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Finanza / Opinioni

Le promesse tradite delle compagnie assicurative sul clima

Il gruppo assicurativo Axa è nato nel 1816 come Mutuelle de l’assurance. Oggi conta ricavi per oltre 130 miliardi di euro. È tra i fondatori della Net zero insurance alliance, dalla quale è uscito nel corso del 2023 © stock.adobe.com / HJBC

Numerosi colossi del settore assicurativo hanno abbandonato la Net zero insurance alliance sul clima lanciata dalle Nazioni Unite due anni fa. A far pressione, politici e funzionari statunitensi che negano i cambiamenti climatici. L’editoriale del direttore, Duccio Facchini

Tratto da Altreconomia 261 — Luglio/Agosto 2023

Le grandi compagnie assicurative hanno un problema con i cambiamenti climatici. Lo dimostra anche l’accidentato percorso della “Net zero insurance alliance” (Nzia), iniziativa fortemente voluta dalle Nazioni Unite e lanciata a Venezia in occasione del Vertice sul clima del G20 nel luglio 2021. Gli obiettivi dichiarati sotto l’egida del Programma per l’ambiente dell’Onu (Unep) due anni fa erano quelli di “accelerare e intensificare le azioni a sostegno della transizione verso un’economia a zero emissioni e per affrontare l’emergenza climatica”.

I membri dell’alleanza -quasi 30 tra i più importanti colossi assicurativi e riassicurativi del Pianeta, come Axa, Allianz, Munich Re, Scor, Swiss Re, Zurich, Aviva, Generali, Intesa Sanpaolo Vita, etc., rappresentanti del 15% del volume globale dei premi- si erano impegnati a passare “unilateralmente e indipendentemente dai rispettivi portafogli di sottoscrizione assicurativa e riassicurativa verso emissioni nette di gas serra pari a zero entro il 2050”. A guidarli la stella polare degli obiettivi dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Non dovevano essere solo parole, che sono poi il vizio di fondo di “alleanze” di questo tipo, su base volontaria e dal fortissimo sapore di greenwashing.

A gennaio di quest’anno, in occasione del World economic forum di Davos, i vertici della Nzia avevano infatti presentato il primo concreto Protocollo di definizione degli obiettivi. I suoi membri, ancora minoritari ma comunque d’impatto, avrebbero potuto iniziare a fissare “in modo indipendente” e “sulla base di dati scientifici” i propri target intermedi per i rispettivi portafogli. Termine ultimo per farlo e render pubblici gli obiettivi (ritenuti in ogni caso “deboli” dalle Ong): 31 luglio 2023.

Peccato però che al momento di sollevare la cloche sia scattato il fuggi fuggi. Ad aprile la tedesca Munich Re, una delle più grandi compagnie di riassicurazione del mondo, ha abbandonato l’Alleanza accampando ragioni di concorrenza e rischi di sanzioni antitrust. Morale, al 5 giugno 2023 le compagnie ritirate sono ben 17, incluse sei società fondatrici della Nzia come Axa, Allianz, Scor, Swiss Re, Zurich e la già citata Munich Re. L’organizzazione Reclaim finance, fondata nel marzo 2020 dall’attivista Lucie Pinson (insignita del Goldman environmental prize proprio quell’anno) e da allora impegnata nella creazione di un sistema finanziario che sia di reale supporto alla transizione ecologica, ha provato a spiegare il perché della fuga.

“L’ondata di uscite dalla Nzia è stata provocata da una lettera di 23 procuratori generali legati alla destra degli Stati Uniti che hanno minacciato i membri dell’Alleanza di potenziali azioni legali antitrust -ha denunciato la Ong-. Quella missiva è un attacco sfacciatamente politico che accusa le assicurazioni interessate di promuovere una ‘agenda climatica attivista’ e attribuisce in modo assurdo la colpa dell’alta inflazione ai passi, per ora moderati, che una piccola minoranza di assicuratori aveva compiuto per ridurre la copertura assicurativa delle compagnie fossili, ignorando invece l’impatto che hanno avuto sui prezzi globali la dipendenza dai fossil fuel e i cambiamenti climatici”.

Insomma, un pretesto infondato per non affrontare i nodi reali. Dall’inizio degli anni Novanta le perdite assicurate per catastrofi naturali a livello mondiale sono cresciute infatti a un tasso annuo del 5-7% e negli ultimi cinque anni hanno raggiunto una media di circa 100 miliardi di dollari, di cui il 71% in Nord America (fonte Swiss Re e Moody’s).

“La risposta dei riassicuratori e delle principali compagnie assicurative all’aumento delle perdite è stata quella di aumentare i prezzi, limitare la copertura e persino uscire da alcuni mercati -lamentano da Reclaim finance-. I proprietari di case nelle zone più esposte alle tempeste e agli incendi ne stanno risentendo con forti aumenti delle tariffe assicurative. Due dei maggiori assicuratori di case in California hanno appena abbandonato il mercato a causa del rischio di incendi. Mentre il mercato assicurativo della Florida è in crisi per via di frodi e degli ingenti danni provocati dagli uragani”. Agire ora e in rete sarebbe prioritario. Ma è poco assicurato.

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