Cultura e scienza / Opinioni
Pandemia alcolica, perché dobbiamo fermare le lobby
Il consumo eccessivo di queste sostanze ha costi sociali e sanitari pesantissimi, in particolare tra i più giovani. Anche in Italia. La rubrica di Nicoletta Dentico
A feste natalizie finite non si contano le bottiglie svuotate tra pranzi, cene e veglioni. Ma l’anno nuovo è il tempo giusto per illuminare una questione seria sotto il profilo sanitario: il consumo (più spesso l’abuso) di sostanze alcoliche. Una pandemia che, come quella da Covid-19, si porta dietro micidiali effetti di disabilità sanitaria e sociale. Per non parlare dei tre milioni di decessi ogni anno: il 5,3% di tutte le morti nel mondo secondo le stime più recenti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Nei Paesi industrializzati, l’uso di alcolici è il secondo fattore di rischio, il quarto in quelli a medio-basso reddito. In entrambi i casi, i dati di tendenza sono in rapida crescita.
Si tratta di un fenomeno complesso, associato a molteplici fattori individuali e sociali -peraltro in evoluzione- che si legano alle norme culturali, al facile accesso a queste bevande, all’assenza di politiche che ne regolamentino l’uso. Una circostanza, quest’ultima, che riguarda soprattutto i giovani, particolarmente esposti per le modalità di consumo eccessivo (il cosiddetto binge drinking) con potenziali intossicazioni. L’alcol infatti è all’origine del 13,5% dei decessi totali nella fascia di popolazione tra i 20 e i 39 anni.
Il consumo di bevande alcoliche può indurre dipendenze, disordini mentali e di comportamento, malattie croniche come cirrosi, tumori e problemi cardiovascolari. Ma una proporzione considerevole delle patologie e morti correlate all’alcol deriva da episodi drammatici non sempre intenzionali, ad esempio incidenti stradali, varie forme di violenza, suicidi. Il suo consumo in gravidanza può determinare la sindrome alcolico fetale e nascite premature. In conclusione per l’Oms l’assunzione di sostanze alcoliche è fattore causale di oltre 200 malattie. Se vi sembra poco.
Dal 2020, l’Organizzazione mondiale della sanità discute un piano di azione globale 2022-2030 per la piena attuazione della Strategia sulla riduzione dell’uso dell’alcol del 2010. Il percorso è preso di mira dalla lobby di settore, riporta uno studio del Centre for alcohol policy research (Capr). Big alcohol reclama di avere voce in capitolo nel negoziato, interferisce con i lavori dell’agenzia Onu per la salute, fa pressioni sui governi. E l’Italia si presta al gioco. Ma certo, perché stupirsi? La nostra cultura del vino, e poi la lunga storia di produzione nazionale. Così a Roma il ministero della Salute non è impermeabile alle visite dei rappresentanti dell’industria vinicola, mentre a Ginevra la delegazione italiana si oppone all’idea di norme più severe, denunciano le associazioni della società civile che seguono il dossier. Una vergogna.
I consumatori a rischio da alcol in Italia secondo le stime Istat sono 8,6 milioni. Quasi un giovane su cinque ha l’abitudine al binge drinking (il consumo di grandi quantità di alcolici in un breve lasso di tempo) e il 7% dichiara di ubriacarsi almeno tre volte a settimana.
Il consumo di alcolici non fa sconti in Italia, lo dicono i numeri. Il primo bicchiere, secondo l’Istat, viene bevuto a 11-12 anni, l’età più bassa dell’Unione europea (la media è 14,5 anni). I dati ufficiali per il 2021 segnalano la frequenza di un consumo “a maggior rischio” tra i giovani (pari al 30% nella fascia tra i 18 e i 24 anni), tra gli uomini (19% a fronte del 12% tra le donne) e tra le persone socialmente avvantaggiate (17% mentre è del 13% tra chi ha difficoltà economiche), o con un alto livello di istruzione (17% tra i laureati ma 7% tra chi ha licenza elementare). Preoccupante il numero di quanti assumono alcolici malgrado una controindicazione assoluta: beve il 54% dei pazienti con malattie del fegato, il 12% delle donne in gravidanza, il 30% di quelle che allattano al seno. Eppure siamo inondati da pubblicità contenenti il blando invito a “bere responsabilmente”. Meditate gente.
Nicoletta Dentico è giornalista ed esperta di diritto alla salute. Già direttrice di Medici Senza Frontiere, dirige il programma di salute globale di Society for International Development
© riproduzione riservata