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Diritti

L’Egitto è in subbuglio, ma non si fermano le armi tricolori

L’Egitto, paese fondamentale sullo scacchiere mediorientale, è in queste ore in subbuglio, con la pressione popolare delle piazze vicina a costringere il presidente Mubarak (il "saggio" Mubarak, secondo il nostro presidente del Consiglio) a dare le proprie dimissioni da capo…

L’Egitto, paese fondamentale sullo scacchiere mediorientale, è in queste ore in subbuglio, con la pressione popolare delle piazze vicina a costringere il presidente Mubarak (il "saggio" Mubarak, secondo il nostro presidente del Consiglio) a dare le proprie dimissioni da capo dello Stato.

egittoE per non rischiare di rendere ancora più incendiaria la situazione alcuni paesi europei (Francia, Germania, e la Svizzera lo aveva fatto già dal 2009) hanno deciso di sospendere le vendite di armi verso il Cairo. Perché è evidente a tutti, tranne ai teorici delle armi come strumento diplomatico (o forse di loro interesse), che la fornitura di armamenti nelle aree instabili o dove le libertà civili e democratiche sono in bilico sia problematica e pericolosa. E non aiuti certo la pacificazione degli animi e la transizione alla democrazia.

Scelte importanti che però, ovviamente, non hanno trovato sponda nel nostro paese: il Governo italiano non ha tenuto certo un ruolo di primo piano nella crisi egiziana (a parte le ovvie battute sulla "nipote" Ruby, memorabile è la sciata del Ministro degli Esteri Frattini nelle prime ore calde della rivolta popolare) e non ha nemmeno risposto alla sollecitazione di Rete Italiana per il Disarmo e Tavola della Pace. Che nei giorni scorsi hanno chiesto per l’Egitto, così come per Algeria e Tunisia, il blocco delle esportazioni di armi. Una quota non certo bassa di 140 milioni di euro di trasferimenti negli ultimi cinque anni.

Perchè il nostro paese non è mai in grado di operare scelte forti, importanti ed innovative su questi temi? La palma dei primi della classe questa volta se la sono presi i tedesci, i francesi e gli svizzeri.

Di seguito il comunicato di Rete Disarmo e Tavola della Pace, con diversi dettagli sul business militare dell’Italia con i paesi di quell’area del Mediterraneo

 

A fronte del susseguirsi di situazioni di tensione è opportuno e responsabile non fomentare conflitti con armi italiane

Rete Italiana Disarmo e Tavola della Pace: congelare gli aiuti militari ad Algeria, Egitto e Tunisia

Fonte: Rete Italiana per il Disarmo – Tavola della Pace – 02 febbraio 2011

Sospendere ogni forma di cooperazione militare con Algeria, Egitto e Tunisia. E’ la richiesta che la Rete Italiana per il Disarmo, cartello di oltre trenta organizzazioni impegnate sui temi della pace e del disarmo, a cui si aggiunge la voce della Tavola della Pace avanza al Governi Italiano e a tutto il Parlamento in seguito alla repressione delle proteste popolari che scuote i paesi della riva meridionale del Mediterraneo. Una situazione altamente drammatica e conflittuale, che è costata la vita a molte persone in questi giorni. A questa presa di posizione si aggiunge inoltre la L’Italia non può sostenere regimi liberticidi e deve usare anche la leva degli aiuti militari per spingere i Governi dei citati paesi verso una transizione democratica. Le armi italiane, del resto, non dovrebbero essere utilizzate per mantenere al potere regimi impopolari e che non da oggi si sono resi protagonisti di diverse politiche che violano i diritti umani (divieto di manifestazioni, repressione della libertà di opinione e di stampa, incarcerazione degli oppositori politici, repressione delle libertà sindacali,…).
Egitto Israele
“Da tempo la Rete Italiana per il Disarmo ribadisce, in numerosi appelli, l’assoluta contrarietà alla vendita di armi italiane ed alla cooperazione militare con paesi in stato di conflitto e del sud del mondo – afferma il coordinatore della Rete Francesco Vignarca – ma purtroppo tutti i dati dimostrano come le armi del nostro paese circolino indisturbate per i peggiori posti del mondo. Nel corso dell’ultimo anno abbiamo potuto constatare come l’export militare italiano sia cresciuto del 60% (siamo i quinti al mondo) soprattutto grazie ai contratti record con il sud del mondo”. I dati forniti dal registro dell’Onu sul commercio internazionale segnalano poi come l’Italia detenga il primato mondiale di export di piccole armi: le più mortali e pericolose soprattutto nei conflitti interni ai paesi.

Concentrandoci sull’area attualmente turbolenta del Mediterraneo, si scopre come Algeria ed Egitto siano importanti clienti dell’industria militare italiana: secondo i dati ufficiali nel biennio 2008-2009 all’Algeria sono state consegnate armi per 62 milioni di euro e sono stati autorizzati contratti per un importo di 86 milioni. L’anno scorso inoltre, il Ministro per gli affari esteri Franco Frattini  ha annunciato il “via libera” del Governo algerino alla fornitura di 30 elicotteri militari AgustaWestland “perché hanno tecnologie compatibili con quelle della NATO, nel quadro di una collaborazione euro-mediterranea di difesa” – ha aggiunto il ministro. La commessa ha un valore di 460 milioni di euro e potrebbe essere seguita, secondo notizie diffuse dal Sole 24 Ore, da una successiva per altri 84 elicotteri per un importo totale di 2,5 miliardi di euro. Con Algeri è stato sottoscritto un accordo di cooperazione militare per favorire esercitazioni militari congiunte, formazione e collaborazioni fra le industrie militari dei due Paesi.
All’Egitto invece nel solo 2008 sono state consegnate armi per 34 milioni e sono stati autorizzati contratti, negli anni 2008- 2009, per 44 milioni. A queste cifre si devono aggiungere 2 milioni di euro di armi piccole e leggere (corrispondenti a ben 9.767 pezzi) e secondo l’Istat oltre 6 milioni di euro di generiche “armi e munizioni”.
Tali vendite sono state consentite in spregio dei principi della legge 185/1990 che disciplina il commercio delle armi. La legge vieta, infatti le esportazioni ai Paesi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani accertate dagli organismi internazionali (ONU,UE) o in cui le nostre forniture possano favorire situazioni di conflitto e di deperimento della situazione della popolazione civile.

"Il silenzio e l’inazione del Governo e del Parlamento italiano su questi temi sono da irresponsabili – ha dichiarato Flavio Lotti coordinatore nazionale della Tavola della Pace – invece di evocare il pericolo della deriva islamista e di fare l’equilibrista sull’orlo del vulcano, il ministro degli esteri Frattini dovrebbe portare l’Italia e l’Europa ad assumere una forte iniziativa politico-diplomatica all’insegna della democrazia e dei diritti umani. Dobbiamo scongiurare un nuovo bagno di sangue. Diciamo basta alle armi e alle connivenze che ne derivano."

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