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Ambiente / Intervista

Noo Saro-Wiwa, figlia di Ken, aiuta a leggere la maledizione del petrolio nel Delta del Niger

La scrittrice anglo nigeriana Noo Saro Wiwa © Yves Salmon - Flickr

Da tempo la scrittrice anglo-nigeriana, figlia del poeta e attivista ucciso nel 1995 per via del suo impegno ambientalista, denuncia lo sfruttamento estrattivo del territorio, anche per mano dell’italiana Eni, e i fenomeni di corruzione. Richiamando l’attenzione sul disimpegno delle multinazionali occidentali. “Ma l’acqua è più forte della roccia”

“Viviamo in una nazione ricca di petrolio che non può permettersi la benzina”. È il paradosso della Nigeria che da anni denuncia la scrittrice anglonigeriana Noo Saro-Wiwa, figlia del poeta e attivista Ken Saro-Wiwa, ucciso nel 1995 dal governo per via del suo impegno ambientalista nel Delta del Niger. Qui dagli anni 50 le estrazioni proseguono ininterrottamente con in testa, prima, le grandi compagnie petrolifere, come Shell o l’italiana Eni, e ora con un sempre maggiore protagonismo di imprese energetiche locali. Un processo che Noo Saro-Wiwa, come spiega in questa intervista con Altreconomia, legge con preoccupazione.

Noo Saro-Wiwa, ci può spiegare meglio perché occorre stare in allerta?
NSW Le compagnie petrolifere che operano nel Delta del Niger sono state più volte ritenute responsabili dai tribunali internazionali per la deteriorata situazione ambientale. E ciò è stato possibile perché le loro sedi legali si trovano ad Amsterdam o Londra, ad esempio. Il fatto che le richieste delle popolazioni locali abbiano trovato ascolto nelle corti europee, però, sta provocando un progressivo disimpegno delle stesse compagnie, lasciando ampio spazio di manovra a imprese domestiche che rispondono solo alle autorità nigeriane, alimentando un clima di impunità. Le imprese locali, inoltre, non hanno abbastanza risorse per mettere in pratica programmi di “Corporate social responsibility” paragonabili a quelli di Shell. Infine, queste imprese non possono neppure accedere ai finanziamenti necessari per mantenere l’intera infrastruttura petrolifera. Ciò determina quindi un maggior rischio di sversamenti di petrolio nella zona.

Quali sono state e sono le conseguenze ambientali e sociali dello sfruttamento del petrolio nella zona del Delta del Niger?
NSW Dal punto di vista ambientale l’impatto delle estrazioni è stato devastante in un’area dove storicamente l’agricoltura e la pesca sono le attività più diffuse. Ma che ora non sono più sostenibili visto che l’intero ecosistema è stato compromesso. A ciò, per di più, non ha corrisposto una crescita di altri settori dell’economia. L’unico a prosperare è stato quello delle bande armate che hanno reso il Delta del Niger una zona pericolosa. Viene da chiedersi perché quest’area non abbia mai beneficiato della presenza di petrolio sottoterra. Spesso l’Occidente ha considerato distinti l’ambiente e l’umanità perché non ha mai avuto veramente a che fare con le conseguenze e i danni di un’attività come l’estrazione petrolifera.

Appurato che le estrazioni petrolifere hanno avuto un importante impatto sull’intera area del Delta del Niger, come se la immagina la bonifica della zona?
NSW L’Unep (il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, ndr) ha dimostrato che l’estrazione del petrolio ha danneggiato in maniera estesa e importante la zona, spingendo il governo nigeriano a iniziare la bonifica della zona. Credo che questa sia davvero una delle eredità più importanti di mio padre e della sua lotta. Lo chiamano “Remediation Project” e sta avvenendo proprio ora. Non è perfetto, certo, ci sono stati tanti problemi e diverse accuse di corruzione, ma sta andando avanti. Allo stesso tempo le compagnie petrolifere devono essere molto vigili riguardo all’inquinamento ambientale. Finora le bonifiche e le azioni legali sono i due strumenti che possiamo utilizzare per la protezione degli ecosistemi. Nel lungo periodo ci vorrebbe un sistema in grado di costringere le compagnie petrolifere ad adottare strategie etiche, offrendo reali opportunità anche alle popolazioni locali per evitare che si ripetano sabotaggi agli oleodotti.

Ci può dire qualcosa di più su questo ultimo fenomeno?
NSW Sono il risultato di un prezzo del greggio raffinato sempre più alto. Paradossalmente si ha questa situazione: pur esportando enormi quantità di greggio grezzo, la Nigeria è costretta a importare petrolio raffinato a un prezzo così alto da risultare troppo costoso per vasti settori della popolazione. Le persone normali, dunque, non possono permettersi né diesel né benzina e sono costrette a prendersi il greggio ancora grezzo e a raffinarselo in casa. Ciò denota notevoli capacità tecniche ma è anche molto pericoloso e contribuisce al fenomeno delle fuoriuscite di greggio e crea un inquinamento pazzesco, a danno della salute di tutti.

Parlare di Delta del Niger e di inquinamento significa parlare anche di suo padre, Ken Saro-Wiwa. Qual è la sua eredità tra il popolo Ogoni e non solo?
NSW Prima che mio padre cominciasse la sua campagna di disobbedienza civile, il popolo Ogoni, una delle etnie più piccole dell’intera Nigeria, era ignorato dalle istituzioni e tanti nigeriani neppure ne conoscevano l’esistenza. Mio padre è riuscito a renderlo protagonista, incoraggiando altre persone a lottare per la giustizia come non avevano mai fatto in passato. Alla figura di mio padre ricondurrei anche il programma di bonifica del Delta del Niger, promosso dall’Unep, e anche il discorso sulla responsabilità sociale delle aziende: è dopo la sua morte che se ne è cominciato a parlare più spesso. È come se le imprese in giro per il mondo fossero diventate improvvisamente molto più attente a come trattavano le popolazioni locali, o perlomeno a come ciò venisse raccontato sui media di tutto il mondo. E ciò, ironicamente, ha avuto effetto più fuori che dentro la Nigeria.

Sul palco degli Africa Talks, organizzati a Milano in occasione del Festival del Cinema Africano, Americano e Asiatico (Fescaal) dal 18 al 26 marzo 2023, era seduta con la giovane attivista di Friday For Future Uganda, Patience Nabukalu. Quali sono le sfide che gli attivisti e le attiviste ambientali devono affrontare nel continente africano?
NSW Penso che in Africa, in generale, ci siano ancora tanti rischi per gli attivisti. Se lo sei, corri un serio rischio di essere intimidito. C’è poi il problema, sia in Europa che in Africa, delle grosse lobby che sono potenti in entrambi i continenti. E poi in molte nazioni africane mancano strutture democratiche: quel legame che esiste in Europa tra media, popolazione ed elezioni spesso non c’è. Si può far rumore, si può alzare la voce, ma inutilmente. Promuovere il cambiamento è difficile in ogni parte del mondo, ma in Africa lo è ancora di più per la diffusa assenza di democrazia. Se a Londra basta una minuscola perdita per far intervenire le autorità locali, in Africa l’asticella è molto più alta: si tollerano molte più situazioni prima che il potere intervenga e faccia qualcosa per risolverle.

Dalla morte di suo padre pensa che qualcosa sia cambiato? Impegnarsi per la giustizia climatica, essere un attivista ambientale è ancora così pericoloso come lo è stato per suo padre?
NSW L’attivismo, quasi per definizione, porta con sé dei rischi, ma adesso è più facile criticare le istituzioni grazie anche a una crescente consapevolezza del problema ambientale. Spero che le nuove leadership siano capaci di affrontare per davvero i problemi dell’ambiente. Le lobby e la corruzione sono due grandi ostacoli che ci troviamo di fronte. La corruzione, soprattutto, è un grosso problema: in particolare, in un’economia così poco diversificata come quella nigeriana, le persone hanno così poca fiducia e poche opportunità da prendere ciò che possono, appena possono. È un circolo vizioso: tanto più la corruzione aumenta tanto meno le persone hanno fiducia, cercando di arraffare il più possibile.

Lei come suo padre è impegnata nell’ambito culturale, ha scritto libri e l’anno scorso ha anche realizzato un podcast sulla BBC dedicato proprio alla figura di Ken Saro-Wiwa. La conoscenza può generare il cambiamento?
NSW Certo, penso che la letteratura, l’informazione e la cultura in generale possano fare davvero la differenza. Ma non è né ovvio né immediato. Mi piace sempre ricordare la citazione del filosofo cinese Lao Tzu sull’acqua e le rocce: di solito si pensa che le rocce siano più forti dell’acqua, ma dopo un po’ l’acqua erode e plasma le rocce. In definitiva è l’acqua ad essere più forte della roccia, ma ha bisogno di tempo: lo stesso vale per la letteratura e la cultura. Possono innescare un cambiamento ma non ciò non è immediatamente ovvio: basti pensare al movimento per il clima. Se ne parla da tanti anni, ma solo ora sembra aver raggiunto una certa massa critica.

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