertà è sempre più diffusa, mentre aumentano i reati “spia” che coinvolgono imprenditori e liberi professionisti conniventi. La rubrica di Avviso pubblico

Tratto da Altreconomia 247 — Aprile 2022

“Con la mafia e la camorra bisogna convivere”. Quando nel 2001 l’allora ministro dei Lavori pubblici, l’emiliano Pietro Lunardi, fece pubblicamente queste affermazioni si sollevò un polverone. Tutti, giustamente, gridarono allo scandalo. Tuttavia, a trent’anni dalle stragi di Capaci e di via d’Amelio e dalla più grossa inchiesta sulla corruzione in Italia denominata Mani Pulite, dobbiamo ammettere che quelle affermazioni -certamente non condivisibili- sono state una presa d’atto di una situazione esistente. 

Le mafie, oggi come ieri, non sono percepite come una reale, attuale e concreta minaccia alla nostra democrazia, alla nostra economia e alla nostra sicurezza. Lo attestano, tra gli ultimi casi, anche gli arresti e altri provvedimenti disposti dai magistrati milanesi nei confronti non solo di appartenenti alla ‘ndrangheta, ma anche di noti imprenditori, alcuni dei quali veneti, che operano nel settore della manutenzione della rete ferroviaria. Imprenditori che, secondo gli inquirenti, si sarebbero messi consapevolmente in relazione con i mafiosi per fare affari e aumentare i loro profitti. Principalmente in due modi. Da una parte abbattendo i costi, in primis quelli della manodopera, rappresentata da persone incompetenti, sfruttate (e in alcuni casi anche pregiudicati per gravi reati). Dall’altra, frodando lo Stato di ingenti risorse e mettendo anche in serio pericolo la nostra sicurezza di viaggiatori, dal momento che alcuni lavori pagati non sarebbero mai stati realizzati e vi è da dubitare anche sulla qualità dei materiali impiegati per le manutenzioni. 

In Italia da diversi anni pezzi di imprenditoria, di finanza e di politica convivono con le mafie, fanno affari con i boss, chiedono capitali e voti ai criminali oppure offrono servizi. E viceversa. Come abbiamo scritto altre volte in questa rubrica, la criminalità economica (truffe, frodi, false fatturazioni, evasione fiscale e contributiva, corruzione) si è progressivamente sempre più saldata con la criminalità mafiosa. Lo stiamo scoprendo dalle inchieste svolte dalle forze di polizia e dalle procure italiane. Le denunce sono pochissime. Nei processi attualmente in corso nell’aula bunker di Mestre, nei tribunali di Padova, Vicenza e Verona, ad esempio, sfilano testimoni reticenti e muti. Nelle aule di giustizia venete si sentono tanti operatori economici dire “non so” e “non ricordo”.

Sono 10.253 le operazioni finanziarie sospette censite in Veneto dall’Unità di informazione finanziaria nel corso del 2021. Il 22% in più rispetto all’anno precedente.

L’omertà, come la linea della palma citata da Leonardo Sciascia, ha risalito lo Stivale. Anche in Veneto, come in altre regioni settentrionali, è dalle dichiarazioni di qualche collaboratore di giustizia, dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, dai controlli sull’apertura di nuove imprese e sui passaggi di proprietà aziendale, dall’attività antiriciclaggio, che si scopre la “mafia imprenditrice” nonché la complicità e la connivenza di liberi professionisti, imprenditori, amministratori locali autoctoni. Nel 2021, in Veneto, secondo i dati della Banca d’Italia, le operazioni finanziarie sospette, indice di riciclaggio, sono state 10.253, il 22% in più rispetto al 2020. Il Comandante regionale della Guardia di finanza ha sostenuto che, in piena pandemia, su 2.700 nuove imprese aperte in Veneto, 900 sono risultate gestite da persone pregiudicate. Solo a Verona, in pochi anni, la Prefettura ha emesso una trentina di interdittive antimafia a carico di imprese operanti sostanzialmente in tutti i settori produttivi. 

Nonostante questi dati e quello che hanno denunciato i procuratori generali nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario parlare di mafia, in Veneto e nel Paese, fa paura e dà fastidio. Smettiamola di essere ipocriti. Assumiamoci di più tutti la nostra quota di responsabilità. Denunciamo e collaboriamo con le istituzioni.

Pierpaolo Romani è coordinatore nazionale di “Avviso pubblico, enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie”.

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