Economia / Attualità
Paradisi fiscali: così i Paesi ricchi continuano ad aiutare le multinazionali a eludere
Oltre 200 miliardi di euro vengono sottratti ogni anno agli erari nazionali da giurisdizioni “agevolate”: Isole Vergini, Cayman e Bermuda in testa. A danno dell’Italia soprattutto Olanda, Svizzera e Lussemburgo. I Paesi OCSE, però, remano contro. Pubblicato l’Indice dei paradisi fiscali 2021 di Tax Justice Network. L’appello della rete italiana al governo Draghi
Il club di Paesi ricchi che determina le regole globali sulla tassazione delle aziende è responsabile di oltre due terzi delle “scappatoie fiscali” globali. Lo rivela l’Indice dei paradisi fiscali 2021 (Corporate Tax Haven Index), pubblicato il 9 marzo 2021 dalla rete internazionale indipendente Tax Justice Network e che mette in fila i “primi” Paesi che permettono alle società multinazionali di pagare meno tasse del previsto.
Isole Vergini Britanniche, Isole Cayman e Bermuda, ma soprattutto per quanto riguarda l’Italia si tratta di Olanda, Svizzera e Lussemburgo. “200 miliardi di euro di tasse all’anno che dovrebbe finire negli erari nazionali e invece si volatilizzano nei paradisi fiscali, privandoci di risorse preziose di cui tutti potremmo beneficiare”, commenta Tax Justice Italia.
Il conto per il nostro Paese è salato: tra i 5 e i 7 miliardi di euro di mancato gettito annuo, per il 90% attribuibile a uno dei sei paradisi fiscali comunitari: Olanda, Belgio, Cipro, Irlanda, Lussemburgo e Malta, secondo i dati del ricercatore Gabriel Zucman e di Tax Justice Network.
Gli autori dell’Indice stigmatizzano l’atteggiamento dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), responsabile di aver costruito di fatto strumenti di contrasto insufficienti se non controproducenti. Dereje Alemayehu, coordinatore esecutivo della Global Alliance for Tax Justice ha dichiarato infatti che “fidarsi dell’OCSE alla luce dei risultati dell’Indice è come fidarsi di un branco di lupi per costruire un recinto intorno al tuo pollaio”.
I 10 Paesi in testa all’Indice dei paradisi fiscali di Tax Justice Network
Isole Vergini britanniche (Territorio britannico d’oltremare)
Isole Cayman (Territorio britannico d’oltremare)
Bermuda (Territorio britannico d’oltremare)
Olanda
Svizzera
Lussemburgo
Hong Kong
Jersey (Dipendenza della corona britannica)
Singapore
Emirati Arabi Uniti
TJN auspica un superamento delle regole OCSE e denuncia anche come tali dinamiche siano state fino a questo momento accettate dalle istituzioni europee, se non addirittura protette attraverso la loro legalizzazione.
Tax Justice Italia evidenzia tuttavia come all’orizzonte possa intravedersi un miglioramento: “A fine febbraio la presidenza portoghese del Consiglio europeo ha annunciato l’approvazione del public country by country reporting (CBCR), l’obbligo per le imprese multinazionali di pubblicare fatturato, profitti e imposte pagate in ognuno dei Paesi membri in cui operano. Si tratta di una misura di cui si discuteva da anni in Europa, volta a far emergere le pratiche di ottimizzazione fiscale delle multinazionali”.
Il governo italiano si è mostrato a favore di questa scelta: un segnale salutato positivamente dal network, che ora chiede però che la “lotta all’elusione fiscale” torni concretamente al centro degli obiettivi politici dell’esecutivo. Una maggior determinazione nel contrasto all’erosione fiscale è reso ancor più necessario dall’aggravarsi delle condizioni economiche e sociali della popolazione, si sottolinea, con le recenti stime Istat che indicano come le persone in povertà assoluta siano cresciute nel Paese di 1 milione e si attestino ora a 5,6 milioni.
Tax Justice Italia chiede quindi un impegno su più fronti. Da un lato il governo italiano dovrebbe garantire l’adesione al CBCR e quindi la pubblicazione dei rapporti di tutte quelle imprese partecipate che operano in più Paesi. Dall’altro dovrebbe assumere una posizione ambiziosa nelle negoziazioni relative alla direttiva europea inerente al CBCR pubblico, che verrà discussa nei prossimi mesi. “Promuovendo, in particolare, la disaggregazione dei dati CBCR a tutte le giurisdizioni in cui una multinazionale opera, non solo per gli Stati membri”.
Inoltre TJN ritiene che il governo dovrebbe rimuovere l’incentivo fiscale del “Patent box”, considerato nel Corporate Tax Haven Index come indice di fiscalità “aggressiva”, e introdurre un’imposta effettiva minima globale con un’aliquota non inferiore al 21 per cento, facendo sì che le multinazionali italiane siano tassate in qualunque Paese esse operino.
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