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Finanza / Opinioni

L’esposizione delle banche italiane in Russia

© Alexander Popov - Unsplash

Secondo la Banca dei regolamenti internazionali, gli istituti di credito italiani sarebbero esposti per 25,3 miliardi di dollari. A metà febbraio il presidente di Intesa Sanpaolo Russia auspicava che Mosca tornasse “tra le destinazioni prioritarie delle imprese italiane”. L’analisi di Alessandro Volpi

C’è un aspetto particolare dei rapporti economici tra Italia e Russia. A partire dal varo delle sanzioni dopo l’annessione della Crimea, si è ridotto in maniera evidente il flusso di merci indirizzate dal nostro Paese verso il territorio russo, che rappresenta l’1,5% del complesso delle nostre esportazioni, in forte calo dal 2,7% precedente al 2014. La riduzione ha colpito in modo particolare alcuni settori come quello dell’arredamento, che occupava l’8% dell’export prima delle sanzioni ed è crollato al 3% dopo, come quello dell’abbigliamento, sceso dal 7,3 al 3,8% e quello dei prodotti in pelle contrattosi dal 4,6 all’1,7%.

Gli scambi sono stati ulteriormente penalizzati dalla pandemia e nel 2020 le aziende italiane in affari con la Russia sono state circa trecento che contribuiscono a un interscambio vicino ai 7,6 miliardi di euro, a fronte, peraltro, di un interscambio con l’Ucraina di quasi 2 miliardi di euro. A questa forte limitazione delle esportazioni di merci non ha fatto seguito però una contrazione dello stock di capitali italiani investiti in Russia, che rappresentano ancora il 2,4% del totale mondiale e che si traducono in un fatturato di 7,4 miliardi di euro, in crescita del 7,5% negli ultimi sei anni, con un incremento più alto di quello extra Ue, pari al 2,2%, e negli Stati Uniti, fermatosi al 5,2%.

In altre parole, dopo il varo delle sanzioni, è evidente che per fare affari in Russia bisogna portare le produzioni in quel Paese. La riduzione delle esportazioni verso la Russia non si è accompagnata neppure a un significativo ridimensionamento delle attività delle banche italiane che sono tra le più esposte sul fronte russo. Secondo le stime della Banca dei regolamenti internazionali, tale esposizione ammonta infatti a 25,3 miliardi di dollari, a cui si aggiungono altri 6 miliardi in termini di garanzie.

Ad essere interessata al mercato del credito russo è soprattutto Unicredit, che risulta essere la terza banca più coinvolta a livello europeo con un’esposizione di 14,2 miliardi di euro (pari al 2,6% dell’esposizione creditizia del gruppo) mentre gli Rwa sono 9,4 miliardi di euro (il 3% del totale). In particolare, la controllata russa ha un patrimonio netto di 2,4 miliardi di euro, con un rapporto prestiti/depositi del 75% in base ai dati del quarto trimestre del 2021 e con ricavi pari a 512 milioni e un utile di 180. La presenza di Unicredit è dunque decisamente importante e risale al 1989 attraverso una serie di passaggi che hanno caratterizzato la ristrutturazione del sistema russo fino all’ultimo passaggio, avvenuto nel 2005, con l’acquisizione di Bank of Austria e nel 2007 con il cambio di marchio in Unicredit Banca: l’istituto italiano ha un’ampia rete di filiali e, soprattutto, una clientela corporate, che tende sempre più a provenire da imprese russe.

Un’esposizione di rilievo ha anche Intesa Sanpaolo, che è presente in Russia, con varie denominazioni da 40 anni, e detiene asset per oltre 1 miliardo di euro. Non solo: la banca italiana nel 2000 ha partecipato all’“organizzazione del finanziamento del progetto ‘Blue Stream’, che prevedeva la costruzione, di un gasdotto che collegasse la Russia alla Turchia, passando sotto il Mar Nero”. Il gruppo ha poi partecipato al finanziamento di un altro “grande progetto russo” (parole di Intesa Sanpaolo): la costruzione del gasdotto “Nord Stream” “per il trasporto del gas naturale dalla città russa di Vyborg, sul mar Baltico, fino alla città tedesca di Greifswald e la distribuzione nei principali mercati dell’Europa Occidentale”. Con il consorzio composto dal trader petrolifero svizzero Glencore e dal fondo sovrano del Qatar QIA, Intesa Sanpaolo ha inoltre partecipato alla “privatizzazione del 19,5% delle azioni di Rosneft”.

“La Russia deve ritornare ad essere tra le destinazioni prioritarie delle imprese italiane” – 17 febbraio 2022, Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia, insignito dell’Ordine d’Onore da Vladimir Putin

Sedi russe presentano poi le banche Monte dei Paschi, Banco popolare, Ubi banca, Banco popolare di Vicenza, Iccrea Bancaimpresa Spa e Mediobanca. Come accennato, nell’insieme si tratta di esposizioni che non hanno conosciuto una limitazione rispetto ai flussi di merci, mentre una contrazione era stata già avviata fin dal 2016 per le attività ucraine possedute da Unicredit.

Questa presenza bancaria italiana quindi è rimasta non trascurabile nel tempo, nonostante il varo delle sanzioni, e ha accentuato un duplice orientamento in direzione del sostegno alle attività di fornitura energetica al nostro Paese, legandosi alle dinamiche di quel mercato, e in quella dell’apertura di linee di credito e dell’acquisizione di strumenti finanziari delle società d’impresa e finanziarie russe. Per simili ragioni la Banca centrale europea ha già chiesto alle banche del Continente di fornire indicazioni chiare in merito a un eventuale aggravarsi del conflitto circa la loro capacità di tenuta negli stress test, con una particolare attenzione al sistema creditizio italiano che è il più esposto in Russia, ben più della Germania e persino degli Stati Uniti. Del resto le tensioni provenienti delle strategie bancarie italiane in Russia, orientate all’energia e al sistema produttivo, sono all’origine della forte caduta della Borsa di Milano, trascinata proprio dai titoli bancari.

In mercati apertamente speculativi e inondati da liquidità, paradossalmente rinsaldata dall’affacciarsi della crisi militare, è evidente che gli scommettitori al ribasso hanno deciso di colpire il comparto bancario italiano perché lo ritengono fin troppo vicino alla “politica economica” di Vladimir Putin, con un radicamento ritenuto ormai quasi storico, destinato ad andare oltre gli stessi numeri. Del resto Mikhail Y. Alekseev, la guida di Unicredit in Russia, costituisce uno dei pivot decisivi dell’intero sistema bancario russo, con un peso che tende ad esorbitare il solo ruolo di management della banca italiana.

Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento.

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