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Legambiente smonta il “grande bluff” del Ponte sullo Stretto di Messina

© Phillip Ridlen - Unsplash

“Non vorrei spendere qualche miliardo di euro per un ponte in mezzo al mare”. Parola di Matteo Salvini del settembre 2016. Oggi da ministro delle Infrastrutture ripropone il progetto vecchio, costosissimo e dagli impatti incalcolabili. E che non tocca le disastrose condizioni del trasporto di Sicilia e Calabria, tra binari unici e treni a gasolio

Il Ponte sullo Stretto di Messina, per come è stato presentato nel decreto legge del 31 marzo 2023 e nelle intenzioni dei suoi promotori, è un’opera mastodontica. Si tratta di un ponte dalla lunghezza totale superiore ai 3,5 chilometri e con una campata unica di circa 3.300 metri. La larghezza è di 60 metri, in grado di accogliere sei corsie stradali e due binari ferroviari ed è sorretto da torri altre 400 metri. Il tutto per garantire il transito di seimila veicoli ogni ora e di 200 treni al giorno.

Per il completamento dell’opera saranno necessari sette anni e oltre 15 miliardi di euro. Ma la realtà è ben diversa. Secondo il dettagliato report di Legambiente intitolato “Il grande bluff” e pubblicato a luglio, non solo il Ponte non migliorerà la mobilità tra le due sponde ma sarà anche insostenibile dal punto di vista ambientale ed economico, andando ad assorbire risorse che dovrebbero essere investite per migliorare le infrastrutture delle due Regioni interessate. 

“Per risolvere i problemi di mobilità del Mezzogiorno, per l’ennesima volta nella storia del Paese, si discute della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, rilanciato in numerose occasioni dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini -ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente il 20 luglio in occasione della presentazione del rapporto-. È davvero senza senso continuare a parlare di una simile cattedrale nel deserto, visti i fallimenti che questo tipo di approccio ha avuto negli scorsi decenni. È però ripartita la retorica di questa ‘grande opera’ utile solo a sperperare altri soldi pubblici, oltre al miliardo di euro che fino a oggi sono costati studi, consulenze e stipendi della Società Stretto di Messina, che di fatto ha distolto l’attenzione dalle vere priorità per far spostare persone e merci in modo civile e da Paese moderno in Calabria e Sicilia”. 

La prima obiezione mossa da Legambiente riguarda il fatto che la realizzazione del Ponte non migliorerà la mobilità tra le due sponde. Secondo le valutazioni dello stesso ministero dei Trasporti, risalenti al 2021, infatti, il 76,2% dei passeggeri che utilizzano il trasporto navale lo fa senza auto al seguito. La relazione mette in evidenza la bassa qualità dei terminal passeggeri, la scarsa accessibilità alle stazioni dei treni, la vetustà dei traghetti, la disorganizzazione delle coincidenze con il trasporto pubblico locale, oltre alla carenza di percorsi pedonali e ciclabili. Secondo Legambiente si tratterebbe di “interventi urgenti, realizzabili in tempi brevi e che potrebbero rendere più attraente, anche per i turisti, queste aree della Sicilia e della Calabria e aiutare studenti e pendolari, ma che sono continuamente rinviati perché assurdamente considerati alternativi al Ponte”.

Una soluzione alternativa e più economica sarebbe investire in traghetti in grado di trasportare treni interi, senza necessità di smontarli. In questo modo le Frecce, gli Italo e gli Intercity fino a sette carrozze potrebbero entrare ed uscire, senza necessità di essere smontate, direttamente nella nave, grazie a un sistema di doppia entrata dei traghetti. “Si potrebbe subito migliorare questa situazione acquistando traghetti Ro-Ro (Roll-on/Roll-off) lunghi 200 metri, come si trovano nel Mar Baltico”. Una soluzione di questo tipo permetterebbe di dimezzare i tempi di attraversamento dei treni lungo lo Stretto, scendendo a un intervallo di circa 50 minuti invece delle due ore attuali. Secondo Legambiente, inoltre, tratte brevi e con alte frequenze di percorrenza, come quello dello Stretto, sono ideali per sperimentare l’implementazione di traghetti elettrici, seguendo gli esempi virtuosi di altri Paesi europei come Danimarca, Islanda e Portogallo.

In aggiunta l’assenza di una regia che coordini le coincidenze di navi, autobus e treni si vede bene nella presenza di fasce orarie senza collegamento. Cosa che aumenta i tempi di attesa per chi intende spostarsi tra le due sponde. Nel 2015 è stato interrotto l’interlining (la possibilità la possibilità di utilizzare il biglietto di una compagnia su qualsiasi nave) penalizzando ulteriormente i viaggiatori. 

Altra nota dolente riguarda le condizioni del trasporto ferroviario in Calabria e in Sicilia. Nelle due Regioni circolano pochi treni (506 corse giornaliere in Sicilia e 333 in Calabria contro le più di duemila della Lombardia) e sono spesso antiquati. L’età media dei convogli calabresi è di 21,4 anni mentre la flotta siciliana ha un’età di quasi 15 anni. Un valore molto superiore a quello del Nord del Paese, pari a circa 12 anni.

Una situazione simile può essere riscontrata anche a livello di rete ferroviaria: in Calabria 686 chilometri di rete sono a binario unico (il 69,6%) mentre è elettrificata poco meno della metà dei binari. E i lavori necessari sono più volte rimandati. “Quest’ultimo dato cambierà sensibilmente, in futuro, in seguito all’elettrificazione della ferrovia Jonica tra Sibari e Catanzaro Lido, e della trasversale Catanzaro Lido-Lamezia Terme Centrale; interventi cruciali che dovevano essere completati entro il 2023 e sono stati posticipati al 2026”, si legge nel report. 

In Sicilia la situazione è analoga: su 1.490 chilometri di rete ferroviaria, 1.267 sono a binario unico (l’85%) e 689 chilometri non sono elettrificati (il 46,2%). Anche in questo caso esistono tratte che attendono da anni interventi di ripristino o di ammodernamento, come la linea che collega Caltagirone (CT) a Gela (CL), interrotta dal 2011 a causa del crollo di un ponte, o della Palermo-Trapani (via Milo), chiusa per smottamenti dal 2013. 

La realizzazione del Ponte sullo Stretto non risponde a nessuna di queste necessità, a partire dalla mobilità. Infatti sposta il punto di attraversamento, allontanandolo dalle aree metropolitane di Messina e Reggio Calabria, e quindi non portando alcun beneficio (se non addirittura penalizzando) la maggiora parte dei passeggeri che attraversano le due sponde e che utilizzano i mezzi pubblici. Anche il tanto pubblicizzato collegamento con le città del Nord tramite Roma e i treni ad alta velocità è fuorviante e vincolato alla realizzazione di una rete ad alta velocità sia tra Palermo e Messina sia tra Reggio Calabria e Salerno. Secondo le stesse Ferrovie dello Stato, al completamento dei lavori, il tempo di percorrenza tra Roma e Palermo sarà di sette ore, una durata non competitiva (nei tempi se non addirittura nel prezzo) rispetto alle tratte aeree low cost. 

Infine, il Ponte, che avrà sede in una delicata zona sismica dove sono già avvenuti i terremoti più devastanti della storia del Paese, non sarà sostenibile dal punto di vista ambientale in quanto sorgerà in una zona particolarmente delicata in termini di biodiversità. Nella zona sono presenti due Zone di protezione speciale (Zps) e ben 11 Zone speciali di conservazione (Zsc). “Nello Stretto di Messina si concentra una delle più alte concentrazioni di biodiversità al mondo e già nel 2005 la Commissione europea era pronta ad aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia per violazione della Direttiva comunitaria uccelli proprio in relazione al progetto del Ponte a unica campata -ricorda Legambiente-. Di estrema rilevanza sarebbero anche gli impatti sull’ecosistema marino, dove sono presenti flussi migratori e passaggi di cetacei, del tonno rosso, del pesce spada, oltre che specie abissali e praterie di Posidonia oceanica”. Basterà per fermare la macchina del grande bluff?

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