Economia / Intervista
La pericolosa riforma dell’azzardo. Dagli sponsor del calcio alle distanze dai luoghi sensibili

A inizio marzo è stata votata in commissione parlamentare una risoluzione che impegna il governo a valutare l’abolizione del divieto di pubblicità del gioco d’azzardo. Claudio Forleo, responsabile dell’Osservatorio ad hoc di Avviso Pubblico, spiega perché si tratta di un ulteriore tassello nell’opera di smantellamento delle normative, nazionali e locali, ideate e approvate per limitare l’avanzata della piaga della dipendenza
Il governo e la maggioranza parlamentare stanno smontando la normativa sul gioco d’azzardo, un comparto economico che nel 2024 ha raggiunto la cifra record di 160 miliardi di euro giocati.
Il 5 marzo la VII commissione Cultura del Senato ha approvato infatti una risoluzione relativa alle prospettive di riforma del calcio che ha messo in allerta realtà come Avviso Pubblico, la rete di enti locali che promuovono la cultura della legalità e della cittadinanza responsabile e che aderisce alla campagna “Mettiamoci in gioco”. Il testo licenziato in Parlamento sprona l’esecutivo a valutare l’abolizione del divieto di pubblicità sul gioco d’azzardo. Un impegno che viene descritto da Avviso Pubblico come “un ulteriore tassello nell’opera di smantellamento delle normative, nazionali e locali, ideate e approvate per limitare l’avanzata della dipendenza da gioco d’azzardo, piaga che devasta il tessuto sociale del nostro Paese da troppi anni”.
Claudio Forleo, responsabile dell’Osservatorio parlamentare della rete, spiega ad Altreconomia a che punto siamo e dove stiamo andando.
Forleo, può fare un riassunto della situazione fino ad oggi?
CF In Italia è in vigore, attraverso il cosiddetto decreto Dignità del 2018, il divieto di pubblicità totale sul gioco d’azzardo (articolo 9 del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, ndr) su tutti i mezzi di comunicazione, comprese anche le sponsorizzazioni. È una normativa unica a livello europeo e alcuni Paesi hanno seguito questa via tracciata dall’Italia, seppur in modo meno restrittivo. Il decreto è stato approvato nel 2018 e dava un anno di tempo per concludere i contratti di sponsorizzazione in essere. Qualche mese prima dell’entrata in vigore, nella primavera del 2019, l’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom) ha svolto una serie di audizioni, sentendo però solo i portatori di interesse del settore azzardo, per stilare delle linee guida. L’intento era anche lodevole, cioè stabilire un confine tra informazione e pubblicità. Alcune di queste linee guida, come Avviso Pubblico, le avevamo considerate però discutibili, perché avrebbero aperto una breccia per aggirare il divieto. Ad esempio, consentivano all’interno di trasmissioni televisive sportive i cosiddetti “spazi quote”, cioè le rubriche ospitate dai programmi sportivi televisivi o web che indicano le quote offerte dai bookmaker. E infatti la breccia si aperta: nonostante oggi sia ufficialmente in vigore il divieto di pubblicità, una delle principali squadre italiane, l’Inter, ha uno sponsor che richiama palesemente l’azzardo. Ufficialmente Betsson Sport sarebbe un “brand di infotainment”. Ma fa parte di Betsson Group, una società di azzardo online che opera nel settore in decine di Paesi.
Come si è arrivati alla risoluzione approvata a inizio marzo dalla VII Commissione cultura del Senato?
CF C’è stata una spinta notevole dalle società calcistiche. La pandemia ha impattato notevolmente sui loro bilanci, acuendo difficoltà già esistenti. La mancanza di sponsorizzazioni legate al gioco d’azzardo, al momento consentite all’estero, si è inserita pertanto in un contesto già critico, ma in questi anni sono state numerosissime le prese di posizioni contro il divieto. Si è arrivati quindi all’approvazione della risoluzione che è una lista di impegni che il governo dovrebbe prendere nell’ambito di una più ampia riforma dello sport, tra cui quello di superare il divieto di pubblicità sul gioco d’azzardo. Nel testo della risoluzione si sostiene che sarebbe inefficace sul fronte del contrasto alla dipendenza dal gioco d’azzardo e che avrebbe innescato un considerevole aumento del gioco illegale. La tesi “meno pubblicità, più illegalità” viene portata avanti da diverso tempo dai promotori dell’azzardo, il problema è che non viene mai supportata da uno studio indipendente, un dato o un’analisi. In un altro punto della risoluzione si propone che gli introiti derivanti dal gioco d’azzardo possano essere utilizzati anche per finanziare progetti contro quella che ancora chiamano ludopatia: stimoliamo l’azzardo e con gli introiti finanziamo campagne contro i danni derivanti dall’abuso. Geniale.
Perché è così rilevante questa risoluzione adesso?
CF Siamo in una fase molto delicata della riforma del “sistema azzardo”. Da un lato c’è la proposta della risoluzione, dall’altro dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri una bozza di decreto attesa da lungo tempo che dovrebbe riordinare il gioco su rete fisica. Hanno già emanato il decreto di riordino sul gioco online che sostanzialmente fotografa l’esistente, non introduce nessun grande cambiamento. Intanto però nella Legge di bilancio hanno abrogato l’osservatorio sul gioco d’azzardo del ministero della Salute e hanno ridotto il fondo di contrasto al gioco di azzardo patologico che veniva distribuito alle Regioni per portare avanti tutta una serie di iniziative di tutela. Questo decreto di riordino sul gioco su rete fisica, secondo le bozze che sono circolate, finirebbe per tagliare le mani a Regioni ed Enti locali, che negli ultimi 10/15 anni sono state le uniche istituzioni a provare ad arginare concretamente la diffusione della dipendenza da azzardo.
In che modo?
CF Strumenti come il distanziometro o le ordinanze di limitazione degli orari non esisteranno più o verrà molto ridotta la loro efficacia. I luoghi considerati sensibili saranno ridotti a due, ovvero i servizi per le dipendenze e le scuole secondarie. Quindi i centri giovanili, i centri anziani, gli ospedali, i luoghi di culto, tutti i luoghi sensibili che sono stati tenuti in considerazione in tantissime leggi regionali non verranno più considerati tali. Poi viene inserita una distinzione tra luoghi di gioco certificati e luoghi di gioco non certificati. Bisognerà capire esattamente in cosa consisterà questa distinzione, ma per i primi non sarebbe previsto il distanziometro. Quindi in futuro, per intenderci, ci potrebbe essere una sala scommesse certificata di fronte una sede dei servizi per le dipendenze. Per quanto riguarda invece le ordinanze di limitazione degli orari, secondo una giurisprudenza consolidata, otto ore di apertura e 16 di chiusura rappresentano un compromesso accettabile che tutela sia la salute sia la libertà di impresa. La bozza del decreto rovescia completamente questa lettura prevedendo per le sale da gioco certificate appena cinque ore di chiusura nell’arco della giornata e, soprattutto, consentendo a queste di restare aperte tutta la notte.
Quali sono gli interessi in gioco?
CF Un riordino sul gioco d’azzardo è necessario, lo sappiamo e lo chiediamo da anni. Ma questa riforma, come i tentativi registrati negli anni precedenti, parte da un concetto che, come Avviso Pubblico, non possiamo condividere: l’invarianza di gettito erariale. Impostare un riordino che dovrebbe riparare le evidenti storture del “sistema azzardo” su questo punto di partenza vuol dire non riordinare nulla. In ballo non ci sono solo gli incassi dello Stato o la libertà di impresa, c’è la salute pubblica. Un vero riordino dovrebbe partire da una gerarchia delle priorità statali, con in cima la tutela della salute. Non lo sostiene Avviso Pubblico, c’è scritto nella Costituzione. Ragionando a “invarianza di gettito”, diventa impossibile agire sul fenomeno. Ed è anche un ragionamento a cortissimo respiro, che non tiene conto dei costi dell’attuale sistema azzardo: la dipendenza e il suo impatto socioeconomico, le mafie che sfruttano tanto il comparto illegale che quello legale a scopo di riciclaggio. Quei dieci miliardi, a volte più a volte meno, che lo Stato incassa ogni anno dall’azzardo sono fagocitati da questi costi. Sommersi ma reali.
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