Economia / Attualità
L’Italia continua ad armare Erdogan
Nel primo trimestre 2020 il nostro Paese ha esportato armi e munizioni in Turchia per 37,6 milioni di euro, il 50% in più rispetto al 2019, anno record. I nuovi dati Istat dimostrano che il flusso milionario non si è fermato, nonostante gli annunci governativi
Nei primi tre mesi del 2020 il nostro Paese ha esportato armi e munizioni in Turchia per un valore di 37,6 milioni di euro, circa il 50% in più rispetto allo stesso periodo del 2019, anno “record” nel settore dell’export italiano verso il Paese governato da Recep Tayyip Erdoğan. Lo riporta l’ultimo aggiornamento Istat dei dati sul commercio estero dell’11 giugno.
E così come per il 2019 la stragrande maggioranza delle armi e munizioni censite dall’Istat sono arrivate dalla provincia di Roma (32,5 milioni di euro), seguita a grande distanza da Brescia (4,3 milioni). Ragioni e attori di questo “protagonismo” di Roma li abbiamo raccontati, insieme a Giorgio Beretta, nell’inchiesta di copertina del primo numero del 2020 di Altreconomia. Tra le aziende interessate alle licenze di munizioni e spolette infatti c’è anche “Meccanica per l’elettronica e servomeccanismi” (MES), partner e fornitore del ministero della Difesa.
Il flusso milionario verso il Paese, sempre più influente anche sul versante libico, non si arresta: secondo l’ultima Relazione governativa sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento ex legge 185 del 1990, verso Ankara sono state autorizzate esportazioni per 63,7 milioni di euro (furono 362,3 milioni nel 2018).
Restano al palo invece le rassicurazioni del Governo italiano nei giorni dell’offensiva turca sui territori del Kurdistan, nel Nord-Est della Siria, dell’ottobre 2019. All’epoca fu dichiarato pubblicamente uno stop per decreto alla vendita di materiale d’armamento, poi trasformato in un blocco delle future licenze, lasciando così intaccate quelle esistenti e misurate quindi anche a inizio anno. L’atto del ministro degli Esteri Luigi Di Maio fu reso peraltro inaccessibile alla stampa, negando il nostro accesso civico.
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