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Cultura e scienza / Intervista

Murubutu. Il rap sale in cattedra

Il rap di Murubutu è unico nel suo genere perché unisce l’hip hop con la letteratura, la storia e la filosofia © Nicolò degli Incerti Tocci

Alessio Mariani -il suo vero nome- è un rapper e insegna in un liceo. Per lui si tratta di due modi diversi per trasmettere la cultura in maniera accattivante. Soprattutto ai più giovani

Tratto da Altreconomia 249 — Giugno 2022

“La musica e l’insegnamento? L’obiettivo è sempre lo stesso: trasmettere contenuti culturali in modo accattivante”. Murubutu, nome d’arte di Alessio Mariani, racconta così ad Altreconomia la sua doppia veste di rapper e insegnante: una volta sceso dal palco, l’artista sale in cattedra al liceo Matilde di Canossa di Reggio Emilia dove è professore di storia e filosofia. Due attività solo apparentemente slegate.

Per il musicista, infatti, la voglia di trasmettere ai più giovani racconti mitologici, epiche battaglie, la letteratura, le figure del passato e il pensiero dei grandi filosofi va di pari passo con la necessità di mettersi all’ascolto delle nuove generazioni, delle loro paure e dei loro desideri. A gennaio 2022 Murubutu, 46 anni, ha pubblicato per l’etichetta Glory Hole Records “Storie d’amore con pioggia e altri racconti di rovesci e temporali”, il suo settimo album solista.

Mariani, nella sua vita è arrivata prima la musica o prima l’insegnamento?
AM Ho conosciuto il rap nel 1991 e ho cominciato a desiderare di essere parte di un movimento embrionale che si stava sviluppando in Italia in quegli anni. Così ho scritto i miei primi testi: inizialmente con un taglio più politico e senza uno stile ben definito, poi successivamente ne ho sviluppato uno più “mio” maggiormente collegato alla narrativa e al cantautorato. Ho cominciato a insegnare, invece, nel 2001 dopo aver fatto diversi lavori. Da sempre mi affascinava la possibilità di insegnare agli altri perché avevo una tensione di tipo didattico o comunque divulgativa. Quando sono entrato in classe da professore la prima volta ho “visto la luce” perché ho capito che era il mio lavoro. E in qualche modo la musica e l’insegnamento vanno di pari passo.

Anche per questo motivo ha deciso di mettere in musica l’inferno di Dante?
AM Infernvm” è nato in realtà da un’idea di Claver Gold (Daycol Emidio Orsini, rapper coautore dell’album, ndr) e per lui c’era la necessità di mettere a confronto quelli che sono i peccati descritti da Dante con quelli che sono i mali e i peccati della contemporaneità. Diciamo la vita “come inferno” e in questo senso fa effetto pensare che sia stato pubblicato a ridosso della pandemia da Covid-19 (il 31 marzo 2020, ndr). Io ero un po’ riluttante all’inizio perché avevo un certo timore reverenziale nei confronti di questa grande opera, ma grazie all’aiuto di Claver ho trovato gli stimoli giusti per dare una lettura e una narrazione che mi appartenesse. L’album ha avuto un buon successo soprattutto nelle scuole e quindi tanti colleghi mi hanno chiamato per dirmi che lo utilizzano in classe. Questo per me è molto importante.

“Quando sono entrato in classe da professore la prima volta ho ‘visto la luce’ perché ho capito che era il mio lavoro. E in qualche modo la musica e l’insegnamento vanno di pari passo”

Il suo ultimo album è diverso rispetto ai precedenti. Nella metrica, nei testi e anche nei riferimenti a grandi classici che hanno costellato i suoi lavori precedenti. Da che cosa nasce questo cambiamento?
AM Prima di tutto dalla volontà di confrontarmi con nuove sonorità e provare a scrivere in un modo un po’ diverso. Quindi uscire dalla comfort zone dello storytelling sistematico e cercare di avvicinarmi a una scrittura a “flusso di coscienza” e più vicina alla poesia. E poi sicuramente c’è anche la voglia di fuggire da un finale ormai prevedibile della morte certa dei personaggi dei miei album (ride, ndr) e quindi di far sopravvivere la maggior parte dei protagonisti dei singoli brani.

Perché ha scelto la pioggia?
AM Tutto nasce dal tema delle tante possibilità esistenziali, delle tante realtà parallele possibili, del multiverso. Vedo la pioggia come una buona metafora per esprimere i tanti mondi di Leibniz, per esempio. E poi sembrava anche un buon medium narrativo per trasmettere l’idea del tempo sospeso e dilatato. Ecco credo che proprio il concetto di tempo sia un tema centrale dell’album.

Nell’album si va dal racconto del diluvio universale al Muro di Berlino passando per una battaglia tra l’esercito romano e i germani. Come incidono sui suoi pezzi la storia e la mitologia?
AM La storia torna sempre, sia perché faccio storytelling e in qualche modo la narrazione storica è parte del mio stile, sia per deformazione professionale, sicuramente, perché è la “mia” materia e inevitabilmente è un argomento che mi stimola molto. Mi piace da sempre descrivere il rapporto tra l’individuo e il contesto storico in cui vive così come la trasversalità di alcuni fenomeni, delle dinamiche che si realizzano e dell’importanza di alcuni accadimenti. Sicuramente su questo aspetto incide molto il mio amore per la mitologia che riesce a mantenere una freschezza inalterata nella lettura delle caratteristiche dell’essere umano e dell’umanità nonostante gli anni e che può avere una lettura trasversale rispetto al passato, al presente e al futuro.

“Da parte dei giovani c’è una ricerca di punti di riferimento che non riescono a trovare nel mare magnum delle informazioni che possono processare ma che non riescono ad approfondire”

È più la musica che le serve a fare l’insegnante o sono gli alunni che le permettono di fare il musicista?
AM Io penso di fare lo stesso lavoro sia sul palco sia dietro la cattedra: provare veicolare dei contenuti di tipo culturale in modo accattivante. Sicuramente fare l’insegnante mi tiene molto aggiornato rispetto alla sensibilità delle giovani generazioni e mi costringe a studiare in continuazione.

Che cosa pensa delle nuove generazioni?
AM Io vedo una grande confusione. C’è una ricerca di orientamento, di punti di riferimento che non riescono a trovare nel mare magnum delle informazioni che possono processare ma che non riescono ad approfondire. E quindi vedo sicuramente molta fragilità ma anche una grandissima curiosità e sensibilità. E fino a che ci sono questi due elementi, la scuola deve impegnarsi per mantenerli vivi e soprattutto rappresentare un baluardo di quella che è una ricerca che loro, da soli, vivrebbero in modo superficiale. Nelle aule, ancora oggi, si cerca di trasmettere un “metodo di ricerca” capace di andare in profondità.

In questo processo di “ricerca scolastica” la musica secondo lei dovrebbe avere un ruolo maggiore?
AM In generale credo che di per sé non sia importante l’educazione musicale perché poi, giocoforza, quella resta una scelta individuale. Ci sono scuole sia medie sia superiori con indirizzi musicali, ci sono conservatori e scuole di musica in tutte le città del Paese. Penso invece che sia fondamentale che il docente rimanga collegato alla musica giovanile che resta comunque il linguaggio più diffuso tra le nuove generazioni. Forse è la passione che più li accomuna, li caratterizza e li identifica. Un insegnante deve saper parlare quel linguaggio per entrare in contatto con loro.

Ci aiuti a capire meglio…
AM Penso che sia fondamentale cercare di porsi in una situazione comunicativa simmetrica. Chiaramente c’è una differenza a livello esperienziale e conoscitivo ma è necessario parlare lo “stesso” linguaggio, ci si deve far percepire come appartenenti allo stesso mondo. Se c’è una comunicazione efficace, c’è poi anche una trasmissione di contenuti, di emozioni, di condivisione. E questo rende tutto più facile.

Suggerisce agli adulti di cominciare ad ascoltare la trap, il genere musicale più diffuso tra i giovani?
AM No. Molto spesso però ci si scandalizza oppure si vivono delle grandi distanze rispetto alle giovani generazioni. Io credo sia sbagliato. Non si tratta tanto di condividere i gusti musicali ma di leggere questi fenomeni di tipo antropologico e quindi di saperli decifrare.

Nel 2009 c’era un “giovane Mariani”. Si chiedeva “da rimare cosa rimane?”. Come risponde a questa domanda oggi?
AM Ho sempre tratto ispirazione da tre cose principalmente: dalla narrativa, dalla fantasia e dagli incontri sul territorio. Con la pandemia questi si sono inevitabilmente ridotti. Ma la letteratura è infinita, gli argomenti di tipo storico che possono essere espressi attraverso la musica sono tantissimi. Insomma finché ci sarà esistenza ci sarà narrativa e quindi storytelling. Da rimare rimane tantissimo.

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