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Le piattaforme online vendono ancora cosmetici con livelli pericolosi di mercurio

© Ave Calvar - Unsplash

Nonostante la Convenzione di Minamata sul mercurio vieti la vendita di cosmetici che lo contengono, questi prodotti vengono messi in commercio online anche su piattaforme come Amazon ed eBay. Con gravi rischi per la salute. Il “peso” delle creme sbiancanti nel report dello Zero mercury working group

Nonostante siano stati vietati da un trattato globale sottoscritto da oltre 125 Paesi, i prodotti schiarenti per la pelle (Skin lightening products, Slp) con aggiunta di mercurio non solo continuano a essere commercializzati nei mercati informali e nei saloni di bellezza di diversi Paesi, ma sempre più spesso vengono messi in commercio online, anche su piattaforme come Amazon ed eBay. Dove vengono acquistati da clienti ignari dei rischi per la propria salute e per l’ambiente. È quanto emerge dal rapporto “Online marketing of toxic skin lighteners. Mercury cosmetics marketed as ‘solution’ to dark skindello Zero mercury working group (Zmwg) pubblicato a inizio ottobre 2023 che analizza un comparto dal valore stimato in 8,8 miliardi di dollari nel 2022 e che potrebbe raggiungere gli 11,8 miliardi entro il 2026.

L’indagine si è concentrata su un “elenco mirato” di 74 prodotti schiarenti per la pelle sospettati di contenere questa sostanza in concentrazioni elevate poiché erano stati precedentemente testati e identificati da governi, organizzazioni della società civile e studi accademici. Tra il 2022 e il 2023 i ricercatori dello Zero mercury working group (con il supporto di altre organizzazioni non governative locali) ne hanno acquistato dei campioni su 23 piattaforme online attive in 12 Paesi e ne hanno analizzato il contenuto. Il risultato è allarmante: il 90% (191) conteneva quantità di mercurio al di sopra del valore limite di una parte per milione (ppm) stabilito dalla Convenzione di Minamata (il trattato internazionale pensato per proteggere la salute umana e l’ambiente dalle emissioni antropogenetiche e dai rilasci di questa sostanza) e in diversi casi la concentrazione di mercurio è drammaticamente elevata, fino a 74.800 parti per milione.

I Paesi coinvolti nell’indagine sono prevalentemente africani (Kenya e Nigeria) e asiatici (India, Bangladesh, Indonesia, Pakistan, Thailandia) ma anche Stati Uniti e Belgio. Mentre, dall’analisi delle etichette è emerso che i principali produttori sono Pakistan (34% del totale dei campioni presi in esame), Thailandia (17%) e Cina (16%). Per quanto riguarda le piattaforme, invece, il maggior numero di campioni contaminati è stato trovato su eBay, sullo store indiano di Amazon e sulle versioni thailandesi, indiane e filippine della piattaforma di e-commerce Shopee. 

Il report è stato pubblicato alla vigilia della quinta riunione delle parti sulla Convenzione di Minamata (Cop5) in programma a Ginevra e che si chiuderà il 3 novembre. In questa occasione lo Zero mercury working group invita gli Stati ad approvare un emendamento proposto dai Paesi del blocco africano per ridurre la disponibilità di questi prodotti, vietandone completamente la produzione e limitandone le pubblicità. “Nonostante il divieto di produzione e commercio previsto dalla Convenzione, la proliferazione e la vendita online di cosmetici tossici continua -ha dichiarato Michael Bender, coordinatore di Zmwg-. Se adottato, questo emendamento potrà aiutare a prevenire la commercializzazione sulle piattaforme digitali”.

Grazie alla sua attività di soppressione della melanina, che permette così di schiarire l’epidermide, il mercurio viene utilizzato non solo negli Slp ma anche in diversi prodotti per la pelle per trattare macchie dell’età, lentiggini e altre imperfezioni. Tuttavia, l’uso regolare di questi cosmetici riduce anche la resistenza della cute a infezioni batteriche o fungine portando di conseguenza al rischio di sfoghi cutanei o di altre malattie. Non bisogna poi dimenticare che questo metallo è una pericolosa neurotossina che, in caso di assunzione prolungata, può causare danni a occhi, polmoni, reni nonché al sistema digestivo e immunitario.

“Le analisi di mercato confermano che gli Slp vengono frequentemente utilizzati da persone di colore. Donne e ragazze, in particolare, sono vulnerabili al condizionamento sul loro utilizzo. La pubblicità mirata, i social media e la pressione sociale possono spingere gli individui ad abbracciare standard di bellezza eurocentrici che favoriscono le pelli ‘più chiare’ -continuano i ricercatori-. Questi criteri non solo provocano danni sociali e psicologici ma, a causa della concentrazione elevata di mercurio e di altre sostanze chimiche nocive in molti prodotti schiarenti, presentano seri rischi per la salute”. Un pericolo che, peraltro, si può estendere anche a quanti vivono nella stessa abitazione di chi fa uso di questi cosmetici: il mercurio, infatti, ha un’elevata capacità di vaporizzarsi e diffondersi nell’ambiente.

In alcuni contesti, la situazione è già allarmante. Un sondaggio del 2022 realizzato da Zmwg presso alcuni dermatologi del Bangladesh, ad esempio, ha rivelato come una percentuale variabile tra il 60% e il 70% dei loro pazienti abbia sviluppato patologie della pelle a seguito dell’utilizzo di prodotti schiarenti, tra questi otto su dieci erano donne. Altrettanto grave la situazione in Pakistan, dove creme sbiancanti con elevate concentrazioni di mercurio sono facilmente accessibili nelle farmacie e nei negozi di cosmetici di tutto il Paese e vengono ampiamente utilizzate da uomini e donne che non hanno consapevolezza dei rischi per la loro salute: un’indagine condotta nel 2016 tra dermatologi e specialisti in 29 ospedali e 14 cliniche private di Peshawar, Islamabad e Rawalpindi ha mostrato un’incidenza complessiva di pazienti con malattie della pelle superiore al 70%. Il 42% dei dermatologi intervistati ha dichiarato di ricevere dai 10 ai 50 pazienti a settimana che avevano sviluppato disturbi cutanei legati all’uso di prodotti schiarenti. Il loro utilizzo, avverte il report, è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi anni: “Le piattaforme di shopping online, in particolare, hanno permesso la diffusione di prodotti che un tempo si trovavano principalmente in mercati informali locali e saloni di bellezza”. 

Per contrastare la diffusione di questi prodotti dannosi per la salute si sono mobilitate anche diverse associazioni impegnate nella lotta alle disuguaglianze razziali e di genere, che hanno presentato campagne di sensibilizzazione contro i canoni di bellezza “occidentali” che ne favoriscono il consumo. È il caso, per citarne uno, dell’associazione contro le discriminazioni di genere Women of worth India che già nel 2009 ha lanciato la campagna “Dark is beautiful” che intende “sfidare la convinzione che il valore e la bellezza delle persone (in India e nel mondo) siano determinati dal colore della loro pelle”.

Anche i rivenditori digitali vengono chiamati in causa. “Le piattaforme online non sono ancora sufficientemente incentivate a verificare la legalità degli Slp venduti. In attesa delle necessarie riforme normative, sono necessarie misure complementari concrete per eliminare la commercializzazione e la vendita cosmetici pericolosi -scrivono gli autori del report-. Ad esempio, i governi stanno valutando sempre più spesso accordi volontari per la condivisione reciproca delle informazioni e la collaborazione con le piattaforme elettroniche”. 

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