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Economia / Opinioni

L’Italia va avanti in deficit con una montagna di debito da vendere

© Ej Strat - Unsplash

L’esecutivo di Giorgia Meloni fa deficit, spende e dichiara sostenibile quella spesa con un’ipotetica crescita del Prodotto interno lordo (Pil) determinata dalla stessa spesa. Un salto mortale senza paracadute in un quadro che può essere ben peggiore del 2011. L’analisi di Alessandro Volpi

Il nostro Paese, in termini di bilancio, sta seriamente rischiando persino di più di quanto non abbia fatto nel 2011. La Legge di Bilancio prevede spese coperte in deficit per 15,7 miliardi su una manovra di 25 miliardi; quindi, si tratta di una manovra quasi tutta a deficit, a cui vanno aggiunti altri 3,2 miliardi ancora in deficit utilizzati per finanziare i decreti attualmente in discussione per bonus e una tantum da prorogare di tre mesi. 

Dunque, l’Italia va avanti in deficit con una montagna di debito da vendere. Ma c’è un aspetto ancora più paradossale: il governo chiede al Parlamento di potere operare in tal senso giustificando la “sostenibilità” della manovra con un’ipotesi di crescita nel 2024 dell’1,2% che dipenderebbe quasi interamente da un incremento dei consumi determinati dall’aumento delle retribuzioni generate dalle misure prese in deficit. In pratica, il governo fa deficit, spende e dichiara sostenibile quella spesa con un’ipotetica crescita del Prodotto interno lordo (Pil) determinata dalla stessa spesa.

Siamo di fronte a un salto mortale senza paracadute almeno per due ragioni. La prima si lega alla spesa finanziata in deficit: riuscirà realmente ad aumentare i consumi e quindi a spingere il Pil o sarà troppo concentrata in fasce ridotte della popolazione, e per molte misure in fasce già a reddito alto, tanto da non produrre un vero aumento dei consumi e del Pil? Senza di questo il Pil non crescerà, a meno di non essere gonfiato da un’inflazione speculativa senza alcun miglioramento delle condizioni della popolazione italiana con redditi medio bassi.

La seconda ragione ha a che fare con il debito. Fare deficit significa fare nuovo debito con un costo ormai insostenibile; nel 2020 lo Stato italiano pagava 57 miliardi di euro di interessi, nel 2023 supererà ampiamente i 100 miliardi e nel 2025 saranno 132 miliardi, secondo le stime, probabilmente ottimiste, della Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2023 (Nadef). È evidente, dunque, che il Governo Meloni sta davvero percorrendo una strada pericolosissima.

Proprio nella Nadef emergono alcuni numeri che chiariscono ancora meglio il quadro. Con l’attuale pressione fiscale, da qui al 2026 sarà necessaria una riduzione della spesa pubblica, a cominciare dalla sanità per 88 miliardi; un taglio praticamente insostenibile e l’unico salvagente per il debito diventato gigantesco -siamo già oltre i tremila miliardi di euro- saranno, ancora secondo la Nadef, le privatizzazioni. Sintetizzo: il governo fa esplodere il debito, deve tagliare brutalmente la spesa perché non può pagare gli interessi e dunque privatizza tutto il possibile.

Nel frattempo, la Borsa di Milano paga dividendi in due anni per 140 miliardi di euro, con un gettito fiscale risibile. Ad appesantire il quadro interviene poi un fattore esterno. Gli Stati Uniti sono in una fase decisamente convulsa. Dopo una lunga trattativa parlamentare hanno faticosamente superato il blocco dei pagamenti federali con un voto del Congresso che aumentasse il limite dell’indebitamento pubblico. Ora hanno rischiato, di nuovo, la paralisi delle spese federali non immediatamente essenziali e, dopo la votazione decisiva per evitare tale paralisi, si è dovuto dimettere lo speaker dalla Camera Kevin McCarthy, che rappresenta la terza carica dello Stato. 

Lo scontro politico ruvido fra Democratici e Repubblicani mette costantemente le finanze statunitensi a dura prova. Dunque, per trovare compratori del proprio debito, preoccupati dalla tensione politica, gli Stati Uniti devono pagare interessi ormai superiori al 5%. Questo significa che il debito pubblico americano, così ben remunerato, spinge in alto anche il costo degli interessi che devono pagare gli altri Stati quando vendono il loro debito. Non a caso la Germania paga oltre il 3%, la Francia quasi il 4% e l’Italia oltre il 5% sui titoli decennali.

In altre parole, il caos degli stati Uniti spinge in alto il costo di tutti i debiti pubblici mondiali con pesanti effetti sulla spesa pubblica e sulla tenuta del welfare in giro per il mondo. Gli Stati Uniti, rispetto a tale situazione, hanno però due vantaggi sugli altri: possono emettere dollari senza limiti, essendo il dollaro la valuta di scambio mondiale, e possono contare sui giganteschi fondi finanziari che raccolgono i risparmi degli americani e di molti altri abitanti di questo Pianeta. In sintesi, il debito italiano diventerà ancora più insostenibile e senza l’intervento del Banca centrale europea (Bce), con i tassi Usa superiori al 5%, la situazione potrebbe diventare peggiore di quella del 2011.

Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento

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