Diritti
Non paghiamo il debito… ma non solo
Si moltiplicano gli appelli a non pagare l’enorme debito pubblico accumulato dall’Italia, il cui ripagamento avallerebbe un vero e proprio aggiustamento strutturale “alla cilena”. Condividiamo questa grave preoccupazione e l’urgenza di agire contro i responsabili dell’attuale disastro, ovvero governo, Banca…
Si moltiplicano gli appelli a non pagare l’enorme debito pubblico accumulato dall’Italia, il cui ripagamento avallerebbe un vero e proprio aggiustamento strutturale “alla cilena”. Condividiamo questa grave preoccupazione e l’urgenza di agire contro i responsabili dell’attuale disastro, ovvero governo, Banca d’Italia e sistema bancario.
Ma non ripagare il debito non è di per se sufficiente e può essere controproducente se non accompagnato da altre misure. Di fronte alla complicità dei governi con il sistema bancario e i mercati finanziari sono necessarie proposte complessive per intraprendere una strada diversa.
Quale debito e quale default?
Le banche hanno utilizzato le migliaia di miliardi ricevuti per tappare i buchi del sistema bancario ombra – responsabile della crisi del 2008 – e non per fare ripartire l’economia reale. I piani di salvataggio hanno peggiorato i conti pubblici, aumentato l’instabilità e la concorrenza tra Stati per rifinanziare il proprio debito pubblico.
I Paesi più deboli, Italia inclusa, sono quelli che si trovano in maggiore difficoltà a rifinanziare il debito, di fronte alla maggiore concorrenza dei titoli di Stato esteri. Per attrarre capitali devono allora aumentare i rendimenti di BOT e CCT, peggiorando ulteriormente i conti pubblici.
Queste difficoltà fanno il gioco degli speculatori, che guadagnano dall’instabilità dei mercati.
Come nella favola della rana e dello scorpione, la finanza colpisce chi l’aveva salvata. Un’ulteriore dimostrazione che la finanza ha perso la sua funzione sociale. Non è più al servizio dell’economia, bensì è uno strumento “per fare soldi dai soldi”.
Pensiamo sia necessario:
1. Capire come sia stato generato questo debito sostenendo la proposta del Centro nuovo modello di sviluppo di effettuare un audit partecipato, trasparente e indipendente del debito italiano.
2. Interrogarsi sulle diverse modalità con cui un default guidato dal debitore -e non dai creditori, come oggi suggeriscono la BCE e la Commissione Europea nel caso della Grecia- possa avvenire nel caso dell’Italia, quali siano le implicazioni nel breve e lungo termine e quali soluzioni vadano trovate da subito al riguardo.
3. Chiedersi se la nazionalizzazione di alcune banche, secondo nuove forme di governance partecipata e trasparente, possa essere utile sia nel breve termine in caso di un default sia nel medio e lungo termine per sostenere un diverso modello di sviluppo.
Ognuno per sé o un movimento europeo di solidarietà?
Sorprende che ad oggi non abbiamo visto nessuna solidarietà per il popolo greco o portoghese nelle strade di Berlino e Parigi. E che le spinte verso la creazione di un’azione collettiva europea di fronte alla crisi siano state ancora timide. Guardiamo con speranza al prossimo 15 ottobre, prima giornata di azione europea contro la crisi.
È necessario scendere in piazza in tutta Europa ma è anche cruciale chiedersi quale solidarietà costruire tra i movimenti di resistenza che si stanno sviluppando nei vari Paesi europei.
Questa solidarietà va ritrovata e coltivata come valore fondamentale per un nuovo progetto di Europa dei popoli e non del capitale e delle nazioni. Ci sembra opportuno chiedersi cosa accomuna e tiene insieme un movimento europeo in una fase cruciale per il superamento del progetto liberista. È indubbio che affrontare la questione della democrazia formale e reale in Europa è sempre più urgente e ogni movimento di costruzione di un’altra Europa dovrebbe rendere tale questione terreno di conflitto sociale e politico a tutti i livelli.
Euro o non Euro, questo è il problema?
Chi ha guadagnato e chi ha perso con la moneta unica in Europa?
Riteniamo sia necessario rispondere a questa domanda in maniera collettiva per capire se e come sia opportuno mantenere una moneta comune per i Paesi europei. È indubbio che il progetto europeo sia stato tradito e dirottato dall’ideologia liberista e dalle èlite europee che l’hanno promossa.
Identificando vincitori e vinti del sistema euro è possibile chiedersi quali nuovi funzioni e priorità dovrebbero essere attribuite ad una Banca centrale europea democratizzata e sotto un maggiore controllo popolare, e quali funzioni di politica monetaria e finanziaria invece dovrebbero essere recuperate a livello nazionale, prefigurando anche la possibilità di un’uscita dall’area euro per alcuni Paesi o l’introduzione di monete complementari per proteggere e sostenere l’economia e lo sviluppo locale.