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L’ossessione dell’Alto Adige per la sicurezza colpisce attivisti e migranti

© Questura di Bolzano

Il nuovo questore della Provincia autonoma di Bolzano, Paolo Sartori, insediatosi a inizio marzo, ha impresso una decisa accelerazione della repressione di attivisti politici e soggetti marginali. Fogli di via, espulsioni, Daspo urbano e avvisi orali. Buona parte della cittadinanza applaude al suo operato ma c’è anche chi continua a far sentire la propria voce

Il 17 luglio di quest’anno una “battitura” ha dato il via alla protesta dei detenuti del carcere di Bolzano contro le condizioni di vita all’interno degli istituti penitenziari in Italia. Un gruppo di solidali si è recato spontaneamente sotto le mura della struttura del capoluogo altoatesino per ascoltare e sostenere le ragioni dei reclusi, nel tentativo di spezzare il loro isolamento e fare da megafono alle loro istanze.

Più tardi il gruppo è stato raggiunto in un bar da due volanti della polizia. Portati in questura, gli attivisti sono stati fotosegnalati e denunciati per “manifestazione non autorizzata”. A uno di loro, residente a Laives, un Comune limitrofo, è stato consegnato un foglio di via da Bolzano della durata di due anni.

Si tratta di uno degli ultimi episodi in cui il “pugno duro” del questore Paolo Sartori si è abbattuto sul gruppo di attivisti politici e militanti antimilitaristi altoatesini.  

“Il foglio di via, così come il Divieto di accesso ad aree urbane (Dacur, il cosiddetto daspo urbano, ndr), è una misura di natura amministrativa che limita la libertà di movimento e opera preventivamente rispetto alla commissione di reati”, spiega l’avvocata bolzanina Francesca De Angeli. Diffusamente utilizzato durante il fascismo nei confronti di chi si opponeva al regime, oggi questo dispositivo è previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 159/2011, noto come “Codice antimafia e delle misure di prevenzione”.  

La sua applicazione non prevede la convalida di un giudice, ma è sufficiente che il questore ritenga -sulla base di elementi di fatto concreti e univoci- che un soggetto manifesti con il suo comportamento atteggiamenti riconducibili al concetto di pericolosità sociale. “Sebbene questo strumento dovrebbe basarsi su fatti connessi a motivazioni che sottolineino la concreta e reale pericolosità della persona -evidenzia De Angeli-, a Bolzano le misure di prevenzione sembrano essere più che altro la ricetta per isolare e allontanare i soggetti sgraditi”.  

Nel capoluogo altoatesino, infatti, si assiste a un utilizzo disinvolto di questi dispositivi e, osserva l’avvocata, “i fogli di via rilasciati appaiono spesso ciclostilati, in alcuni casi non viene menzionato il luogo di residenza o di dimora abituale -presupposto giuridico per l’applicazione del foglio di via- in cui la persona dovrebbe fare ritorno e, spesso, sono carenti nelle motivazioni”.  

È questo, per esempio, il caso dell’attivista politico allontanato da Bolzano a luglio. Ad Altreconomia l’uomo racconta che “il foglio di via che mi è stato notificato contiene alcune inesattezze macroscopiche e falsità come per esempio alcuni precedenti per i quali non sono mai stato denunciato o che a Bolzano non svolgo alcuna attività lavorativa, né abbia legami di parentela”.  

Un’altra misura utilizzata dal questore è l’avviso orale, un invito a mutare la propria condotta, preludio alla “sorveglianza speciale”. Quest’estate nei confronti di altri due militanti bolzanini a un precedente avviso orale è seguito l’“avviso orale aggravato”, sui cui l’ordinanza 46076 del 2021 della Corte di Cassazione ha sollevato questioni di legittimità costituzionale.  

Tra le prescrizioni -alcune delle quali chiaramente tarate su soggetti di altro tipo, come per esempio “il divieto di possedere mezzi di trasporto blindati, radar e visori notturni”- rientra il divieto di usare “in tutto o in parte piattaforme o servizi informatici e telematici quali social network, nonché possedere o utilizzare telefoni cellulari, smartphone, tablet, laptop che consentano connessioni dati via wi-fi o con Sim”.  

“Contro questi provvedimenti è possibile presentare ricorso al Tribunale amministrativo regionale ma va detto che non tutti hanno le medesime possibilità di accesso alla giustizia e che il costo per un procedimento amministrativo può raggiungere anche alcune migliaia di euro”, puntualizza De Angeli. Chi non ha diritto al gratuito patrocinio -per il 2024 tutti coloro che superano la soglia di reddito annua di 12.838 euro-, deve versare infatti 650 euro solo per il contributo unificato, a cui poi si devono aggiungere le spese legali. 

Nel mirino del questore di Bolzano non ci sono solo gli attivisti politici. Le operazioni di “prevenzione generale” -così vengono nominate nei comunicati stampa della questura- colpiscono anche i soggetti marginalizzati, soprattutto persone senza dimora e migranti.  

A fine luglio la questura di Bolzano ha pubblicato i dati del proprio operato in materia di “contrasto all’immigrazione”: nei primi sette mesi dell’anno si sono registrate 162 espulsioni e ordini di allontanamento (erano state 134 in tutto il 2023) e sono stati revocati 92 permessi di soggiorno. In conferenza stampa Sartori ha rivendicato la quantità dei provvedimenti emessi in un così breve arco di tempo, ma andando alla ricerca delle storie di chi queste sanzioni le subisce appare evidente come l’azione delle forze di polizia assuma in molti casi i contorni di una “pesca a strascico”, che non prende in esame la singola posizione della persona che ha di fronte, la sua storia o i rischi che può correre in caso di rimpatrio. 

In questo senso sono emblematiche diverse vicende raccolte da attivisti e volontari della società civile. “O. stava mangiando un panino all’aperto in pausa pranzo, visto che una casa non ce l’ha, ed è stato allontanato da Bolzano con l’accusa di aver tenuto ‘un comportamento lesivo del decoro della quiete pubblica’”, racconta Federica Franchi, attivista di Bozen Solidale. “Ma dove dovrebbe andare se è costretto a vivere per strada?”.  

Il caso più eclatante -denunciato anche da una lettera della campagna LasciatCIEntrare-, ad oggi, però, è senza dubbio quello di M., giovane uomo di origine irachena. Il ragazzo ha 13 anni quando, nel 2010, in seguito all’uccisione del padre, scappa dall’Iraq con la madre e i suoi sette fratelli. M. arriva quindi a Bolzano con la sua famiglia, dove vive uno zio. In Alto Adige il giovane commette alcuni reati che lo portano a scontare delle pene detentive. Chiude definitivamente i conti con la giustizia a maggio di quest’anno e qualche giorno dopo viene fermato in strada a Bolzano per un controllo. Invitato a recarsi in questura per rinnovare il permesso di soggiorno per motivi familiari che attende da tempo, quando si presenta all’appuntamento non trova il tanto agognato documento, bensì un decreto di espulsione con trasferimento immediato al Cpr di Gradisca d’Isonzo (GO).

M. è considerato persona socialmente pericolosa, senza legami familiari in termini di convivenza e, poiché non ha mai richiesto protezione internazionale, dev’essere rispedito in Iraq. Così il 27enne viene portato all’aeroporto di Bologna e imbarcato su un volo diretto a Baghdad. I tentativi di intervento degli avvocati e delle attiviste di LasciateCIEntrare sono inutili. M. sbarca da solo in un Paese che non conosce più e che aveva abbandonato per sfuggire alla morte.  

Secondo i dati del Sole 24 Ore, nel 2022 in provincia di Bolzano si sono registrati 16.258 delitti denunciati, con una media di 30,48 denunce ogni mille abitanti. I numeri altoatesini si mantengono sotto la media nazionale di 38,1 denunce ogni mille abitanti. 

L’azione della questura di Bolzano, accolta con favore dal mondo politico e da larga parte della società e della stampa altoatesina, è accompagnata da una pesante strategia comunicativa. Se fino allo scorso primo marzo, infatti, la sezione “I fatti del giorno” del sito della questura di Bolzano contava in media una o due notizie mensili, da marzo a luglio un deciso cambio di passo ha portato alla pubblicazione di più di 70 contenuti -una media di 14 al mese- e a sfornare comunicati stampa a ritmo incessante.  

In questo modo, il gioco di sponda con alcune testate -in particolare Dolomiten e Alto Adige, principali quotidiani del gruppo editoriale Athesia, che da solo controlla circa l’80% dei media della provincia di Bolzano- da un lato contribuisce alla criminalizzazione di attivisti politici e soggetti marginalizzati, dall’altro favorisce la diffusione di un senso di paura e insicurezza tra i cittadini.

E proprio la percezione del pericolo sembra essere la principale preoccupazione del questore, al di là dei numeri reali dei crimini commessi sul territorio provinciale. A conferma di questo, in un’intervista rilasciata al portale di informazione locale Salto, lo stesso Sartori ha ammesso che “anche se tutti i fenomeni criminali sono in decrescita, il divario tra percezione della sicurezza e sicurezza reale è più ampio” e per questo “la gente vuol vedere i lampeggianti”. Costi quel che costi. 

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