Diritti / Opinioni
Nigeria: il gigante malato e i sogni di Ken Saro-Wiwa
MSF fu concepita nel 1971 proprio nel Paese africano. Sfruttato, dannato ma ancora vivo. Come le idee dell’attivista-scrittore. La rubrica di Luigi Montagnini, medico senza frontiere
La Nigeria è la culla di MSF. Fu concepita lì nel 1971, al termine della guerra di secessione del Biafra. Centinaia di migliaia di persone morirono per fame a causa del blocco ai rifornimenti imposto dall’esercito nigeriano. Alcuni medici della Croce Rossa sgomenti di fronte a quel disastro umanitario senza precedenti, decisero che fosse necessario fondare un’organizzazione medica indipendente che potesse denunciare al mondo le responsabilità di quell’eccidio.
25-30 sono gli anni che l’UNEP (il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) stima che siano necessari per ripulire dal petrolio il terreno, le acque di superficie e le falde acquifere nel delta del Niger e per ricreare l’ecosistema della foresta di mangrovie
“Good people, great nation. Proud to be Nigerian” era inciso sul braccialetto di uno dei miei infermieri di Jahun, nel Nord del Paese, dove ho lavorato nel 2015. Prima economia d’Africa e Paese più popoloso del continente. 200 milioni di abitanti che vivono nelle condizioni più diverse, in un Paese pieno dei proventi del petrolio ma privo di lungimiranza. Raffaele Masto, scrittore e giornalista di Radio Popolare, durante l’assemblea annuale di MSF Italia ci introduce nell’analisi del “gigante malato”. Sud ricco e cristiano, Nord povero e musulmano. Divisione coloniale. Ricorda il Sudan, che con la Nigeria condivide il passato sotto la corona inglese, il petrolio e la guerra civile. La foce del Niger è il simbolo di queste disuguaglianze. Nel 1956 venne incanalato il primo fiotto di petrolio, ora è uno dei territori più inquinati del mondo dove vivono 20 milioni di persone, molte senza acqua potabile e senza istruzione. “Sognavo. Come sognano tutti”.
La parola passa a Florence Omorogieva, mediatrice culturale, rappresentante della comunità nigeriana in Italia, da 20 anni nel nostro Paese. Racconta che dietro a ogni ragazza che arriva in Italia c’è un libro. Parla delle violenze fisiche che le ragazze nigeriane subiscono per costringerle a prostituirsi, e di quelle psicologiche, compreso il juju, il rituale magico cui vengono sottoposte e che impedisce loro di ribellarsi e di denunciare i loro sfruttatori, pena la dannazione e la morte. Ma la magia scaccia la magia. Nel 2018 l’Oba di Benin City (il re tradizionale della comunità Edo) ha radunato tutti gli stregoni e li ha obbligati a sciogliere i giuramenti che legavano le ragazze agli sfruttatori; ha poi mandato una maledizione contro chiunque sfrutti le ragazze. Le nigeriane ora hanno meno paura. Infine viene il turno del nostro direttore delle operazioni. Ancora oggi sono tante le sfide sanitarie che MSF sta affrontando in Nigeria: dai progetti per la maternità e per la cura delle fistole vaginali, ai programmi di vaccinazione per il morbillo e la meningite, ai progetti di chirurgia plastica per i bambini devastati dalla stomatite gangrenosa. “Sono un uomo di pace, di idee. Provo sgomento per la vergognosa povertà del mio popolo che vive su una terra molto generosa di risorse; provo rabbia per la devastazione di questa terra; provo fretta di ottenere che il mio popolo riconquisti il suo diritto alla vita e a una vita decente”. Sono le parole di Ken Saro-Wiwa, poeta, scrittore e attivista per i diritti umani nigeriano. È stato il primo a denunciare le multinazionali del petrolio per il crimine ambientale che si stava compiendo, con l’accordo del governo, nel delta del Niger.
Saro-Wiwa nel 1990 aveva contribuito alla nascita del MOSOP, il movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni, principale vittima del “razzismo ambientale” delle compagnie petrolifere. Nel 1993 la sua campagna portò in piazza con una marcia pacifica 300.000 Ogoni, richiamando l’attenzione internazionale sul dramma ambientale che si stava consumando nella regione. Venne arrestato e, dopo un processo molto discusso, condannato a morte e impiccato nel 1995. È davvero troppo facile etichettare i migranti nigeriani come “economici”.
Luigi Montagnini è un medico anestesista-rianimatore. Dopo aver vissuto a Varese, Londra e Genova, oggi vive e lavora ad Alessandria, presso l’ospedale pediatrico “Cesare Arrigo”. Da diversi anni collabora con Medici Senza Frontiere.
© riproduzione riservata